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LA BIOGRAFIA DI GEORGE BUSH PADRE
Federico Rampini per “la Repubblica”
C’È chi lo interpreta ora come un tentativo in extremis per salvare la candidatura del figlio Jeb, smarcandolo dal fratello. E chi invece sottolinea con malignità che a 91 anni si possono perdere dei freni inibitori. La biografia di George Bush padre è “atterrata” nella campagna elettorale repubblicana come un drone carico di esplosivo. «Già è raro che un ex presidente ne critichi un altro — ha osservato il Washington Post — figurarsi poi se quello che attacca è suo figlio».
La biografia di Bush padre fa notizia proprio per questo: una serie di pesanti accuse ai collaboratori di suo figlio George W. che lo convinsero a invadere l’Iraq, critiche così severe da coinvolgere anche la responsabilità del presidente che volle circondarsi di consiglieri sbagliati. “Arroganti”, è l’aggettivo più gentile che lui usa per descrivere i neoconservatori Dick Cheney (vicepresidente) e Donald Rumsfeld.
Ma a Cheney riserva un’accusa particolarmente grave, quella di avere costruito un sistema di potere separato, una presidenza dentro la presidenza, un circolo decisionale sottratto al controllo della Casa Bianca. Con conseguenze disastrose soprattutto in politica estera.
Detto da chi “firmò” la prima Guerra del Golfo (1991), condotta con ampio consenso della comunità internazionale e coinvolgendo una vastissima coalizione di alleati. Una guerra all’epoca considerata come un grande successo, al punto che Bush Senior meditò di non ricandidarsi neppure, dopo avere incassato quella vittoria. (Male fece: nel ’92 non venne rieletto).
Per comodità del lettore, da qui in poi adottiamo lo stesso accorgimento in voga in America: Bush padre viene abbreviato come 41 (essendo stato eletto nel 1988 come il 41esimo presidente), suo figlio è il numero 43, visto che li separa la presidenza di Bill Clinton, un altro cognome molto presente nell’attuale campagna elettorale.
jeb bush giura da governatore nel 1999
Dunque, Bush 41 ha vuotato il sacco, in una lunga e dettagliata autobiografia “narrata”, nel senso che i suoi ricordi sono stati raccolti e trascritti dal giornalista Jon Meacham. Il libro s’intitola Destiny and Power: The American Odissey of George Herbert Walker Bush. È una miniera di notizie e analisi, perché la carriera di Bush 41 è stata ricca: fu l’alto rappresentante degli Stati Uniti in Cina subito dopo il disgelo diplomatico tra i due paesi; fu capo della Cia; infine vicepresidente di Ronald Reagan prima di succedergli alla Casa Bianca.
Ma la parte dell’autobiografia che cattura l’attenzione è quella più recente, per ovvie ragioni. L’anziano patriarca della dinastia politica repubblicana che ha dato due presidenti all’America, e sta cercando di piazzarne un terzo, si esercita in un vero e proprio regolamento di conti.
Il passaggio su Cheney, che Bush 41 conosceva benissimo avendolo avuto come segretario alla Difesa, dice fra l’altro che sotto Bush 43 «lui divenne molto diverso dal Dick Cheney con cui avevo lavorato io, divenne un oltranzista, un falco, uno di quelli che cercano lo scontro su tutto, e volle usare la forza per imporre la nostra visione al Medio Oriente».
Cheney viene accusato di essere a sua volta manipolato dalla figlia Lynne, astro nascente dei neoconservatori, che Bush 41 descrive come “eminenza grigia”. Il vicepresidente secondo lui si costruì «il suo impero personale», una rete di potere parallela. In quanto all’ex segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, Bush 41 lo liquida come «un tipo arrogante», che «rese pessimi servizi al suo presidente». Ma anche il figlio, ovvero Bush 43, viene preso di mira nell’autobiografia.
SPECIALE LUGLIO I PERSONAGGI PI RAPPRESENTATIVI DEGLI USA GEORGE BUSH
Bush 41 contesta tutta la svolta oltranzista che seguì lo shock dell’11 settembre 2001, segnata da una retorica da crociate, con frasi come “L’Impero del Male” in cui Bush 43 classificò Iraq, Iran e Corea del Nord. «Mi preoccupa la retorica che venne usata — dice il padre — perché la retorica incendiaria cattura i titoli dei media, ma non per questo risolve problemi diplomatici».
Bush 41 sospetta che il discorso di Bush 43 sull’Asse del Male, con cui nel 2002 cominciò a preparare l’invasione dell’Iraq, «in un bilancio storico non avrà portato alcun beneficio». Sono giudizi pesanti, all’interno di un clan che ha sempre ostentato compattezza, solidarietà, e forti affetti familiari.
La dietrologia che lega questi giudizi alla disastrosa campagna elettorale di Jeb — l’aspirante Bush 45 — non è suffragata dai fatti: il padre cominciò a lavorare a questa autobiografia molto tempo fa, quando non poteva immaginare la pessima performance del candidato Jeb.
E non si può dire davvero che l’uscita di questo libro in piena campagna per la nomination “aiuti” Jeb. Al contrario le polemiche riportano l’attenzione sull’aspetto dinastico della candidatura. I giornalisti chiederanno inevitabilmente a Jeb di schierarsi tra il padre e il fratello, tra una politica estera moderata e una aggressiva. Come se non avesse abbastanza guai. Intanto quel che è certo è che George 43 non ha preso bene le critiche del padre: l’ex presidente figlio ha reagito con un comunicato in cui ribadisce «l’orgoglio per avere lavorato con Cheney e Rumsfeld».
DONALD RUMSFELD E SADDAM HUSSEINDONALD RUMSFELD IN THE UNKNOWN KNOWN
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