ZINGARATE PIEMONTESI - SULLA STAMPA DI MARIOPIO CALABRESI TITOLANO FARISAICAMENTE IN PRIMA PAGINA: “TORINO SI INTERROGA SUL RAID DELLA VERGOGNA”. MA NON FACEVANO PRIMA A VERGOGNARSI DIRETTAMENTE, SENZA TANTO “INTERROGARSI”? - DAI GENITORI, CHE CONSTRINGEVANO LA FIGLIA 16ENNE A CONTROLLI MENSILI DI VERGINITÀ, ALLA REAZIONE FURIOSA DEGLI ULTRÀ DELLE CURVE, CHE ASPETTAVANO UN PRETESTO PER REGOLARE I CONTI CON I ROM, FINO AL PD, SCESO IN PIAZZA A MANIFESTARE IN UNA CITTÀ CHE GOVERNA DA DECENNI …

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1 - LA RAGAZZA DEL FALSO STUPRO «ECCO PERCHÉ HO MENTITO»
Marco Bardesono e Giusi Fasano per il "Corriere della Sera"

Dopo il giorno della follia, quello delle scuse. La ragazzina del finto stupro di Torino detta (letteralmente) la sua resa: una lettera scritta a voce, se così si può dire, che affida ai giornalisti perché là fuori si sappia che lei è pentita. «Vi chiedo perdono. Scusatemi» attacca seduta nel salotto di casa cercando parole che faticano ad affiorare sulle labbra. «Ho visto in tv le immagini delle fiamme e mi sono sentita male. Mi vergogno da morire perché mi sono resa conto di quello che è successo».

Ecco. Le parole adesso corrono l'una in fila all'altra. La lettera al mondo là fuori, come dice lei, è scritta in un attimo. «Ho raccontato quella storia per paura d'essere picchiata, pensavo che i miei genitori, mio fratello non capissero». «Quella storia» è uno stupro mai avvenuto. È il suo primo rapporto sessuale finito con la ragazzina in strada sanguinante, jeans nelle mani, e suo fratello arrivato per caso proprio da quelle parti.

«Erano due zingari, mi hanno violentata» ha mentito lei. E poche ore dopo nel quartiere Vallette, lo stesso in cui la sedicenne vive con la sua famiglia, tirava già aria di rivolta, rabbia da vendere e voglia di vendetta. Sabato sera la spedizione punitiva: a decine, tutti del quartiere, hanno presentato il conto della finta violenza al campo rom della cascina Continassa. Tutto a fuoco, i rom tutti in fuga, proprio mentre la «vittima» confessava di aver inventato ogni dettaglio.

«Ho capito d'aver sbagliato» dice adesso lei «e ora spero che i miei genitori mi stiano accanto anche se so che sarà difficile perdonarmi. Appena ho visto passare mio fratello per la strada mi sono inventata la storia dei rom, senza pensare alle conseguenze. Chiedo scusa a tutti e soprattutto ai bambini del campo. Chiedo scusa a tutta la gente del quartiere per la rabbia che ha suscitato la mia bugia. La colpa è solo mia e chiedo scusa anche al ragazzo che sabato pomeriggio era con me e che ho coinvolto. Vorrei soltanto poter dimenticare».

Non sarà facile né breve. Le scuse della ragazzina anche per le amiche che la credevano vittima: «Ho continuato a raccontare un sacco di bugie, quando invece avrei potuto fidarmi di loro. Non le volevo tradire, spero che continuino ad avere fiducia in me». Si dice «pronta ad affrontare tutte le conseguenze», promette che «al Tribunale per i minori racconterò ogni cosa e se mi puniranno affronterò la condanna perché sono io ad aver sbagliato».

E infine il futuro: «Dovrò pensare a cosa fare della mia vita perché non ho più il coraggio di vivere qui, di uscire di casa». La sua famiglia sta programmando per lei (che oggi sarà incriminata per simulazione di reato) un periodo di tempo a Roma, da parenti.
Il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri definisce «ingiustificabile» l'assalto al campo rom: «Nulla, neppure la rabbia, l'emarginazione, i pregiudizi, possono giustificare episodi come quello che è successo sabato sera alle Vallette. A nessuno deve passare per la testa che i problemi si risolvono con la violenza. Meno che mai con la violenza nei confronti del "diverso", dello "straniero"».

«Un gesto inaccettabile», per il ministro della Cooperazione internazionale e dell'Integrazione Andrea Riccardi. «I roghi ci riportano a periodi bui della storia europea, che mai avremmo voluto che si ripetessero». Rincara la dose il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli che ai microfoni del Tgcom parla di «un fatto gravissimo, con chiari connotati di stampo razzista».

Carabinieri e polizia stanno cercando di identificare tutti gli autori del «commando». In questura sono certi che alcuni di loro siano del gruppo ultrà juventino «Bravi ragazzi» ma non è chiaro se siano proprio i tre fermati sabato sera, uno dei quali è stato poi rilasciato.
Davanti alle ceneri del campo rom, ieri, sono arrivati i ragazzi del volontariato torinese, cattolici e non, per dare una mano a ripulire. Anche a loro pensava l'arcivescovo Cesare Nosiglia quando ha detto ieri di sentirsi «umiliato e ferito come cristiano e come cittadino di una Torino dove ogni giorno migliaia di persone si danno da fare con generosità verso poveri, immigrati e rom». Migliaia di persone, non i giustizieri dell'altra sera.

2- LA TELEFONATA: ANDIAMO A BRUCIARE TUTTO IL POGROM FATTO IN CASA DELLE VALLETTE
Paolo Griseri per "la Repubblica"

Un pogrom fatto in casa, con gli ingredienti del quartiere, il retrobottega della città. La manovalanza ultrà che vive all´ombra del Juventus Stadium, le pressioni dei pregiudicati, che entrano e escono dal carcere, trecento metri più in là. E poi l´odio per gli zingari, parafulmine di ogni rabbia, accampati a cinquecento metri, tra i ruderi della vecchia cascina della Continassa. Via delle Primule, dove abita Sandra, è il centro geometrico di questo mondo di paure, pregiudizi e codici d´onore. È il centro delle Vallette, da mezzo secolo avamposto di torri rosse e casermoni alla periferia nord di Torino.

«Mi hanno cercato sabato pomeriggio. Volevano che partecipassimo anche noi. Ma io non ho fatto nessuna telefonata, quella storia non mi convinceva». Facile dirlo oggi, quanto tutti sanno che Sandra si è inventata tutto. Ma Massimo Lazzarini, uno dei leader degli ultrà juventini, sembra sincero. È uno dei capi dei «Bravi ragazzi», i vecchi «Irriducibili», deferiti dopo un assalto alla sede bianconera per dissensi con Moggi. Parla in un bar dell´altra periferia torinese, alle spalle della direzione delle Case Popolari.

È domenica mattina. Pochi testimoni. «Quella storia degli zingari non mi convinceva perché io sono uno di strada, lo so come vanno queste cose». E come vanno ? «Gli zingari non cagano dove mangiano». Per dire che non sono così stupidi da violentare una ragazza del quartiere dove abitano. «Già l´anno scorso c´erano state manifestazioni contro di loro, organizzate dal centrodestra. Sapevano che erano a rischio». Massimo è consigliere di circoscrizione dei Comunisti Italiani: «Figurati se avrei partecipato a una roba razzista. Non si incendiano le baracche con i bambini. Nessuno di noi farebbe una cosa del genere ». E allora chi è stato?

Tutti e nessuno, come nel giallo di Agatha Christie. Perché l´altra sera tutti avevano un motivo per andare al campo degli zingari. E sapevano come affrontare la polizia. «Non escludo che qualcuno di quei palazzi, che magari era un ultras una volta, abbia deciso di partecipare», ammette Massimo. I cori da stadio e la spavalderia con gli agenti confermerebbero questa ipotesi.

Lo stadio è una scuola: «Da quei palazzoni - conferma l´ultras - fino a pochi anni fa scendevano anche in cinquecento per andare in corteo con noi al Delle Alpi». Adesso, con lo stadio nuovo «sono quasi tutti abbonati, c´è la tessera del tifoso» e molti hanno abbandonato le curve. Ma non hanno perso le vecchie abitudini. «Mi raccomando - chiude Massimo - deve essere chiaro che nessuno del direttivo dei ‘Bravi ragazzi´ ha aderito al corteo. E mi sento di dire che nemmeno quelli dei ‘Drughi´ lo hanno fatto». «Drughi» e «Bravi ragazzi» se le danno volentieri le domenica in curva. Se uno garantisce per l´altro, è difficile non credergli.

Non la parte più organizzata del tifo dunque ma la manovalanza, forse l´ex manovalanza delle curve, ecco il primo ingrediente. Non l´unico. Nel pogrom fatto in casa c´è il codice d´onore di un quartiere, della strada. Lo stesso delle carceri, che stanno dall´altra parte del corso. La vendetta per «una ragazzina rovinata», come sta scritto sul volantino di convocazione del raid. Una «bambina» italiana violentata da «tre farabutti presumibilmente stranieri nell´indifferenza dei media.

Perché queste violenze non fanno più notizia?». Perché il retrobottega della città non fa notizia. Tutti parlano della vetrina, di quel che accade nello stadio dove arrivano le tv di tutto il mondo. Di quel che accade in corso Molise o in via delle Pervinche, non importa a nessuno. Neanche quando stuprano le bambine. Nasce così la parola d´ordine del pogrom: «Ripuliamo la Continassa». Il quartiere non ne può più e ha trovato qualcuno che sta peggio su cui sfogarsi: «Gli stranieri vivono di prostituzione e delinquenza», si legge sul volantino.

«Ma a gonfiare il corteo dell´altra sera ci dicono che abbia contribuito il pressante invito di qualche pregiudicato», spiega Oliviero Alotto, volontario che da anni lavora con i rom. Il diktat di qualcuno potente tra i casermoni che guardano il carcere. Qualcuno che aveva ordinato la vendetta fidando sulla rabbia del retrobottega della città. Sandra ha confessato la sua bugia troppo tardi per impedire il rogo.

Alla Continassa sono rimaste una ventina di persone e un esercito di topi che scappano tra le macerie senza più una tana in cui nascondersi. Don Luigi Ciotti arriva intorno a mezzogiorno. È sconvolto: «In questa città scopriamo, con un misto di sorpresa e di vergogna, che la miseria, la segregazione, la discriminazione e la violenza non sono di un´altra parte del mondo. Sono diventati un problema nostro».

 

Mario Calabresi IL CAMPO NOMADI DELLA CONTINASSA A TORINOLETTERA DI SCUSE DELLA RAGAZZA DI 16 ANNI CHE HA RACCONTATO DI ESSERE STATA STUPRATA DA DUE ROMCampo di zingariZINGARI zingariRomRom