ARIDATECE LA CARFAGNA! STIAMO FRESCHI SE IL NUOVO DEL RENZISMO SONO LE ARROGANZE DI VOL-PINA PICIERNO, EX RUTELLIANA, EX VELTRONIANA, BERSANIANA D’OCCASIONE, FRANCESCHINA PER PASSIONE E RENZIANA PER NECESSITÀ

Susanna Turco per “l’Espresso

 

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“Aridatece la Carfagna”. Il mormorio circolava ironico l’altro giorno in Transatlantico, proprio mentre si diffondeva la notizia che Pina Picierno aveva detto della Camusso che era stata eletta a capo della Cgil con tessere false. Aridatece la Carfagna. Un paradosso, una provocazione, a dire che, in fatto di personalità politiche con una qualche vicinanza al leader, Mara Carfagna, per taluni già vituperatissimo simbolo di una carriera politica costruita grazie ai cordiali rapporti con Silvio Berlusconi, ha a conti fatti mostrato nel tempo, tutto sommato, uno spessore politico maggiore di talaltri renziani oggi saliti all’onor delle cronache. Quanto meno lei, la Carfagna, gaffe e scivoloni li ha sempre risparmiati, sia a se stessa che agli altri.

 

marianna madiamarianna madia

E invece, i renziani: giornate dure. Nell’immediato post-Leopolda, risuonavano ancora i proclami antisindacali di Davide Serra al meeting di Firenze, e in particolare quel “lo sciopero non è un diritto” che aveva pur fatto arrabbiare in privato il premier.

 

E, per l’altra parte, circolava sul web il video in cui Marianna Madia, ministro renziano della Pa, spiegava a un giornalista di FanPage che voleva una sua dichiarazione sulla riforma della pubblica amministrazione, che lei era determinata a non rispondere “perché secondo me questo non è un giornalismo di rinnovamento” , concetto del tutto sconosciuto persino ai corsi d’aggiornamento per i professionisti dei media. O ancora, scorreva ancora negli occhi il Ballarò della sera prima, con Sandro Gozi, altro renziano di nuovo conio (per quanto una volta iper prodiano), che si faceva prendere a pallonate da tutto lo studio.

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Insomma, aridatece la Carfagna come a dire: comunicativamente un po’ fragilini, questi renziani. Su questa corolla di pensieri, s’è poggiata come una ciliegina Pina Picierno con le sue “tessere false” e i suoi “pullman pagati”. Eurodeputata, classe 1982, casertana di Teano, in politica dai sedici anni con i popolari, la Picierno in realtà non è affatto nuova a questo genere di polemiche, in bilico tra la provocazione e la gaffe, ma comunque sempre mediaticamente efficace.

 

Lei, che pure si è laureata a Salerno con una tesi sull’”Analisi del contenuto del discorso politico di Ciriaco De Mita”, ha nel linguaggio uno dei suoi punti di forza, per quanto non certo l’unico: è chiaro, buca, resta in memoria.

 

Tutti ricordano, ad esempio, quanto si sbracciò in primavera per sostenere la validità economica del bonus da ottanta euro, con tanto di scontrino del supermercato sventolato davanti alle telecamere a dire che a lei, “persona coi piedi per terra”, bastava per “fare la spesa per due settimane”: una posizione per certi versi talmente suicida, che all’epoca non s’ebbe cuore di sottolineare che un parlamentare a Roma passa tre, massimo quattro giorni a settimana, e mangia a casa giusto per cena, e che dunque ottanta euro servivano sì e no per otto pasti. “Latte a lunga conservazione” compreso.

IL SALUTO TRA RENZI E BERSANI IL SALUTO TRA RENZI E BERSANI

 

S’è sempre distinta, Picierno, per la nettezza di certe sue affermazioni. “E’ che sono passionale, forte, se faccio una battaglia ci credo”, disse in un’intervista. Lo conferma la tenacia con la quale ad Agorà non si è fatta togliere la parola (nonostante i cortesi tentativi del conduttore) per pronunciare a tutti i costi le frasi sulla Camusso per le quali si è poi scusata. Lo conferma il “non fare la pescivendola” tirato contro il segretario del Pd campano Assunta Tartaglione, o il più antico battibecco a Porta a porta con Alessandra Mussolini, che le tolse gli appunti che stava diligentemente leggendo come ministro ombra dei giovani.

 

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Picierno cambia, muta, si trasforma, ma non è una che le manda a dire. Quand’era rutelliana e leader dei giovani della margherita (i cosiddetti “Cicoria Boys”, copyright dell’allora rutelliano e oggi renziano Luciano Nobili), votò chiaro e tondo quattro sì al referendum sulla fecondazione assistita (compresa l’eterologa, e in quegli anni non era una posizione facile) e andò fiera in piazza a difendere i Dico, ossia il progetto di legge sulle unioni civili.

 

Ancora, nel marzo 2007, chiamata a indicare chi volesse come leader del Pd prossimo venturo, indicava sicura: “Qualcuno come Franceschini, D’Alema, Finocchiaro”. Invece “Veltroni non sarebbe l’uomo giusto”, precisava in un’epoca in cui i suoi coetanei non sfidavano la prudenza nemmeno per pronunciarlo, il nome di un big.

 

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Con la stessa sicurezza, appena quattordici mesi dopo, appena eletta alla Camera con Veltroni segretario del Pd, Picierno dichiarava: “Il partito democratico senza Veltroni non riesco a immaginarlo: lui rimane l’unica guida possibile per le sue grande intuizioni”. E, da ventiseienne, spiegava che non bisognava andare troppo veloce col rinnovamento: “La carta d’identità non significa nulla se non si accompagna a una vera innovazione”.

 

Prudenze, circa il ricambio generazionale, rottamate con il progressivo sintonizzarsi con l’ex rottamatore. Al quale, c’è da dire, Picierno si è avvicinata per tempo, cominciando con il difenderne la bravura già nelle primarie 2012 (quelle che Renzi perse): “Trovo assurdo non capire che il sindaco di Firenze è un’opportunità incredibile per il Pd”.

Anna Finocchiaro Anna Finocchiaro

 

All’epoca, Picierno era e si definiva bersaniana. “Sono bersaniana perché – come dice il segretario – lavoro per la ditta”. “Io sostengo Bersani, perché alcune idee delle idee economiche di Matteo non mi sono piaciute, mi sembrano conservatrici”, diceva nell’ottobre 2012.

 

Tutt’altra musica, nell’aprile 2014, in corsa per le europee: “Prima sostiene Bersani a spada tratta, poi entra nella segreteria di Renzi?”, le domandava il Corriere del Mezzogiorno. E lei: “Che cretinata. Sono stata per tutti questi anni vicina per amicizia e per sentire politico a Dario Franceschini. Con Bersani abbiamo perso le elezioni”. Insomma: “Serviva una svolta, e la svolta era Renzi”. La famosa “opportunità incredibile”, no?