TERZI SEPPELLISCE IL “POLITICAMENTE MORTO” MONTI

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Alberto D'Argenio per "la Repubblica"

«Un episodio del genere il Paese non lo aveva mai vissuto». Monti e Napolitano sono furiosi per le dimissioni in aula, per di più in diretta tv, di Giulio Terzi. Quando il premier sale al Colle per accettare l'interim alla Farnesina si trova d'accordo in tutto e per tutto con il Capo dello Stato. Vive la mossa del ministro degli Esteri come «un affronto istituzionale gravissimo » e un «tradimento» personale. E sullo sfondo si intravede quello che un collaboratore del premier chiama «operazione politica orchestrata dal centrodestra».
Di indizi ce ne sono, e tanti.

A Palazzo Chigi fanno notare gli applausi con i quali il Pdl ha accolto le dimissioni di Terzi. E qualche deputato ha anche telefonato per informare di averlo visto appartarsi con La Russa in un corridoio di Montecitorio prima di entrare in aula e dare l'annuncio choc. Lo stesso La Russa che poche ore dopo dichiarava: «Candidare Terzi? Mai dire mai...».

Oltre alle dimissioni in aula e senza preavviso a fare infuriare il premier è il modo in cui sono state preparate. Ieri mattina Terzi e Di Paola sono stati nell'ufficio di Monti per concordare l'informativa che avrebbero dovuto leggere in Parlamento e la linea accettata (anche da Terzi) era ben diversa.

Non solo, il titolare della Farnesina prima di andare a Montecitorio aveva mandato a Monti e al Quirinale un testo del suo intervento differente da quello che ha poi pronunciato in aula: non c'era alcun riferimento alle dimissioni e non compariva l'accusa al governo, «la mia voce è rimasta inascoltata» quando è stato deciso di riconsegnare i marò. Nessuno dunque sapeva delle dimissioni, nemmeno Di Paola che durante l'informativa sedeva al fianco di Terzi e che per la compostezza del suo successivo intervento ha riservatamente ricevuto i complimenti di Napolitano.

Oggi il premier in aula ricostruirà la vicenda per smentire la tesi di Terzi. Ricorderà che l'ex ministro non era d'accordo con la restituzione dei marò ma che non aveva messo la sua posizione a verbale quando, ottenuto garanzie da Nuova Delhi, era stato decisa la marcia indietro per salvaguardare la credibilità italiana e per non incappare in una guerra commerciale con l'India.

E smentirà la linea di Terzi secondo la quale l'11 marzo «tutti erano d'accordo» di tenere i marò in Italia. La verità, spiegano al governo risiede in una zona grigia. I consiglieri di Monti raccontano che in realtà su spinta di Terzi e Di Paola era stato riconosciuto da tutti che «in quel momento e a quelle condizioni non era possibile ridarli agli indiani». Una posizione che sarebbe dovuta rimanere riservata e usata nel negoziato per ottenere dagli indiani garanzie sul loro trattamento.

«Ma Terzi ha fatto una fuga in avanti», denuncia chi nel governo si è occupato del dossier, e «per ambizione personale» con un comunicato della Farnesina ha annunciato la decisione di far rimanere a casa Latorre e Girone facendo rimanere di stucco Palazzo Chigi e il Quirinale, poi costretti, appena 10 giorno dopo, a fare marcia indietro.

E qui arriva il movente politico di un ministro, raccontano diversi suoi ex colleghi, sospettato di flirtare con il Pdl. Con Fini, suo ex sponsor, ormai poco influente, sospettano che si sia avvicinato al centrodestra berlusconiano. Si racconta di un suo pranzo al Circolo della Caccia con il Cavaliere prima delle elezioni, della possibilità saltata all'ultimo di candidarlo al Senato e poi l'ipotesi di farlo correre come sindaco a Bergamo.

«Ora - attacca un ministro - al Pdl o a Fratelli d'Italia candidarlo farebbe molto comodo, siamo davanti a una strumentalizzazione politica che danneggia il Paese e soprattutto i due marò». Di tutto questo Monti parla con i suoi ministri. Con la Severino che a suffragio dei sospetti rilegge al premier l'intervista a Repubblica nella quale Terzi difendeva la decisione di far ripartire i marò e respingeva la necessità di dimissioni. Ecco perché, alla luce dei sospetti sul centrodestra, ora a Chigi in molti sperano che «un nuovo governo arrivi al più presto». Il clima per i tecnici è ormai invivibile.

 

 

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