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Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpeg
L' esigenza di ridurre il debito pubblico non basta di per sé a legittimare leggi che, cambiando in senso sfavorevole ai cittadini le carte in tavola, minino «il loro affidamento nella sicurezza giuridica, elemento fondamentale dello Stato di diritto»: la Corte costituzionale, chiamata a tornare sullo sdrucciolevole tema affrontato quest' anno nelle controverse sentenze su rivalutazione delle pensioni o sul pubblico impiego, ieri ha dichiarato illegittimo - per violazione dei principi di tutela dell' affidamento e di ragionevolezza contenuti nell' articolo 3 della Costituzione - il decreto legge del governo Monti che nel 2012 accorciò di tre mesi il periodo entro il quale era possibile cambiare le lire in euro.
Mossa che in questo modo acquisì al bilancio dello Stato la massa di lire ancora circolanti, in quel momento stimata in un controvalore di circa 1 miliardo e mezzo di euro.
La questione accolta ieri era stata sollevata nel 2014 dal giudice Guido Vannicelli, della Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale civile di Milano, su impulso dell' avvocato Marcello Pistilli in una causa che per il controvalore di 27.000 euro oppone 6 cittadini alla Banca d' Italia. Per effetto della cessazione del corso legale della lira nel 2002, era stato previsto nel 1997 che il diritto di convertire in euro le lire potesse essere esercitato per 10 anni dal 2002 fino al 28 febbraio 2012.
Ma il 6 dicembre 2011 il governo Monti, al dichiarato fine di attuare «misure per la riduzione del debito pubblico» e in deroga alle norme contemplate, varò il decreto legge «Disposizioni urgenti per la crescita, l' equità e il consolidamento dei conti pubblici», e con due mesi di anticipo sul termine fissato nel 1997 dispose la prescrizione anticipata, con effetto immediato, delle lire ancora in circolazione, dirottando il relativo controvalore sul bilancio dello Stato per riassegnarlo al «Fondo per l' ammortamento dei titoli di Stato».
I giudici costituzionali premettono che il valore del legittimo affidamento in teoria «non esclude che il legislatore possa assumere disposizioni che modifichino in senso sfavorevole agli interessati la disciplina di rapporti giuridici»: ma solo a condizione «che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l' affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica».
E neanche l' obiettivo di ridurre il debito può funzionare da bulldozer dei diritti: occorre invece sempre «una equilibrata valutazione comparativa degli interessi in gioco», in particolare «non trascurando completamente gli interessi dei privati», con i quali quello pubblico «va ragionevolmente contemperato».
Ma nell' anticipato stop al cambio lira/euro, «non risulta operato alcun bilanciamento fra l' interesse pubblico perseguito dal legislatore e il grave sacrificio imposto ai possessori di banconote in lire, dal momento che l' incisione con effetto immediato delle loro posizioni consolidate appare radicale e irreversibile», e «in realtà estingue ex abrupto il diritto a cui si riferisce ».
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