DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Gianni Barbacetto per "il Fatto Quotidiano"
Un viaggio negli Stati Uniti del giudice Antonio Esposito per preparare la caduta di Silvio Berlusconi, a causa dei suoi rapporti con Vladimir Putin e con lo zampino, immancabile, della Cia. È lo scenario fantapolitico che emerge tra le carte del procedimento avviato a Brescia contro Ferdinando Esposito, figlio di Antonio. Quest’ultimo è il presidente di sezione della Cassazione che rese definitiva, nell’agosto 2013, la condanna a Berlusconi nel processo Mediaset. Il figlio Ferdinando, sostituto procuratore a Milano, è sotto procedimento penale a Brescia con l’accusa di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.
A denunciarlo è un suo amico conosciuto a Budapest, l’avvocato Michele Morenghi, che dopo aver rotto con lui inonda le procure di esposti e denunce. Lo accusa di non avergli restituito 7 mila euro che gli aveva prestato; di pressioni per fargli firmare il contratto d’affitto dell’attico milanese in cui il magistrato viveva; di avergli sottratto documenti, un paio di gemelli d’argento, perfino una cravatta. Morenghi produce, scrive il gip di Brescia, una serie “alluvionale di accuse” a Esposito, in “numerosissime dichiarazioni ed esposti-denunzie presentati all’autorità giudiziaria”.
Tra questi, c’è un esposto alla procura di Perugia, in cui racconta la storia del viaggio in America. Nel 2012 si tiene a Washington, come ogni anno, la cerimonia in cui il Niaf, l’Associazione degli italoamericani, premia i compatrioti che si sono distinti nel mondo. Tra gli invitati, anche Antonio e Ferdinando Esposito, insieme all’allora più noto Vitaliano Esposito, procuratore generale presso la Cassazione, fratello di Antonio e zio di Ferdinando. Vitaliano è ospite d’onore alla cena di gala, insieme all’allora sindaco di Roma Gianni Alemanno e alla presenza di Barack Obama.
Nei giorni del loro soggiorno americano, i tre magistrati italiani sono ricevuti anche da un giudice della Corte suprema americana. Ebbene, chiede Morenghi, “da cittadino voglio sapere che cosa è successo”: “ho chiesto alla Procura di Perugia di verificare chi hanno incontrato gli Esposito a Washington, se gli sono stati consegnati dei documenti” e se hanno avuto “ipotetici rapporti con il Central Intelligence Agency americano”. Questo dopo che Wikileaks ha scritto di “rapporti tra Putin e Berlusconi”. Conclude sibillino Morenghi: “Ritengo mi corra il dovere di riferire che il mio nominativo è professionalmente conosciuto al Fbi di Washington”.
VITALIANO ESPOSITO E SILVIO BERLUSCONI
Non conosciamo ancora la sorte a Perugia di questo esposto. Sappiamo invece che cosa ha deciso il giudice di Brescia su Ferdinando. Morenghi secondo il gip ha “profili di non esemplare attendibilità soggettiva”: perché è “animato da evidenti profili di risentimento e livore nei riguardi dell’Esposito”; “per alcune aporie e criticità nel suo narrato”; e “per i tratti di non perspicua linearità nel comportamento dello stesso Morenghi in relazione al rapporto di frequentazione amicale intessuto con Esposito”. Morenghi per mesi lo ha frequentato da amico, annotando però accuratamente gli appuntamenti e le persone frequentate, tra cui Berlusconi, incontrato più volte ad Arcore, dove Esposito era andato sperando di ottenere un incarico in politica o un posto al ministero.
Questo nel 2012 e nel 2013, prima che il padre Antonio avesse il processo in Cassazione. Morenghi non è attendibile e comunque i comportamenti di Esposito nei suoi confronti, benché siano deontologicamente tutt’altro che cristallini, non sono reato: così decide il gip, che rigetta la richiesta di misura cautelare (la sospensione da magistrato). Però dispone che siano trasmessi al pm gli atti in relazione a un altro possibile reato: l’essersi fatto dare soldi (più di 10 mila euro) da un altro amico, il commercialista Franco Confalonieri, “abusando della propria qualità di magistrato inquirente”. Infatti lo porta con sé in procura e lo presenta a un paio di colleghi pm, tra cui Maurizio Ascione, a cui chiede di “affidargli qualche consulenza”: “Dai, nomina Confalonieri”, gli dice con tono scherzoso, “che po’ spartimm” (“dividiamo”).
Ascione si guarda bene dal nominarlo. Poi Esposito viene denunciato e Ilda Boccassini compie alcuni atti d’indagine a suo carico, prima di passare il fascicolo a Brescia, competente a indagare sui magistrati di Milano. Esposito intanto invia una lettera ad Ascione, in cui ricapitola la vicenda. Ma in conclusione, scrive: “Inventiamoci qualcosa... potremmo concordare una versione con Gennarino e poi dirmela per quando sarò interrogato. È una cazzata ma è importante che le versioni coincidano”.
Gennarino è il poliziotto che aveva accompagnato la fidanzata di Esposito a una visita medica, “ma fuori dall’orario di lavoro”, giura Esposito. Quella lettera è comunque un invito a concordare le versioni, dunque un tentativo di inquinamento probatorio: Ascione porta subito la lettera al procuratore Edmondo Bruti Liberati e ora saranno i magistrati di Brescia a proseguire l’indagine.
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