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P.D.C. per il “Corriere della Sera”
Dodici obiettivi, qualche speranza e una minaccia velata. Chi credeva nella possibilità in una Brexit «soft» e di una separazione sfumata piuttosto che un divorzio netto, si è scontrato con la realtà. Il ritornello «Brexit vuol dire Brexit» ha da ieri molti versi in più: l'uscita dall' Ue, ha spiegato il primo ministro Theresa May, significa anche l' addio al mercato comune, un limite all' immigrazione europea e un nuovo accordo «ampio, coraggioso e ambizioso».
Con un discorso di circa 45 minuti ad ambasciatori ed esponenti del governo, la premier ha illustrato il tragitto che ha in mente per arrivare, attraverso la Brexit, alla costruzione «di un Paese più forte, più equo, più unito e più globale». Ha esordito con un tono conciliante. La Gran Bretagna «lascia l'Ue, ma non l' Europa». «Il voto del referendum - ha affermato - non equivale a un rifiuto dei nostri valori comuni». È importante che la Brexit funzioni non solo per il Regno Unito, ma anche per l'Unione Europea. «Il successo dell' Ue è nel nostro interesse».
May ha concluso l'intervento, invece, con parole dure e intransigenti. «Meglio nessun accordo che un accordo cattivo», ha sottolineato. Se dopo due anni di negoziati la Gran Bretagna dovesse trovarsi in un vicolo cieco, è disposta a lasciare le trattative e andarsene senza arrivare a un'intesa. «Non credo che succederà», ha assicurato, ma intanto ha lanciato l'idea. «Ci sono voci che chiedono un accordo punitivo per la Gran Bretagna», ha ammesso: sarebbe un autogol «catastrofico» per l'Ue e non «l' atto di un' organizzazione amica».
May non è per le mezze misure. È contraria a «una parziale associazione con l' Ue, che ci lasci metà dentro e metà fuori»: chiede, invece, la creazione di un accordo non sul modello norvegese o svizzero, bensì «un' alleanza reciproca tra partner uguali». «Vogliamo le vostre merci e che continuiate a comprare le nostre», ha spiegato. «Rimarremo una calamita per il talento internazionale, una dimora per i pionieri, un Paese internazionale che apprezza la diversità», anche se la porta non sarà più indiscriminatamente aperta.
THERESA MAY E L INCHINO ALLA REGINA ELISABETTA
La premier prevede la continuazione della collaborazione sulla sicurezza e l' intelligence nonché degli scambi accademici e scientifici. L' accordo finale, ha precisato, verrà sottoposto al voto della Camera dei Comuni e della Camera dei Lord prima di essere adottato, mentre la Brexit in sé, ovvero le misure del divorzio, verranno introdotte a fasi per assicurare una transizione «stabile e ordinata».
Il discorso ha sorpreso, per la durezza, i partiti all' opposizione: «È pieno di contraddizioni», ha detto il leader laburista Jeremy Corbyn, promettendo battaglia. «May vuole lasciare il mercato comune e allo stesso tempo vuole accesso. Non credo che sia un'opzione che possa piacere agli altri Paesi europei». Per Tim Farron, dei liberaldemocratici, «May ha illustrato perfettamente la visione di Nigel Farage per la Brexit». Lo stesso Farage si è detto piacevolmente sorpreso dalle parole della premier.
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