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1. GRILLO IN TILT
Maurizio Caverzan per "Il Giornale"
A Vespa il boom d'ascolti, a Grillo il pieno di voti. Era questo il patto sotterraneo della rivoluzione copernicana della telepolitica andata in scena ieri, Raiuno ore 23,20. Andrà davvero così? Sulla prima parte dell'accordo c'è da scommetterci. Troppo distanti, troppo divergenti i due protagonisti per non attirare il pubblico dei grandi eventi.
E troppo clamorosa la conversione televisiva di Grillo per non sbancare l'Auditel. Vederlo andare a Canossa e sedersi sulla poltroncina bianca di Porta a Porta dopo un intero repertorio d'insulti al suo conduttore non ha prezzo. Invece è sul riscontro elettorale della serata che rimangono molti interrogativi. Molti dubbi.
Capello vaporoso, camicia bianca fuori dai jeans scoloriti, all'inizio Beppe Grillo è parso emozionato. Non ci sono le piazze e il popolo di militanti da galvanizzare, ma una platea diversa da coinvolgere e convincere. Un target estraneo, anziani e famiglie, il pubblico di Raiuno. I toni non possono essere da comizio insurrezionale.
Tutt'altro: bisogna rassicurare, mostrare la faccia affidabile dell'antipolitica. Quadratura del cerchio complessa. Meglio dare del tu a Vespa. «Non sono un bravo ragazzo, ma nemmeno come mi dipingono, il terrore...». La poltroncina bianca è lì, se ne tiene distante. «Sediamoci dai», invita Vespa. Ma Grillo preferisce il monologo, l'arringa. «Se qualcuno mi avesse detto io e lui qui a fare questa cosa, l'avrei denunciato per diffamazione». Vespa fatica a fare le domande. Renzi? Altro pezzo di monologo.
Ma più che attaccare il premier e Berlusconi l'obiettivo è ammaliare i telespettatori: «La mia è una rabbia buona». L'annunciato plastico con la prigione per i leader avversari non si vede. Il faccia a faccia va a briglia sciolte. Si salta da un argomento all'altro: gli 80 euro, il populismo, la democrazia del M5S, l'immigrazione, il reddito di cittadinanza, il fiscal compact, la green economy, l'Expo.
Vespa accetta la sfida dell'improvvisazione. Niente scaletta, può solo provare a salire sulla schiena della tigre. Ma si va a scossoni, senza una logica. Lo mette all'angolo sull'espulsione dei dissidenti del movimento 5 stelle. La solita risposta, «non sono io che decido, è la rete», non convince. Poco alla volta la furia distruttiva prende il sopravvento.
Lo Sciamano mulina le mani, parla a raffica, si accalora e affastella concetti. Ma trasmette ansia e approssimazione. Se ne accorge anche lui. «Fammi rilassare». Il punto di forza è che rappresenta la rabbia e l'esasperazione della massa. Ma anche se si vota per le europee, e Vespa continua a ripeterlo, la domanda che rimane irrisolta è: gli si può dare in mano le chiavi del Paese?
«Il voto è politico», replica Grillo che è lì perché si gioca tutto, ben più che i seggi di Strasburgo: «O noi o loro. Dobbiamo resettare tutto», scopre le carte. «Se vinciamo mandiamo a casa tutti». Però la rabbia non mostra un volto affidabile. «Pensi che il pubblico di Porta a Porta non sia finito sotto il letto ascoltandoti?». «Non ho detto neanche una parolaccia stasera», replica lui. Vespa prova a rabbonirlo, ma gongola. La prima parte del patto è a prova di bomba. Sul boom di ascolti non ci sono dubbi, sull'efficacia nelle urne sì.
2. DAVANTI A VESPA, GRILLO ABBASSA I TONI
Aldo Grasso per "Il Corriere della sera"
«La mia è una mossa politica, sono qui per combattere un pregiudizio...». Beppe Grillo si dice commosso di entrare nello studio di Porta a Porta ma svela subito che il pubblico è «la coreografia del Paese, pagato per non dire nulla». Perché Grillo è andato da Vespa? Perché ha scherzato sulle accuse rivolte in passato al conduttore?
Per almeno tre motivi. Il primo è il più ovvio, teorizzato dallo stesso leader pentastellato: «Vado a Porta a Porta per rivolgermi a quella gente di una certa età che ha un pregiudizio su di me e per dirgli che non sono né un violento né un esagitato». Ha ripetuto che rappresenta una «rabbia buona». Il secondo motivo è per ribadire la sua leadership, come Casaleggio ha fatto andando ospite di Lucia Annunziata.
Quando il gioco si fa duro, entra in azione il Capo: «La nostra sarà una marcia trionfale». Il terzo motivo, il meno esplicito. Grillo cerca uno sfondamento a destra, cerca di prendere voti anche dai moderati che non hanno più fiducia in Berlusconi ma sono interessati a certi temi su cui l'ex comico ha molto insistito. Come l'Expo: «L'Expo deve chiudere, certo c'è la mafia dappertutto in quel posto».
Dopo gli arresti, la tangentopoli da larghe intese può veicolare verso il M5S i voti di strati di società che non ne possono più, ma che qualche settimana fa non l'avrebbero preso in considerazione. Entomologia dei media: la vespizzazione di Grillo o la grillizzazione di Vespa? Mai e poi mai avremmo creduto di vedere Grillo nel salotto di Vespa ma la politica, com'è noto, è l'arte dell'impossibile.
Grillo è costretto a fare un mini comizio, un po' per volontà sua, un po' per le domande incalzanti del conduttore. Se interrotto, è meno efficace. Del resto, il pubblico di Vespa, il «fossile», è tradizionalmente anziano, non è abituato ai toni esasperati, ad arringhe turpiloquenti. Si può dire che la classe politica è «una società a delinquere di stampo legale» che verrà cacciata, ma non in modo violento.
L'abilità del comico, con la sua «pancia d'attore», è quella di cavalcare tutti i mal di pancia del Paese (per questo ha molto seguito), senza però mai indicare una soluzione che non sia l'avventura. Succeda quel che succeda, «non mi interessa».
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