STATALE, TI FAREMO TANTO MALE - LA SUPPOSTINA CHE IL GOVERNO RENZI HA PREPARATO SI CHIAMA “MOBILITÀ”: OVVERO SPOSTARE I DIPENDENTI PUBBLICI NEGLI UFFICI DOVE MANCA IL PERSONALE, ANCHE A COSTO DI OBBLIGARLI

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Paolo Fantauzzi per "l'Espresso"

I "camminatori" dei ministeri dovranno farsene una ragione. Per anni gli addetti alla consegna dei documenti da un ufficio all'altro hanno incarnato la quintessenza dello spreco: l'impiego statale usato come ammortizzatore sociale per coltivare consenso e clientele, senza badare agli interessi e ai costi per la collettività. Adesso, con un Paese in recessione e un'opinione pubblica sempre meno disposta a tollerare sperperi, anche i "commessi di piano" (secondo la qualifica formale) rischiano di dover fare le valigie. Nessun licenziamento, per carità. Ma un trasferimento dove potranno rendersi più utili probabilmente sì.

Annunciata ciclicamente da tutti gli esecutivi, neppure il governo Renzi ha rinunciato a promettere una riforma per rendere efficiente la Pubblica amministrazione. Del resto non occorre essere accecati dal furore ideologico anti-fannulloni per rendersi conto delle disparità che affliggono la macchina statale: musei e sportelli chiusi al pubblico per carenza di organico a fronte di uffici con fin troppo personale, più impegnato nelle pause sigaretta che al disbrigo delle pratiche.

PARTITA DOPPIA .
La parola chiave è "mobilità", traduzione pratica del principio dei vasi comunicanti: spostare i lavoratori in eccesso laddove sono insufficienti per raggiungere l'equilibrio ottimale. Insomma, considerare lo Stato come un unico grande registro contabile con un "dare" e un "avere" accanto a ogni ministero, ente o istituto. Tanto più che, se andrà in porto, l'abolizione delle province implicherà il ricollocamento di migliaia di dipendenti (attualmente sono 57 mila). Facile a dirsi, molto meno a farsi.

Per gli statali infatti la mobilità già esiste ma sfiora l'1 per cento, anche per effetto del blocco delle assunzioni e dei tagli lineari, che dal 2006 hanno ridotto gli effettivi di 300 mila unità (da 3,6 a 3,3 milioni). Risultato: le amministrazioni non concedono il nulla osta e i lavoratori rimangono dove non vogliono stare, magari controvoglia e senza stimoli. Per questo il piano delineato dal commissario Carlo Cottarelli prevede di giocare su più tavoli utilizzando le norme esistenti.

A cominciare dagli interpelli per coprire i posti vacanti, che riguarderà anche i travet degli enti locali, finora esclusi. La mappa delle eccedenze c'è già, lasciata in eredità dai governi Monti e Letta con le loro spending review: in ogni comparto in eccedenza ci sarà una serie di scelte a disposizione, con tanto di incentivi economici per chi accetterà di spostarsi. «Poi però tireremo dritti: non ci possiamo più permettere gente che si gira pollici da un lato e cause che vanno in prescrizione per mancanza di personale dall'altro» spiegano da Palazzo Chigi.

Tradotto: se rimarranno degli squilibri, i trasferimenti verranno imposti d'ufficio su base regionale e fino alla possibilità di arrivare al licenziamento, malgrado il rischio di una mole colossale di contenziosi davanti ai Tar. Intanto a livello locale la mobilità pare fare proseliti: a Pompei il direttore generale Giovanni Nistri ha chiesto "in prestito" al municipio tecnici e operai per gli scavi e a Roma il sindaco Ignazio Marino intende usarla fra i 37 mila lavoratori della gigantesca holding comunale.

CACCIA AL TESORETTO.
Per abbassare l'età media (55 anni per i dirigenti e 48 per i dipendenti, fra le più alte d'Europa) si ricorrerà ai prepensionamenti (circa 8 mila), in modo da risparmiare sugli stipendi più elevati e con una parte delle economie assumere giovani, assai meno costosi. Senza tuttavia escludere il ricorso al cosiddetto collocamento in disponibilità: l'80 per cento della retribuzione base per 24 mesi, necessari a maturare il diritto alla pensione o trovare un altro impiego.

Per le qualifiche più basse, ci sarà invece un nuovo utilizzo dell'esonero dal servizio, lo scivolo che consentiva di restare a casa gli ultimi 5 anni a stipendio dimezzato ma a parità di versamenti: adesso bisognerà prestare almeno qualche ora di lavoro a settimana. Nel complesso, un'operazione di tale portata da richiedere un cospicuo plafond. Eppure questo grande risiko potrebbe essere a costo zero per le casse dello Stato.

Fra le pieghe del bilancio Inps si nasconde infatti un bel gruzzolo: il Fondo credito dell'Inpdap, che concede prestiti e mutui a tassi agevolati ai dipendenti pubblici ed è alimentato con una trattenuta dello 0,35% sulle buste paga. Un tesoretto da due miliardi e mezzo l'anno che potrebbe essere trasformato in un fondo di rotazione con cui pagare incentivi, scivoli e nuove assunzioni.

UFFICIALE DI CANCELLERIA.
Se la trama è ancora da imbastire, il punto di partenza è certo: spostare negli uffici giudiziari, storicamente sotto organico, il personale della Difesa, che nei prossimi dieci anni dovrà tagliare 20 mila militari. Stando alla Nota aggiuntiva al bilancio di previsione, firmata dal ministro Mario Mauro nei mesi scorsi, solo nel 2014 le Forze armate dovranno rinunciare a 289 ufficiali, 1.348 sottufficiali e 1.562 civili. Al netto dei prepensionamenti, l'intenzione è di rinforzare Procure e tribunali per smaltire gli arretrati.

Non tutto però è così facile. Le perplessità sono ancora molteplici, a cominciare da una malcelata diffidenza verso i graduati («arriveranno qui e pretenderanno di comandarci a bacchetta ma questo non è l'esercito», il refrain ricorrente raccolto da "l'Espresso"). A parità di profilo, inoltre, il lavoro in ambito giudiziario richiede una formazione che comporta costi e tempi aggiuntivi. Ma alla base del disappunto c'è soprattutto l'aspetto economico: da tempo immemore il ministero della Giustizia non sigla accordi per gli avanzamenti di carriera. E quando si resta inquadrati nella stessa posizione per anni e gli straordinari vengono pagati dopo mesi e mesi, la disponibilità a vedersi scavalcare da nuovi colleghi meglio retribuiti è ben poca.

GIUSTIZIA ONLUS.
Secondo una recente stima negli uffici giudiziari servirebbero almeno 8.500 impiegati per riempire i buchi. «Nemmeno la riforma Severino, che ha chiuso i tribunali minori e accorpato le sezioni distaccate, è riuscita a recuperare davvero personale: ognuno si è portato appresso il proprio carico di lavoro e la situazione è rimasta sostanzialmente la stessa» afferma Nicoletta Grieco, coordinatrice Fp-Cgil Giustizia.

Così non resta che andare avanti a colpi di straordinari e sacrifici. A Brescia, uno dei casi più gravi, gli organici sono dimezzati, tanto che diversi lavoratori andati in pensione hanno deciso di continuare a collaborare gratuitamente. Mentre gli assistenti giudiziari, fondamentali nelle udienze, sono costretti ai doppi turni per non far saltare i dibattimenti.

 

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