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1 - DA GIARDA A POLVERINI L'INCASTRO DEI SOTTOSEGRETARI
Dino Martirano per il "Corriere della Sera"
Alcune autocandidature sono già arrivate sul tavolo di Dario Franceschini, neoministro per i Rapporti con il Parlamento, che avrebbe ricevuto dal presidente del Consiglio una «delega informale» per coordinare la spinosa trattativa sui viceministri e sui sottosegretari.
E il Pdl si è già attrezzato, affidando a un triumvirato - Denis Verdini, Renato Brunetta, Renato Schifani - il compito di frenare l'assalto dei pretendenti, e delle tante aspiranti, per selezionare una lista di nomi da presentare agli altri partiti. Il pacchetto di Scelta civica, invece, verrà confezionato dal ministro Mario Mauro d'intesa con il capogruppo alla Camera Lorenzo Dellai e il coordinatore politico Andrea Olivero.
Il problema della ex strana maggioranza, ora, è quello di stabilire le regole di ingaggio per la trattativa. Innanzitutto, c'è da capire se il Consiglio dei ministri di venerdì (ancora non convocato) farà in tempo: infatti l'organigramma delle poltrone di governo - sarebbero tra 40 e 50 - dovrebbe assumere una forma compiuta entro lunedì 6 maggio quando i partiti che sostengono Letta inizieranno a prendere di petto anche le presidenze delle commissioni permanenti. Si passerà poi ai presidenti delle giunte di garanzia (Copasir, Vigilanza Rai, giunte) reclamate dal M5S che però se la dovrà vedere con Lega, Fratelli d'Italia e Sel.
Franceschini ha già dato un segnale: ha ripristinato la vecchia dizione del suo ministero (Rapporti con il Parlamento e coordinamento dell'attività di governo) e ha preso possesso di una stanza a Palazzo Chigi invece di fermarsi negli uffici di Galleria Colonna.
E se verrà utilizzato lo schema del governo Monti, questo piccolo ma strategico ministero potrà contare su due sottosegretari che dovranno rincorrere i disegni di legge nelle 28 commissioni permanenti: tra i nomi in ballo c'è quello di Giampaolo D'Andrea (Pd), uno dei sottosegretari uscenti. Invece, per l'ex ministro Piero Giarda (Rapporti con il Parlamento) c'è chi ha messo in cantiere un posto da sottosegretario all'Economia (o addirittura da viceministro) che affianchi il super tecnico Fabrizio Saccomanni. In via XX Settembre, tornerebbe poi Luigi Casero del Pdl che è già stato sottosegretario con Tremonti. Giovanni Legnini e Francesco Boccia sarebbero invece gli uomini del Pd per l'Economia.
Resta da vedere però, se le regole d'ingaggio escluderanno gli ex sottosegretari. Se così fosse, anche il senatore Marco Minniti (Pd) non potrebbe tornare al Viminale magari come viceministro. Nel Pd, tuttavia, sebbene il gruppo dirigente sia dimissionario, per il ministero dell'Interno è pronto il responsabile della sicurezza Emanuele Fiano. Per la Difesa c'è, invece, il nome di una donna: quello di Rosa Calipari del Pd.
Delicatissima è anche la nomina dei sottosegretari alla Giustizia: per il Pdl sono in pole position Enrico Costa, Antonio Leone, Francesco Paolo Sisto e Jole Santelli mentre il Pd potrebbe proporre il nome di Donatella Ferranti (già capogruppo in commissione Giustizia).
Al Lavoro prendono quota l'economista Carlo Dell' Aringa (Pd) - ma c'è anche l'ex ministro Cesare Damiano - e l'ex sindacalista Renata Polverini (Pdl). Alle Riforme, infine, potrebbe andare Pino Pisicchio (Centro democratico), grande esperto di legge elettorale. Se però si avvererà la profezia dell'ex deputato del Pdl Mario Pepe - «Ci sarebbe un'incompatibilità tra mandato parlamentare e ruolo di governo» - il gioco ad incastro andrà fatto daccapo.
2 - PRIMI SCOGLI SUI SOTTOSEGRETARI
Paolo Festuccia per "la Stampa"
Il dossier è ancora chiuso in un cassetto del governo. E prima di venerdì la fumata sui sottosegretari non ci sarà . Certo, qualche nome comincia già a circolare, (sia nel Pdl che nel Pd come anche tra i montiani) ma i ben informati fanno notare che le nomine non potranno essere fatte, comunque, se non dopo l'assegnazione delle deleghe ai ministri. E quindi, non prima di venerdì quando il presidente del consiglio Enrico Letta avrà chiuso il suo primo tour europeo.
Solo dopo, la pratica sarà presa in considerazione. E i criteri non potranno che ricalcare nei fatti, sia quanto accaduto nella scelta dei ministri che le modalità messe in campo dal precedente governo guidato da Mario Monti: pochi membri e competenti. Allora ne furono nominati 25 (più tre vice ministri) ma il governo aveva una prospettiva di un anno, stavolta si osserva «qualche deroga potrebbe anche arrivare perché la prospettiva appare maggiore, e perché alcuni ministri ai tempi di Monti non avevano nemmeno il sottosegretario».
L'asticella, quindi, potrebbe chiudersi poco sotto i quaranta elementi (o appena sopra), non certo tantissimi e comunque pochi per chiunque ipotizzava di lenire tensioni «smistando» poltrone e presidenze di commissione. Anche in questo caso, insomma, il governo sarà parco. E molti acuti osservatori, infatti, non mancano di sottolineare che per sminare le troppe tensioni era necessario rimandare dopo la doppia fiducia la partita sottosegretari e presidenti di commissione.
Certo i partiti discutono, trattano, e al loro interno «promettono» incarichi, ma nel finale di giro toccherà sempre al governo decidere. E se la linea vincente è quella tracciata per i ministri, anche per vice e sottosegretari la strada potrebbe essere analoga. Dunque, nessun «ex» con buona pace per falchi e colombe. E del resto, anche lo stesso Gasparri nelle ultime ore faceva notare che «sarebbe strano che un ex ministro accetti un posto di sottosegretario...».
Ma mai dire mai. E intanto qualche nome circola. Quello di Stefano Fassina, ad esempio, come vice all'Economia ma anche quello di Boccia alla Bilancio, Damiano o Baretta al Lavoro, Bernabò Bocca al Turismo. Capitolo a parte, invece, la Bicamerale per l'informazione sulla Rai e soprattutto il Copasir: la prima pare destinata al Movimento 5Stelle la seconda è in ballo tra Sel e Fratelli D'Italia (Ignazio La Russa).
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