LE PUTINIADI SENZA NEVE - TRA GLI ALLARMI PER IL TERRORISMO E IL RISCHIO DI SCARSE PRECIPITAZIONI AUMENTANO I TIMORI PER L'ORGANIZZAZIONE DI SOCHI, GRAN CUCCAGNA DEGLI OLIGARCHI

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Leonardo Coen per "il Fatto Quotidiano"

Ho conosciuto Putin nel febbraio del 2001, all'Ospiz di Sankt Christophe, sull'Arlberg austriaco, uno dei paradisi della montagna d'inverno. Si svolgevano i campionati del mondo di Sankt Anton, Alberto Tomba ed "Herminator" Maier erano i divi del momento, e il presidente russo - con moglie e 70 persone al seguito, metà delle quali guardie del corpo - era l'ospite d'onore. L'ho visto sciare, attorniato da un nugolo di uomini del servizio di sicurezza, e se la cavava dignitosamente, con grande applicazione e puntigliosità, mantenendo gli sci uniti e cercando la posizione che il maestro di sci gli aveva insegnato.

La passione per lo sci alpino è dunque sincera, come quella per le arti marziali, e credo che l'idea di portare i Giochi Olimpici Invernali in Russia sia nata in quei giorni, irrobustita dai pareri assai favorevoli ed interessati di alcuni degli oligarchi più vicini al Cremlino, come il miliardario Vladimir Potanin, il 53enne re del nickel e presidente della Interros Holding che ha già sborsato un miliardo e 700 milioni di dollari per creare la stazione Rosa Khutor dove si svolgeranno le gare a 5 cerchi delle discipline alpine: "Non solo sarà la più importante della Russia - ha promesso Potanin - ma farà concorrenza alle principali località europee". Di sicuro, i costi sono già da primato...

Quattro giorni fa, il 3 gennaio, i tg di mezzo mondo hanno mostrato Putin, in compagnia del premier Medvedev, andare a fare una sorta di ricognizione delle piste olimpiche. Infagottato in un completo nero con tanto di casco scuro come quello di Darth Vader, il capo del Cremlino è sceso da una seggiovia di fabbricazione francese e con cautela ha imboccato una discesa (assai più impacciato Medvedev). Ma non era la pista di gara, quella allestita da Bernhard Russi.

Decisione saggia: il grande liberista svizzero ha progettato il tracciato della prova principale dei Giochi non lesinando passaggi rischiosi. Una "nera" da brividi, a cominciare dal "muro" iniziale - lo Yurev Khutor - che tocca il 68%. Ci si butta giù da quota 2045 e si acquista velocità sino a superare i 130 chilometri l'ora. Poi la pista si addolcisce, con una interminabile traversa per sterzare di nuovo e inforcare la picchiata del Crazy Khutor. In media, la pendenza è del 29%, la lunghezza 3.495 metri e la quota d'arrivo si trova ad appena 904 metri. L'altro giorno, c'erano 4 gradi, in cima meno 1...

I panorami sono stupendi: le imponenti e selvagge montagne del Caucaso, certi scorci struggenti sul Mar Nero... Rosa Khutor dispone di 72 chilometri di piste e di 20 impianti di risalita, lo skipass giornaliero in alta stagione costa 1.500 rubli (circa 34 euro). L'incognita è la neve: negli ultimi anni non sempre ha soddisfatto i bisogni, per usare un eufemismo, tant'è che gli organizzatori dei Giochi ne hanno immagazzinato tonnellate, catturandola altrove nel Caucaso.

Sempre nello stesso comprensorio c'è Gornaja Karusel (20 chilometri di piste, 9 impianti di risalita), costruita dai fratelli Ahmed e Magomed Bilalov con l'aiuto finanziario della Sberbank, il principale istituto di credito russo. Durante un'ispezione preolimpica il presidente li ha attaccati pubblicamente per aver fatto lievitare i costi del trampolino di Russki Gorki. Sono stati il capro espiatorio del peculato dilagante, dei ritardi nei lavori, e soprattutto per non essere parte del cerchio magico putiniano. I Bilanov sono scappati, svendendo tutto.

Nel frattempo, un ruolo sempre più importante, accanto a Potanin, assumeva la Gazprom, il braccio energetico del Cremlino: che sviluppava il Gazprom Mountain Resort "Laura" dove si svolgeranno le prove nordiche e del biathlon, con 6 skilift e 15 piste, parcheggio sotterraneo, hotel e strutture commerciali di lusso. La Gazprom non nasconde l'intenzione di continuare l'espansione della stazione, a scapito dell'ambiente.

Gli ambientalisti protestano perché le gare di sci si faranno a spese del Parco Nazionale di Sochi, riserva naturale sventrata dal disboscamento e dalla cementificazione. Gli attivisti ecologici "le guardie del Caucaso" hanno documentato le devastazioni che hanno colpito anche boschi storici, sacrificati in nome del business e delle Olimpiadi, come Pihtovaja Poljana, località che avrebbe dovuto essere protetta del Parco Nazionale.

Gazprom si è difesa affermando che l'area è stata rovinata da "sconosciuti, e questo prima che subentrasse nei progetti olimpici. Come sempre, gli appetiti affaristici delle Olimpiadi generano scontri senza quartiere, specie se la torta è arrivata a cifre iperboliche (51 miliardi di dollari il bilancio, per ora, di questi Giochi).

L'Alpika Servis, che nel 1992 aveva ottenuto la concessione per 49 anni di 60 ettari e mezzo a Krasnaja Poljana (25 km di piste, 9 impianti di risalita e hotel a 5 stelle) è stata accusata di cattiva manutenzione delle piste e di tenere in servizio impianti di risalita "insoddisfacenti". Nel febbraio del 2008 è arrivata Gazprom ha rilevato la licenza per 15 milioni di dollari, quando ne valeva almeno 100. Il risultato è che "tutto il business dell'area olimpica attorno a Krasnaja Poljana è in mano agli amici di Putin", dice Dmitri Shevchenko di Ewnc, l'Environmental Watch del Caucaso del Nord. Le Putiniadi in terra di Oligarkhija.

 

BERLUSCONI, PUTIN COLBACCOVLADIMIR PUTIN E ROMANO PRODIVLADIMIR PUTIN preparativi per Giochi Olimpici a Sochi Putin e la chiesa ortodossa russa sempre pi tradizionalisti Hollande con Dmitry Medvedev GAZPROM