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1- UNIONI E DIRITTI, SVOLTA UE: "LA FAMIGLIA Ã ANCHE GAY" E STRASBURGO ORA PREME PER LE QUOTE ROSA IN AZIENDE E PARTITI
Marco Zatterin per "la Stampa"
Il Parlamento europeo si divide sulle coppie gay. Per venti voti il fronte popolare e i partiti della destra non sono riusciti a cancellare il punto 7 della risoluzione sulla «Parità dei diritti fra uomo e donna» approvata ieri, testo che «si rammarica dell'adozione da parte di alcuni stati di definizioni restrittive di "famiglia" con lo scopo di negare la tutela giuridica alle coppie dello stesso sesso e ai loro figli». L'emendamento è stato bocciato con 342 voti contrari a fronte di 322 favorevoli.
Così è rimasto agli atti di Strasburgo anche il principio secondo cui la maggioranza, e dunque l'assemblea, ricordano che «il diritto va applicato senza discriminazione sulla base di sesso o orientamento sessuale, in conformità della Carta dei diritti fondamentali».
Non è un atto vincolante, ma è destinato a fare scalpore in un momento in cui il confronto sul ruolo della famiglia si sta facendo particolarmente acceso. «La sinistra delle nozze gay» è stata attaccata ancora sabato dal leader del Pdl, Angelino Alfano, suscitando parecchie repliche velenose dagli attuali alleati di governo.
Strasburgo l'ha decisa diversamente, ed il riferimento alla libertà di coppia emerge da documento di ampio respiro - passato coi voti di socialisti & democratici (italiani non compatti), verdi e sinistra-sinistra -, che affronta il nodo diritti fondamentali, soprattutto per quanto concerne il genere.
Per questo si occupa in primo luogo di donne, chiedendo alla Commissione Ue di presentare un testo che disciplini le quote rose ai vertici delle aziende e suggerisce di fare altrettanto per le elezioni politiche. Qui invita a ridurre differenziale retribuito fra uomini e donne a chiudere in fretta la proposta, ora all'esame dei consiglio (cioè dei governi), che garantisce il congedo di maternità retribuito nell'Ue.
La relatrice Sophia in't Veld, liberale olandese, ha ampliato il discorso anche ai diritti degli omosessuali. Il che ha fatto infuriare i popolari, col capogruppo del Pdl Mario Mauro che denuncia: «Si è cercata con un approccio strumentale l'occasione per uno scontro di natura ideologica al quale ci siamo opposti compatti». Irritata la leghista Bizzotto, per la quale «la famiglia omosessuale non esiste e non esisterà mai».
Divisioni a sinistra, dove Silvia Costa si è astenuta sul punto 7 perché «l'unione fra persone dello stesso non può essere equiparata a una famiglia, ma si possono riconoscere dei diritti legato alla convivenza». Mentre Debora Serracchiani l'ha votata: «Il Parlamento sa guardare lontano, delineando una definizione di famiglia che prospetta il futuro e che ritrae molte situazioni esistenti».
La risoluzione affronta in effetti questioni variegate. Chiede lo sblocco della direttiva che applica il principio di parità di trattamento fra le persone, indipendentemente da religione o convinzioni personali, disabilità , o l'orientamento sessuale, e ne auspica l'approvazione entro giugno.
Sollecita la Commissione Ue «a elaborare proposte per il riconoscimento reciproco delle unioni civili e delle famiglie omosessuali a livello europeo tra i paesi in cui già vige una legislazione in materia», con lo scopo di evitare discriminazioni per lavoro e previdenza, così da «proteggere i redditi dei nuclei familiari». E' solo un appello. Ma è il classico caso di cui si sentirà parlare ancora.
2- HANNO VINTO I GAY
Vittorio Sgarbi per "il Giornale"
Che l'Europa cristiana imponga agli Stati membri attraverso un voto del Parlamento europeo, la sovversione di principi morali, avrebbe certamente turbato Benedetto Croce e Altiero Spinelli. à vero che la pronuncia del Parlamento sancisce in linea di principio o di quelle che si chiamano «pari opportunità », l'uguaglianza di diritti e di doveri e con ciò, come in Spagna, la legittimazione delle unioni di fatto equiparate ai matrimoni.
Nozze gay, dunque. Perché negare a due uomini o due donne di unirsi come sposi, in una regolare famiglia riconosciuta dallo Stato? Possono forse i sentimenti essere limitati dai sessi? E per chi segue i precetti di una religione i principi morali vigono comunque, come scelta di fede, senza ledere i diritti civili di chi non crede.
Tutto giusto, e logico, all'apparenza. Perché le religioni e i principi morali devono invadere la sfera dello Stato? E perché la famiglia deve ispirarsi alla famiglia cristiana? Qualche ragione ci potrebbe essere. Ma non dobbiamo occuparci di questo e neppure di essere una società a maggioranza cristiana. Questa condizione non ha impedito l'introduzione del divorzio. Se uno è cattolico praticante non divorzia. Ma la questione della famiglia e delle unioni è più spinosa. Infatti le ragioni che hanno mosso e muovono queste rivendicazioni non sono di natura etica, ma pratica.
E riguardano l'assistenza, l'eredità , le pensioni. Da anni la libertà amorosa e la pubblica dichiarazione del proprio orientamento sessuale sono largamente riconosciute. Sono scomparse le figure della ragazza madre e del «finocchio» costretto nel suo ghetto. Dunque cosa pretendere ancora? E qui si apre la resistenza di un governo alle prese con il contenimento della spesa pubblica.
Il presidente del Consiglio Mario Monti, non per questioni di principio, o perché cattolico praticante, ma perché tutore della stabilità del bilancio dello Stato, come è intervenuto sui limiti temporali delle pensioni, così non potrà moltiplicare le pensioni di reversibilità invocate e pretese non appena entrate in vigore le unioni di fatto. Morto un uomo il suo giovane compagno potrà , come una moglie, ottenere i benefici della pensione.
Quello che valeva soltanto per marito e moglie, varrà per marito e marito e moglie e moglie, in un vertiginoso incremento della spesa pubblica. E, dal momento che ragioni materiali, non ragioni morali, hanno determinato la decisione del Parlamento europeo, Monti dovrà impedire la bancarotta dello Stato, limitando l'efficacia delle unioni di fatto alla sola sfera etica. Solo così si potrà salvare lo Stato da una certa dissoluzione. Economica, non morale.
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