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Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
L’unica cosa che ancora lo appassiona è la politica estera e «l’unico leader mondiale rimasto sulla scena, cioè Putin. Altro che Obama e Merkel». Per il resto non prova più attrazione, «non ho più voglia», ammette Berlusconi. E il suo disamoramento per le cose di Palazzo è sintomo comune a quanti si accingono al distacco. Durante l’ultimo vertice estivo in Sardegna con i dirigenti di Forza Italia, mentre il capogruppo dei senatori Romani gli parlava di riforme, lui parlava di botanica, preoccupato per certi innesti fatti su alcune piante rare più che per le modifiche da apportare alla Costituzione.
Cambiar discorso o cambiare aria sono modi per sfuggire a una quotidianità che deprime, con gli avvocati sempre per casa, con le liti di confine nel partito, con quel Salvini che non passa giorno senza ricordargli di aver più voti e meno anni. Così, quando proprio non può cambiar discorso, allora Berlusconi cambia aria. Torna da Putin «per studiare insieme a lui una strategia con cui sconfiggere l’Isis». Di sconfiggere Renzi, che sembrerebbe un obiettivo meno complicato, non si cura (più). Anche perché — dice — «fino al 2018 la situazione resterà bloccata», e poi «sono in attesa di aver giustizia dalla giustizia per poter rientrare in campo».
putin e berlusconi giocano con dudu
Ma all’idea che possa essere un giudice di Strasburgo a fargli tornare la voglia, non ci crede più nessuno in Forza Italia. E in fondo non ci crede nemmeno lui, che pure recita la parte per tenere unito quel che resta delle truppe e per non disperdere l’elettorato fidelizzato. Che sembri un alibi lo s’intuisce anche dal modo in cui all’occorrenza l’amico di una vita, Confalonieri, prova a difenderlo da amici e avversari che lo assediano: «Lasciatelo in pace quest’uomo».
Il fatto è che «quest’uomo» spesso è vittima di se stesso: accentra ogni cosa e non vuole poi occuparsene, nomina generali e se ne stanca poco dopo, s’inventa l’Altra Italia e in men che non si dica la inabissa come Atlantide. Una sequenza di mosse e contromosse in cui finisce per restare imbrigliato: dalle schermaglie nel partito sui volti nuovi da mandare in tv, fino alle questioni di strategia politica.
PUTIN E LA FAMIGLIA BERLUSCONI
Come spiega Matteoli, «per capire la linea di Silvio bisogna aspettare il giorno in cui la cambia». Per oltre venti anni questa tattica si è rivelata vincente, ora che non lo è più la cosa genera sconcerto nel partito verso il quale il leader mostra tutto il suo distacco. E non si addossa colpe, perché si sente «un incompreso».
Stanco anche del cerchio magico, delle liti tra di loro e delle liti con loro, Berlusconi vola da Putin per sfuggire all’oltraggiosa sfortuna. Quando c’è il caos meglio cambiar discorso o cambiar aria. Accadde già in una torrida giornata di luglio del 2003, quando tutti a Roma si domandavano dove fosse finito il presidente del Consiglio, mentre il governo di centrodestra era sull’orlo della crisi. Lo scoprirono a Positano, nella villa del regista e amico Zeffirelli, dove rimase fino a sera dimenticandosi delle beghe con Bossi, Fini e Casini: «Lasciamoli sfogare questi ragazzi».
berlusconi con vladimir putin e medvedev
Anche stavolta saluta tutti e parte. Dopo aver disertato la riunione con i senatori forzisti sulle riforme, ha fatto saltare l’appuntamento pubblico alla Versiliana organizzato dal Giornale (dove avrebbe parlato il giorno prima di Renzi), e ha disdetto la visita al convegno di Fiuggi indetto da Tajani, a cui però ha promesso «un collegamento telefonico dalla Russia»: «Viene bene lo stesso. I giornali poi riprendono le cose che dico». Ma la sua assenza si nota, come si nota quella buca che ha scavato dove un tempo aveva costruito il Pdl. Non c’è quasi più niente, tranne berlusconiani spaesati e sparsi, al centro a destra e a sinistra. Come accadde quando implose la Dc.
BERLUSCONI E PUTIN A VILLA CERTOSA NEL 2003
E mentre Renzi prepara il tour per cento teatri d’Italia, Berlusconi — che aveva promesso di fare un giro di tutte le province — si rifugia oltre confine da un amico con cui si diverte: «Con Putin mi diverto». Ed è sincero ogni volta che lo dice, perché sorride quando si appresta a mostrare certe foto private con il presidente russo.
Eccoli mentre fanno rafting insieme, imbragati con i salvagente e il caschetto protettivo; o mentre sfidano i rigori del clima siberiano con una tuta termica che somiglia a quella degli apicultori; e ancora mentre fanno una battuta di caccia. «E poi c’è questa...», che ritrae Berlusconi a un poligono di tiro mentre prende la mira e spara con un kalashnikov.
Non le ha mai rese pubbliche queste pose, nonostante le insistenze, perché «non so quale reazione susciterebbero nell’opinione pubblica». Forse non lo fa perché è consapevole che darebbero la misura del suo distacco dal Palazzo e dalle cose della politica nazionale, perché mostrerebbero in modo inequivocabile cosa si cela dietro i segni del progressivo e inarrestabile disamoramento. Forse si capirebbe perché Berlusconi parla di botanica mentre attorno a lui gli altri parlano di riforme.
VLADIMIR PUTIN E SILVIO BERLUSCONI IN RUSSIA
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