1- UNA DELUSIONE DOPO L’ALTRA, IL COMPAGNO MARPIONNE. UFFICIALIZZARE L’ADDIO ALLA CONFINDUSTRIA PROPRIO POCHI GIORNI DOPO LA PRIMA VERA SVOLTA ANTI-BERLUSCONA DI EMMA MARCEGAGLIA È UN BRUTTO COLPO ANCHE PER IL PARTITO DEMOCRATICO 2- QUEL CENTRO-SINISTRA CHE DAL 2006 AVEVA PROVATO IN QUALCHE MODO AD APPROPRIARSI DEL SANTINO DI UN MANAGER DEFINITO “UN VERO SOCIALDEMOCRATICO” (FASSINO), “UN BORGHESE BUONO” (BERTINOTTI), “COME SEGRETARIO CI SERVIREBBE UN MARCHIONNE DEL PD” (BETTINI) E CHE IERI HA IMPIEGATO MOLTE ORE E POCHISSIME PAROLE PER DEFINIRE “NEGATIVA” LA MOSSA SFANCULEGGIANTE DELL’IMPULLOVERATO FIAT 3 - A SINISTRA È DURA SMALTIRE LA SBORNIA PRO-MARPIONNE. E QUESTO NONOSTANTE GLI STRAPPI DI POMIGLIANO, LA CHIUSURA DI TERMINI IMERESE E QUEI 350 MILIONI DI AIUTI PUBBLICI CHE IL LINGOTTO AVREBBE INCAMERATO ANCHE NELL’ORGOGLIOSA ERA DI M.

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Francesco Bonazzi per "Il Secolo XIX"

Una delusione dopo l'altra, il compagno Marchionne. Va bene che la decisione della Fiat di abbandonare la Confindustria non è esattamente una sorpresa, ma ufficializzarla proprio pochi giorni dopo la prima vera svolta anti-governativa di Emma Marcegaglia è un brutto colpo anche per il Partito democratico. Quel centro-sinistra che dal 2006 aveva provato in qualche modo ad appropriarsi del santino di un manager definito «un vero socialdemocratico» (parola di Piero Fassino), e che ieri ha impiegato molte ore e pochissime parole per definire «negativa» la mossa dell'amministratore delegato di Fiat.

A metà pomeriggio, finita la direzione del partito, il segretario Pierluigi Bersani ha preso il coraggio a due mani: «Come ha detto Enrico Letta l'uscita di Fiat da Confindustria è veramente negativa perché credo, come ha detto Marcegaglia, che non ci sia nessuna ragione perché non si possa cercare la produttività senza una balcanizzazione del sistema». Prima di lui, era prontamente intervenuto il suo predecessore Piero Fassino, oggi sindaco di Torino, ma solo per commentare «la buona notizia, che va nella direzione che tutti aspettavamo, di conferma e valorizzazione dello stabilimento di Mirafiori e di certezza occupazionale per i lavoratori».

Ma il sindaco del capoluogo piemontese non ha sprecato una sola parola sulla coltellata inferta dal Lingotto alla schiena di questa Confindustria improvvisamente anti-berlusconiana. Ieri c'era da inaugurare, proprio al fianco del manager dal pulloverino democratico, il nuovo campus del Politecnico nelle praterie di Mirafiori e, insomma, non sarebbe stato carino rovinare una giornata di festa con polemiche politiche su Fiat.

«Marchionne fa bene a farsi gli affari propri e ha tutti i diritti di perseguire quel che ritiene utile alla salvezza di Chrysler-Fiat; solo non capisco perché dobbiamo anche passare la vita a ringraziarlo. Qui sembra che abbiamo tutti la sindrome di Stoccolma», si lamenta un banchiere piemontese di osservanza ulivista. Che standing diverso Dave Bing, l'ex cestista dei Detroit Pistons che dopo aver chiuso la propria azienda di componenti auto si è messo a fare il sindaco di Detroit. Lo scorso novembre, quando venne a Torino ospite di Fiat, a metà mattina lasciò tutti di sale chiedendo una bottiglia di tequila.

Gliene diedero una di grappa e se la svuotò senza fare una piega, poi passò a illustrare il suo lucido piano da sindaco non-negazionista: smantellare fabbriche e quartieri-dormitorio della sua città e restituirli ai farmers. In questi giorni, il sindaco Bing sta aiutando il sindacato Uaw nel suo braccio di ferro contro le nuove regole che Marchionne sta cercando di imporre nelle fabbriche del Michigan.

Ma certo, sindacati e sindaci a parte, anche a sinistra non è facile smaltire tanto in fretta la sbornia pro-Marchionne. E questo nonostante gli strappi di Pomigliano, la chiusura di Termini Imerese e quei 350 milioni di aiuti pubblici che il Lingotto avrebbe comunque incamerato anche nell'orgogliosa era Marchionne, come ha calcolato il giornalista di Panorama Marco Cobianchi nel suo libro «Mani Bucate» (appena uscito per Chiarelettere).

A parte le famose serate in pizzeria a giocare a scopone tra Marchionne e Sergio Chiamparino, restano scolpite nella memoria di migliaia di operai parole come quelle pronunciate nel 2006 dall'allora presidente della Camera, Sergio Bertinotti: «Marchionne è un borghese buono». Mentre ai tesserati del Pd, forse tornerà in mente la motivazione con cui il pensatore veltroniano Goffredo Bettini, nel giugno 2010, bocciò tanto Bersani quanto Dario Franceschini: «Come segretario ci servirebbe un Marchionne del Pd, con pochi vessilli del potere e molta voglia di fare». Anche le valige.

 

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