DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
Marco Gasperetti per âIl Corriere della Sera'
Che un processo (finito due anni fa con una raffica di assoluzioni) e un pronunciamento della Corte dei conti diventassero un caso politico e un attacco al premier Matteo Renzi in pochi lo avrebbero pensato. E invece, dopo tante chiacchiere, qualche articolo sui fogli locali e soprattutto una pagina intera del Giornale dedicata alla vicenda, ecco «esplodere» a Firenze e in Versilia il «caso della vigilessa, del giudice e del sindaco».
La vigilessa è il comandante della polizia municipale di Firenze, Antonella Manzione, già alla guida dei vigili di Pietrasanta, Verona, Livorno e Lucca e appena chiamata da Renzi a dirigere il Dipartimento affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi, ma «bocciata» dalla Corte dei conti per mancanza di requisiti.
Il giudice, ormai ex, è il fratello di Antonella, Domenico Manzione, già sostituto procuratore e oggi sottosegretario agli Interni (nominato da Letta è stato riconfermato da Renzi). Il sindaco, infine, è Massimo Mallegni, ex socialista, berlusconiano di ferro e dominatore per anni della politica di Pietrasanta, la capitale culturale della Versilia.
Mallegni, che qualcuno si diverte a chiamare con ironico affetto il «Massimo della pena», è stato assolto insieme ad altri imputati due anni fa da accuse pesantissime (51 capi d'imputazione tra i quali corruzione, estorsione, truffa, associazione per delinquere) che gli sono costate nel 2006 39 giorni di galera, 120 di arresti domiciliari e la fine di una carriera politica brillante. Mallegni è stato poi condannato a 13 mesi per reati minori (in seguito caduti in prescrizione).
Il primo esposto, che fece poi scattare altre inchieste, partì nel 2002 proprio da Antonella Manzione, allora comandante dei vigili urbani di Pietrasanta. E secondo il Giornale a decidere quattro anni dopo l'arresto del sindaco fu il fratello magistrato, Domenico, dunque una storia viziata da un presunto conflitto giuridico.
A far tornare d'attualità il vecchio processo, la decisione della Corte dei conti di «bocciare» la nomina di Antonella Manzione. Tra l'altro il premier, da sempre estimatore delle sue capacità professionali, starebbe cercando di trovare il modo per portarla comunque a Palazzo Chigi.
Così la Toscana della politica si divide. C'è chi parla di manovre di potere per fermare la crociata di Renzi contro la burocrazia ministeriale e i suoi «mandarini» (la nomina della Manzione farebbe paura a molti) e chi, invece, di persecuzioni giudiziarie per conquistare il potere.
«Mi sento come il protagonista del film Truman Show - dice Mallegni - mi hanno affidato una parte e io quella sono obbligato a recitare. Se alzo la testa me la tagliano. Ecco perché non farò più politica in vita mia».
Sorride, invece, Domenico Manzione. «Si è fatta solo una gran confusione - spiega -. Io non ho mai seguito il processo nato dopo le denunce di mia sorella, ma solo la maxi inchiesta sulla corruzione a Pietrasanta dove Mallegni era uno degli imputati. Nonostante questo, per evitare ogni possibile fraintendimento, sono stato affiancato dal procuratore di Lucca, che allora era Giuseppe Quattrocchi (poi procuratore a Firenze) che firmò con me tutti gli atti».
Le richieste del pm per quel processo furono di 80 anni. E invece in primo grado arrivarono sostanziali assoluzioni. Non fu presentato appello. Per quale motivo? «Io non ero più il pm - risponde Manzione -. Imbarazzante il non appello? Sì, credo che sia proprio questa la parte più imbarazzante di tutta la vicenda».
MATTEO RENZI E ANTONELLA MANZIONEMATTEO RENZI E ANTONELLA MANZIONEMASSIMO MALLEGNI ANTONELLA MANZIONEMASSIMO MALLEGNI
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