LA SPAGNA TORNA AL FRANCHISMO: L’ABORTO SARÀ VIETATO

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Omero Ciai per "la Repubblica"

Elena Valenciano, vicesegretaria del Psoe, all'opposizione, ne è certa: «La controriforma sull'aborto in Spagna è il debito che la destra deve pagare ai vescovi ma noi faremo di tutto per combatterla». Mentre il ministro della Giustizia, Alberto Ruiz-Gallardón, soppesa gli ultimi dettagli di una legge che riporterà le norme sull'interruzione della gravidanza indietro di 35 anni («ristabiliremo tutti i diritti del nascituro», ha detto) l'opposizione minaccia grandi mobilitazioni per impedire la stretta sull'aborto.

Oggi, dopo l'ultima rivoluzione di Zapatero sui diritti civili nel 2010, l'aborto in Spagna è libero e gratuito entro le prime 14 settimane. All'interno di questo termine l'ultima decisione spetta soltanto alla donna e, nel caso in cui sia minorenne, non è neppure necessario il consenso dei genitori. Fra la 14° e la 22° settimana invece è autorizzato nel caso di «grave rischio per la vita e la salute della madre o del feto»; mentre dopo la 22° settimana solo nel caso di «gravi malformazioni del feto».

Un raggio di possibilità molto ampio contro il quale tre anni la Chiesa scese in guerra, anche con grandi manifestazioni di piazza, e contro il quale ora vede avvicinarsi la rivincita. È il presidente della Conferenza episcopale spagnola, l'arcivescovo Antonio Rouco Varela, che preme sul premier Rajoy affinché lo scandalo dell'aborto libero sia cancellato al più presto possibile e ora, dopo un anno di dibattiti, Ruiz-Gallardón ha pronto il testo della nuova legge, ancora più restrittivo di quello che si prevedeva un anno e mezzo fa con il ritorno dei Popolari al governo.

Per le nuove regole l'aborto sarà di nuovo illegale, con due sole eccezioni: una gravidanza conseguenza di una violazione sessuale e il pericolo per la salute della madre. Nell'ultimo testo che il ministro da valutando in questi giorni e che molto presto arriverà in Parlamento per l'approvazione l'aborto sarà proibito anche nel caso di grave malformazione del feto. «Non capisco - ha detto il ministro della Giustizia - per quale motivo il nascituro non debba essere legalmente protetto nel caso in cui presenti malformazioni».

È una controriforma a 360 gradi quella che il governo del centrodestra spagnolo porterà all'esame delle Cortes, «la peggiore dalla fine della dittatura franchista», sottolineano
alla direzione del Psoe in calle Ferraz, dove sembrano pronti a trasformare lo scontro sull'aborto nell'ultima trincea.

Se su altre riforme infatti i socialisti hanno già offerto "collaborazione" ad un governo, quello di Rajoy, che naviga in una situazione molto difficile per la crisi, il deficit pubblico e la disoccupazione, sull'aborto i socialisti di Rubalcaba hanno già scelto la linea della guerra a tutto campo: nelle aule parlamentari come in piazza.

Nel 2011, ultimo dato reso pubblico, in Spagna ci sono state circa 120mila interruzioni della gravidanza (12,4 aborti ogni mille donne fertili), un numero simile o minore rispetto ad altri paesi europei. E l'attuale legge è secondo diversi sondaggi l'opzione appoggiata dalla maggior parte della popolazione spagnola.

Ma Ruiz-Gallardón non sembra disposto a compromessi nella sua convinzione che l'aborto debba tornare ad essere illegale e più controllato anche rispetto alla prima legge approvata in Spagna nel 1983. Secondo i socialisti la rigidità ha due ragioni: la Chiesa, appunto, e la necessità di soddisfare anche la parte più radicale dell'elettorato del centrodestra.

Il risultato, dice Rubalcaba, sarà quello di gettare di nuovo nella clandestinità le donne costrette ad abortire. «Chi ha i soldi potrà andare ad abortire in altri paesi, chi non ce li ha dovrà arrangiarsi», ha affermato il segretario socialista.

 

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