TARANTELLE TRA PROCURE - AI PM ROMANI L’IPOTESI AVANZATA DAI COLLEGHI DI NAPOLI DI INDAGARE IL BANANA PER AVER INDOTTO GIANPI A RILASCIARE FALSE DICHIARAZIONI (OGGI IL VERDETTO DEL RIESAME) NON VA GIÙ: VIENE VISTA COME IL TENTATIVO DI DIROTTARE IL PROCESSO SUI PRESUNTI RICATTI AL CAVALIER PATONZA OVUNQUE, TRANNE CHE NELLA CAPITALE - LEPORE E I SUOI OPTEREBBERO PER LECCE, MA ROMA AVVERTE: ‘FINIRÀ CON CONFLITTO DI COMPETENZA’…

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1 - PM ROMANI VS PM NAPOLETANI
Massimo Martinelli per "il Messaggero"

La consegna sarebbe quella del silenzio. Perché al piano nobile della procura di Roma vogliono evitare qualsiasi polemica strumentale almeno fino a quando il tribunale del Riesame di Napoli non deciderà (oggi pomeriggio) sulla scarcerazione di Giampi Tarantini, detenuto per la presunta estorsione nei confronti del premier nella vicenda delle escort a cena a Palazzo Grazioli.

Eppure lo stato d'animo di chi governa il più grande ufficio inquirente d'Europa è decisamente contrariato. Perché a quell'ipotesi dei colleghi napoletani formulata davanti al Riesame, di indagare anche il Cavaliere per il reato di induzione a rilasciare false dichiarazioni al pm, viene dato un significato preciso. Che appare decisamente offensivo per la procura romana.

E' per questo che, seppure in via informale, dagli uffici di vertice di piazzale Clodio arriva una sorta di dichiarazione d'intenti preventiva sulla rotta da seguire nei prossimi giorni. «La competenza di questa procura è già stata stabilita in maniera netta dal gip di Napoli - fa osservare un alto magistrato capitolino - A questo punto, anche se i colleghi napoletani dovessero decidere di iscrivere il presidente del Consiglio nel registro indagati per un reato contrario a quello che avevano ipotizzato all'inizio, peraltro chiedendo l'arresto di tre persone, in ogni caso dovrebbero mandare a noi tutto l'incartamento».

Se questo non dovesse avvenire, qualunque sarà la decisione degli uffici giudiziari partenopei sulla posizione del premier, da Roma fanno sapere con nettezza: «Finirà con un conflitto di competenza, dovrà decidere la Cassazione».

A rendere minime le possibilità di dialogo sono le voci insistenti arrivate a Roma sul reale obiettivo delle toghe partenopee, di dirottare il processo Tarantini-Lavitola-Berlusconi in qualsiasi ufficio giudiziario, ad eccezione di Roma. Con preferenza per la procura di Lecce, che ha dimostrato una certa sollecitudine nell'iscrivere nel registro indagati il procuratore di Bari, Antonio Laudati (considerato molto vicino all'ex Guardasigilli Alfano), per i reati di abuso d'ufficio, favoreggiamento e tentata violenza privata nell'ambito di una presunta attività di ridimensionamento dell'indagine barese sulle escort a palazzo Grazioli.

Tutto questo darsi da fare dei colleghi napoletani viene interpretato a Roma come l'ennesima manifestazione di una mancanza di fiducia nei vertici della procura capitolina, non considerata abbastanza indipendente dal potere politico per condurre un'indagine del genere. E' per questo che dai vertici di piazzale Clodio ieri sono cominciati a filtrare i mal di pancia: «Non si capisce se questa nuova ipotesi di reato a carico del premier, formulata dai colleghi di Napoli, sia frutto di una rilettura delle loro carte, che adesso sono depositate da noi - spiega un alto magistrato - oppure sia il risultato di accertamenti nuovi, dei quali evidentemente non siamo stati informati.

In entrambi i casi la competenza a stabilire cosa è successo tra Berlusconi e Tarantini attraverso Lavitola è stata assegnata a noi. E siccome non mi pare possibile che ci possano essere due inchieste separate condotte da procure diverse sulla stessa condotta delittuosa, se i magistrati di Napoli dovessero insistere, la questione della competenza dovrà essere risolta una volta per tutte dalla Corte di Cassazione».

2 - LA PROCURA DI NAPOLI SAREBBE CONVINTA CHE LA COMPETENZA SIA DI LECCE
Leandro Del Gaudio per "il Messaggero"

A rileggerle tutte insieme, le carte di queste inchieste che si intrecciano a Napoli, ma anche a Bari e a Lecce, i magistrati partenopei avrebbero maturato una convinzione: non sarebbe la procura romana la più competente a sbrigliare la delicata matassa. Ma bensì quella di Lecce, che da mesi sta cercando di mettere a fuoco una presunta attività di insabbiamento dell'inchiesta madre sulle escort a Palazzo Grazioli, scaturita nel 2009 dalle rivelazioni di Patrizia D'Addario.

E' per questo che da qualche giorno le toghe napoletane hanno avviato un fitto scambio di informazioni con i colleghi pugliesi, anche se la scorsa settimana il gip di Napoli, Amelia Primavera, ha assegnato a Roma la competenza a proseguire le indagini sulla presunta estorsione del duo Lavitola-Tarantini ai danni del premier.

In attesa del Riesame, che oggi potrebbe decidere definitivamente la sorte del fascicolo, a Napoli resta radicato un filone investigativo solido, frutto di un lavoro che va avanti almeno dal 2009. È il fascicolo sul ruolo di Valter Lavitola in giro per il mondo a stretto contatto con aziende di Finmeccanica, ma anche con esponenti del ministero degli Esteri (sebbene la Farnesina smentisca un ruolo chiave del faccendiere-giornalista) e con lo stesso Berlusconi. Quanto basta a rafforzare l'asse investigativo tra Napoli e Lecce, a sua volta titolare delle indagini che coinvolgono a vario titolo procuratore e pm baresi.

Quanto basta inoltre a lavorare anche sulle carte della procura di Pescara dove, in un'inchiesta per evasione fiscale, è stata acquisita una telefonata del 2009 tra Lavitola e il premier a proposito di nomine ai piani alti della Guardia di Finanza. Insomma, Roma, ma anche Napoli e Lecce.

Andiamo con ordine, dall'ultima mossa dei pm Francesco Curcio, Henry John Woodcock e Enzo Piscitelli, che hanno chiesto al Riesame di valutare l'articolo 377 bis, puntando l'indice contro Berlusconi: istigazione al silenzio o a rendere dichiarazioni mendaci, compiuta dal premier a carico di Tarantini.

Da vittima di estorsione a potenziale regista del comportamento processuale di «Gianpi». Reato consumato dove? Non certo a Roma - sembra di capire - ma a Napoli (dove Tarantini è stato arrestato e sottoposto a lunghi interrogatori ritenuti «mendaci» quando scagiona il premier), o a Bari, dove è nato il filone escort. Un'ipotesi che spingerebbe la competenza comunque a Lecce.

 

GIANDOMENICO LEPOREGIOVANNI FERRARA GIANPIERO TARANTINILAVITOLA E BERLUSCONI INSIEME A PANAMAIL PRESIDENTE DI PANANA, FRATTINI E LAVITOLAANTONIO LAUDATIPATRIZIA D'ADDARIOWOODCOCK E FRANCESCO CURCIOi pm napoli woodcock piscitelli curcio