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Matteo Pucciarelli per “La Repubblica”
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Una lettera aperta alla “compagna Susanna”, con un appello che più o meno suona così: ritiragli la tessera. A chi? Agli ex dirigenti della Cgil oggi parlamentari e che hanno votato sì al Jobs Act. Con in testa Guglielmo Epifani. La richiesta arriva da un gruppo di delegati della Cgil che stanno raccogliendo le adesioni via internet. Sono componenti delle rappresentanze sindacali di Electrolux, gruppo Marcegaglia, Ilva, Hera.
La campagna è in corso anche nel pubblico impiego. I promotori della petizione si sentono traditi da quelli che, fino a poco tempo fa, «stavano dalla nostra stessa parte — dice Matteo Gaddi, dipendente della Provincia di Mantova — e oggi ci hanno voltato le spalle per tornaconti politici e personali. Lo Statuto dei Lavoratori è uno dei pilastri della Cgil, non è che siccome adesso non hai più ruoli nell’organizzazione ti dimentichi dei valori che hai coltivato per una vita».
Nel documento non si fanno nomi (a parte Epifani), ma la lista in casa Cgil la conoscono tutti: dall’ex segretario generale a Cesare Damiano, una lunga carriera nella Fiom; da Teresa Bellanova, che cominciò a 20 anni con la Federbraccianti pugliesi, a Luisella Albanella proveniente dalla Cgil siciliana. E ancora: Cinzia Fontana, ex sindacalista di Crema; Anna Giacobbe, per anni a capo dei pensionati della Cgil ligure; Marco Miccoli, già dirigente nazionale della Cgil comunicazione; e infine Titti Di Salvo, che fino a pochi mesi fa stava in Sel.
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«Per tutti noi la Cgil non rappresenta una parentesi — scrivono — ma una scelta di vita alla quale saremo sempre legati: vorremmo che così fosse anche per chi ha la possibilità di rappresentare nelle istituzioni le ragioni dei lavoratori».
Per questo «compagna Susanna ci rivolgiamo a te, per capire come tu intenda intervenire nei confronti di questi compagni che votando contro lo Statuto stanno continuamente mettendo in difficoltà la nostra organizzazione, quotidianamente attaccata e dileggiata dall’attuale presidente del Consiglio».
Le regole del sindacato, ovviamente, non prevedono “punizioni” per chi, in sede politica, disattende la linea della confederazione. In Corso Italia già si sa della raccolta firme e la si valuta per quel che è: l’ennesima prova che la distanza tra sindacato rosso e Pd si è drammaticamente allargata.
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