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Francesco Grignetti per "la Stampa"
Ci tiene moltissimo, il governo, a modificare le regole sulle successioni testamentarie e sul cosiddetto Patto di Famiglia (che dal 2006 regolamenta le successioni aziendali). E la novità non è piccola: si tornerebbe ai testamenti, superando le rigidità della famosa "legittima", in quanto si vorrebbe restituire la possibilità al genitore di orientare chi eredita una bella fetta del patrimonio e chi no.
Anziché prevedere parti uguali tra tutti i figli, solo una metà del patrimonio destinato ai figli sarebbe diviso egualitariamente. L'altra metà sarebbe attribuita all'uno o all'altro dal genitore. Ma anche il Patto di Famiglia cambia, introducendo una ben maggiore discrezionalità rispetto all'attuale formulazione.
Con singolare caparbietà , la materia era già presente nel primo decreto Sviluppo dell'estate scorsa. Quando però il decreto approdò al Quirinale, quella norma fu cancellata. Venne prontamente recuperata in un ddl di ventuno deputati del Pdl, ma se ne erano perse le tracce. Torna a galla con il nuovo decreto Sviluppo. «Avevamo fatto presente al governo questa proposta in un pacchetto di priorità », spiega il vicepresidente della commissione Bilancio, Giuseppe Marinello, Pdl. E il governo l'ha ascoltato. «E' una misura molto attesa dal mondo delle piccole e medie imprese italiane, quelle a conduzione familiare, sa?».
Tanta insistenza ha però già fatto insospettire parte dell'opposizione. Secondo Antonio Borghesi, Idv, trattasi dell'ennesima leggina «ad personam». Una norma tagliata a misura sulle questioni ereditarie del premier? C'entrano le dispute con la moglie separata Veronica e i problemi legati alla suddivisione del patrimonio di famiglia tra figli di primo e di secondo letto?
«Sorge forte il sospetto dice Borghesi - che si tratti dell'ennesima norma legata ad equilibri familiari del premier. Berlusconi non smette mai di sorprendere. Di fronte al rischio di catastrofe economica del Paese pensa bene di tutelare le proprie finanze». E già si guarda alle possibili ricadute su Mediaset, Mondadori, Mediolanum e Milan, ovvero i pezzi dell'impero controllati dal premier attraverso Fininvest.
Nella bozza di decreto si cambiano le norme che regolano il Patto di Famiglia, ovvero il contratto con cui un imprenditore trasferisce la società ai discendenti. La modifica che più salta agli occhi è la fine dell'unanimità : l'imprenditore stabilisce lui, di fatto, chi beneficiare con la trasmissione delle quote della società . Se attualmente è prescritto che alla stipula del Patto «devono» essere presenti il coniuge e tutti i figli, in futuro, ove passasse la nuova legge, gli altri eredi «possono» essere presenti, salvo essere informati entro trenta giorni delle decisioni adottate e impugnarle. Se vogliono e se possono.
Ma c'è di più: «L'imprenditore - come illustra Marinello - se considera non idonei i figli a gestire l'azienda, può affidarla anche a un terzo, che ha il potere di scegliere il più idoneo tra i nipoti, ivi compresi quelli che ancora devono nascere».
Con la stessa logica della discrezionalità genitoriale, si cambia la "legittima". Attualmente il codice prevede che «se il genitore lascia un figlio solo, legittimo o naturale, a questi è riservata la metà del patrimonio. Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli, legittimi e naturali».
In futuro, ferma restando la quota dei due terzi, soltanto metà della quota destinata ai figli sarebbe divisa in parti uguali; l'altra metà potrà essere attribuita dal genitore a uno o più figli in misura variabile. Trent'anni dopo il codice di famiglia, una rivoluzione.
2 - COSÃ BERLUSCONI AVREBBE PIÃ AUTONOMIA NEL DIVIDERE FININVEST
IL RITARDO DEL DIVORZIO CON VERONICA PREOCCUPA IL PREMIER
Paolo Colonnello e Francesco Manacorda per "la Stampa"
Chi lo frequenta assicura che tra i molti fantasmi di questi mesi - la magistratura che lo insegue, gli alleati che non lo lasciano lavorare, il risarcimento da 560 milioni alla Cir - ce ne sia uno che ha ormai le caratteristiche di una vera ossessione. Come potrà mai sistemare il suo asse ereditario - si chiede Silvio Berlusconi - tra i figli avuti dal primo e dal secondo matrimonio? E in particolare come potrà farlo se il divorzio con Veronica Lario non andasse in porto?
La posta in gioco, ovviamente, è uno dei maggiori patrimoni italiani. A marzo di quest'anno, dunque prima della crisi dei mercati finanziari, la rivista Forbes segnalava «Silvio Berlusconi and family» al terzo posto in Italia e al 118˚ nel mondo con una fortuna di 7,8 miliardi di dollari, che starebbe a dire 5,6 miliardi di euro. Leviamoci pure un miliardo che da inizio anno la Fininvest ha perso per il calo in Borsa delle sue partecipazioni, sottraiamo il mezzo miliardo che veleggia verso l'odiata Cir; restano pur sempre 4 miliardi di patrimonio familiare di cui almeno 3 sono proprio del Cavaliere.
L'idea del Berlusconi è sempre stata quella di dividere l'enorme patrimonio personale - per sommi capi il suo 65% di Fininvest che controlla il 40% di Mediaset, il 50% di Mondadori, il35% di Mediolanum e tutto il Milan, cui si aggiunge un megaimpero immobiliare che spazia da Villa Certosa alle Bahamas - in modo sostanzialmente paritetico tra i figli di primo e secondo letto.
Da una parte Marina e Piersilvio, che nell'ultimo decennio hanno contribuito con il loro impegno ad accrescere il patrimonio familiare; dall'altra Barbara, Eleonora e il giovanissimo Luigi, ancora a cavallotra gli studi e i primi incarichi nei cda, che si sarebbero divisi in tre l'altra metà . Una divisione, però, che ha sempre trovato contraria Veronica: fu proprio lei a spingere, nel 2005, perché Berlusconi assegnasse ai tre figli di secondo letto una quota complessiva del 21,4% della Fininvest equiparandoli di fatto ai due eredi diprimo letto che hannoil 7,65% ciascuno.
Alla difficoltà di trattare equamente gli eredi si aggiungono le vicende coniugali. Nell'agosto 2010, quando la separazione consensuale tra la ex «first couple» italiana sembrava cosa fatta, proprio da parte di Veronica arrivò un improvviso stop alla soluzione negoziata.
Colpa del forte divario tra quanto chiesto inizialmente dalla (ancora oggi) moglie del Cavaliere - oltre 40 milioni lordi l'anno - e i 7 milioni annui invece proposti. Secondo alcune indiscrezioni il cambio di strategia in quell'occasione è stato radicale: contando su innegabili dati anagrafici - la signora Lario è del 1956, il Cavaliere ha vent'anni di più - Veronica avrebbe deciso di negare la consensuale in modo da non escludere un suo ruolo come possibile erede.
E se Berlusconi decidesse comunque di andare avanti con il divorzio, visto che nella primavera del 2012 scadrà il canonico triennio di separazione, s'imbarcherebbe in un divorzio per colpa per il quale - a leggere i giornali - non mancherebbero alla controparte gli argomenti.
Con le attuali norme successorie, se per ipotesi Veronica dovesse essere ancora coniugata Berlusconi quando Berlusconi non ci fosse più, a lei andrebbe il 25% dell'eredità , mentre un altro 50% andrebbe diviso in parti uguali tra i cinque figli. Assieme ai tre figli, insomma, avrebbe il 55% del 65% della Fininvest oggi in mano al Cavaliere, che aggiunto al 21,4% già in possesso dei tre Berlusconi più giovani assicurerebbe la maggioranza assoluta della holding.
Ma anche se alla fine divorzio sarà , la norma infilata ieri nel decreto sviluppo servirà - come molti sospettano - proprio a risolvere la vicenda dei Buddenbrook di Arcore? Nell'entourage legale del Cavaliere il testo viene apparentemente disconosciuto. «Non ne ho mai sentito parlare - taglia corto l'avvocato di fiducia e parlamentare Niccolò Ghedini - e comunque non vedo il problema».
Di fatto con regole che lasciano maggiore autonomia al genitore nel decidere il Patto di Famiglia e - nel caso in cui a spartirsi l'eredità siano solo i figli - permette di dividere in parti uguali solo un terzo del patrimonio, distribuendo poi in proporzioni diverse il restante terzo, il progetto del Cavaliere di una divisione alla pari tra i due «ceppi» familiari potrebbe essere più vicino.
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