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Sebastiano Messina per "La Repubblica"
Ci avevano ingannato, un mese fa, con quel titolo: "La guerra dei vent'anni - Ultimo atto". Ci avevano ingannato, perché quella docu-fiction di Canale 5 che assolveva l'imputato Berlusconi - dimostrandone con efficacia cinematografica la sua palese, evidente, incontrovertibile innocenza, al di là di ogni ragionevole dubbio - non era affatto l'"ultimo atto".
Era solo il penultimo (e forse il terzultimo), perché quattro giorni prima della sentenza suonerà ancora sugli schermi Mediaset la tromba del Settimo Cavalleggeri, uno "speciale Tg4" sul Rubygate intitolato anch'esso " La guerra dei vent'anni" ma con un nuovo sottotitolo: "Lo scontro finale". Naturalmente su Retequattro.
Lo annuncia, ormai da due giorni, uno spot che rimbalza a tutte le ore sulla rete minore dell'impero berlusconiano, uno spot che già contiene in formato mignon tutti gli ingredienti di uno "speciale" fin troppo prevedibile, rendendo paradossali, irreali e assurdi tutti gli elementi d'accusa contro il Cavaliere. "Cinque anni di carcere per una telefonata" annuncia la voce fuori campo, riducendo la liberazione teleguidata della furbissima Ruby a un equivoco via cavo.
E poi: "Un anno di carcere per un rapporto intimo", parole seguite dalla tassativa dichiarazione della ragazza marocchina: "Mai avuti rapporti sessuali con Silvio Berlusconi". E qui, se fosse un telefilm poliziesco, già si intuirebbe il finale, con l'imputato che viene assolto da una giuria unanime da accuse così surreali e abbraccia in lacrime l'avvocato, ma la storia non è ancora finita e dunque la medesima voce domanda al telespettatore: "Con queste prove, i giudici condanneranno Silvio Berlusconi?".
Come era successo in politica, dove il padrone di Mediaset è riuscito a rimontare uno svantaggio che sembrava incolmabile grazie a una massiccia campagna televisiva sulla restituzione dell'Imu, adesso Berlusconi sgancia sui giudici la sua "arma fine-dimondo", l'ordigno che possiede solo lui - la tv - unico imputato che possa permettersi di bombardare i magistrati, l'opinione pubblica e soprattutto gli elettori con una versione dei fatti che lo dipinge inequivocabilmente come un innocente perseguitato.
Intendiamoci, non è una novità (anche se stupisce che lui pensi davvero di ottenere il presidenzialismo continuando sfacciatamente a dimostrare di essere l'unico ad avere in tasca l'atomica del consenso). Ogni volta che si sente nell'angolo, lui apre la sua valigetta presidenziale e fa partire un missile da Arcore.
L'aveva già fatto due anni e mezzo fa, quando rispose all'accusa bruciante sul sesso a pagamento con la minorenne Ruby facendole dichiarare sulle sue tv che "Berlusconi non mi ha mai toccata neanche con un dito". Quella volta, era il 19 gennaio del 2011, il compito di condurre sapientemente l'intervista fu affidato ad Alfonso Signorini, conduttore di "Kalispera" e direttore di "Chi" e "Sorrisi e canzoni", un maestro di trame e trucchi mediatici, un giornalista che uno studioso del Mulino, Massimiliano Panarari, ha efficacemente
dipinto come "il vero ministro della Propaganda di Silvio Berlusconi, proconsole nei territori, da lui amministrati e ammaestrati, della Weltanshauung e dell'immaginario popolare".
E infatti fu Signorini a organizzare la favola rosa di Noemi Letizia - l'altra minorenne che tanti grattacapi ha procurato al Cavaliere - con un finto fidanzato. Ed è stato sempre lui a pubblicare su "Chi" il cosiddetto scoop contro il pm Ilda Boccassini, beccata da un paparazzo mentre buttava una sigaretta a terra, nientemeno.
Un'operazione che faceva il paio con un altro "scoop" poi finito su Canale 5, anche stavolta contro un magistrato che aveva commesso il delitto di lesa berlusconità , quel Raimondo Mesiano che aveva condannato Mediaset a risarcire la Cir con 750 milioni e si ritrovò additato al pubblico ludibrio dalla tv del condannato perché andava dal barbiere "con le calze turchesi", pensate.
Adesso, dopo l'Ultimo Atto, arriva lo Scontro Finale. Non c'è nulla di nuovo, lo sappiamo tutti, e soprattutto non è difficile immaginare che - così come accadde domenica 12 maggio nella docu-fiction della rete ammiraglia - saranno abilmente evitati tutti i dettagli che smontano negli atti processuali la romantica ricostruzione casalinga delle "cene eleganti" e della "commiserazione" come unica ragione delle generosissime donazioni alla piccola fiammiferaia Ruby, già nipote di Mubarak. Ma sarà - a dispetto del clamoroso flop su Canale 5 - un nuovo episodio di quei bombardamenti mediatici ai quali Berlusconi ci ha ormai abituati, in quella che lui stesso ha battezzato "la guerra dei vent'anni".
Bombardamenti che non vanno valutati con il metro del cittadino mediamente informato, che legge i giornali e naviga sul web, ma con quello dell'80 per cento degli italiani, che si informano principalmente con la tv, e soprattutto del 20 per cento che si fidano solo della tv.
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