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Alb. Ma. per www.ilsole24ore.com
Un doppio via libera a due dossier bollenti per l’Europa. Il parlamento europeo, riunito in plenaria a Strasburgo, ha approvato la direttiva sul copyright (con 438 sì, 226 no e 39 astenuti) e dato l’ok alla risoluzione per l’attivazione dell’articolo 7 contro l’Ungheria di Viktor Orban (448, 197 si sono espressi contro, 48 si sono astenuti, per un totale di 693 votanti).
Il verdetto sul diritto d’autore è arrivato dopo una procedura-fiume dove gli eurodeputati hanno dovuto vagliare le decine di emendamenti piovuti sul testo dopo la bocciatura dello scorso luglio. Ora la proposta deve passare dai colloqui fra parlamento, Commissione e Consiglio dei ministri per arrivare al via libera definitivo, ovviamentro entro la scadenzadi maggio 2019. Il voto sulla risoluzione «anti-Orban», firmata dall’eurodeputata verde Judith Sargentini, ha incassato a sua volta l’approvazione dell’Eurocamera e passa nelle mani del Consiglio europeo. Saranno i leader Ue a decidere se attivare o meno sanzioni contro Budapest.
La discussione sulla direttiva del copyright
La direttiva sul copyright è stata emendata in profondità, rispetto al testo originario, ma ha conservato i due articoli più controversi: l’11 e il 13, in entrambi i casi dopo le modifiche intervenute nei vari passaggi procedurali che hanno portato al via libera di oggi. L'articolo 11 è diventato noto come «link tax», anche se il il documento prescrive che i collegamenti ipertestuali non possono essere tassati (anche quando vengono accompagnati da «parole individuali» di descrizione).
L'Ue può imporre agli Stati membri di fornire agli editori di «pubblicazioni giornalistiche» diritti che permettano loro di «ottenere una giusta e proporzionata remunerazione per l'uso digitale delle loro pubblicazioni dai provider di informazioni (le piattaforme già citate sopra, ndr)». Il vincolo non esclude l'utilizzo di quelle stesse pubblicazioni in forma privata e non commerciale, oltre a raccomandare che «gli autori siano sicuri di ricevere un'appropriate del valore aggiunto incassato dagli editori dall'uso delle proprie pubblicazioni».
L'articolo 13 ha incluso invece una misura ribattezzata «upload filter» (filtro sugli upload). In breve, le piattaforme online sono chiamate a «siglare contratti di licenza con i proprietari dei diritti, a meno che questi non abbiano intenzione di garantire una licenza o non sia possibile stipularne». In assenza di un accordo, gli stessi fornitori di servizi online devono predisporre «misure appropriate e proporzionate che portino alla non disponibilità di lavori o altri argomenti che infrangano il diritto d'autore o diritti correlati». Dalla misura, come precisa lo stesso testo, sono esclusi aggregatori di notizie piccoli o micro, enciclopedie libere (come Wikipedia) o piattaforme open source.
Di Maio: vergogna europea, daremo battaglia
Sul piano politico, il sì alla direttiva incassa l’entusiasmo di Pd e Forza Italia e la rabbia degli eurodeputati Cinque stelle. «Una vergogna tutta Europea: il Parlamento Europeo ha introdotto la censura dei contenuti degli utenti su Internet. Stiamo entrando ufficialmente in uno scenario da Grande Fratello di Orwell». A scriverlo è il vicepremier Luigi Di Maio, con un post su Facebook, aggiungendo che M5S si batterà «nei negoziati tra i governi, in Parlamento europeo e nella Commissione europea» contro il provvedimento e assicurando che «alla prossima votazione d'aula la direttiva verrà nuovamente bocciata».
La reazione del presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, non si è fatta attendere: «Parole infamanti. Minacciare l’unica istituzione Ue direttamente eletta dai cittadini è da analfabeti della democrazia». Fuori dal dibattito politico, esultano le aziende del settore. Le associazioni degli editori europee Enpa, Emma, Epc e Nme parlano di un «grande giorno per la stampa e per la democrazia».
Via libera all’articolo 7 contro Orban
L’Eurocamera dà il via libera anche alla risoluzione Sargentini, dal nome della deputata olandese che ha firmato il report. Il documento chiedeva l’applicazione sull’Ungheria dell’articolo 7 del trattato sull’Unione europea, una misura che prevede prima indagini sul paese incriminato e poi, eventualmente, sanzioni come la sospensione del diritto di voto in sede comunitaria. La questione passa nelle mani del Consiglio dei ministri, che potrà votare per il via alle indagini con un minimo di quattro quinti e per delle sanzioni a tutti gli effetti con l’unaminità dei voti.
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