TIME OUT DI GUERRA - LA MOSSA DI PUTIN E L’OK DI DAMASCO FRENANO ANCHE IL SENATO USA

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Guido Olimpio per "Il Corriere della Sera"

Apertura vera o un tentativo di guadagnare tempo e indebolire la pressione di Barack Obama sul Congresso perché approvi un attacco in Siria dopo l'uso di armi chimiche da parte del regime di Assad?

La richiesta del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e l'immediata adesione di quello di Damasco, Walid al-Moallem, che ha promesso lo smantellamento dell'arsenale chimico siriano, potrebbe segnare un punto di svolta nella crisi: a Washington non manca lo scetticismo, visto che la Siria ha accumulato un arsenale chimico gigantesco e resiste da vent'anni a tutte le richieste della comunità internazionale di rinunciare a questi strumenti micidiali.

Anzi, fino a oggi non aveva nemmeno ammesso ufficialmente di possedere queste armi: nella minacciosa intervista di Bashar al-Assad che la Cbs ha trasmesso proprio ieri negli Usa, il presidente siriano parla del possesso di ordigni chimici come di una pura ipotesi.

Ma Barack Obama ha deciso di provare a dare credito a quest'ultimo tentativo di arrivare a una soluzione che eviti l'intervento militare Usa: «Prendiamo le proposte di Mosca e Damasco molto seriamente, anche se fin qui non avevamo visto gesti positivi.
Ma se gli arsenali chimici verranno eliminati davvero, non avremo bisogno di lanciare l'attacco» ha detto il presidente nelle interviste a sei reti Usa trasmesse ieri in tarda serata.

«Spero con tutte le forze che la crisi si possa risolvere senza un nostro intervento militare, ma non tolgo il piede dall'acceleratore (della richiesta di un voto del Congresso che autorizzi l'attacco, ndr) perché, se siamo arrivati a questa apertura, è solo perché c'è stata la pressione di una nostra credibile minaccia di intervento militare».

Obama ha aggiunto che ora toccherà al Segretario di Stato John Kerry verificare le reali disponibilità di Mosca e Damasco, ma ha mostrato un filo di ottimismo quando ha spiegato che nel breve colloquio informale avuto con Putin al G20 di San Pietroburgo ha avuto la sensazione che il presidente russo considera spaventosa la minaccia del gas e vuole eliminarla dagli arsenali. Mentre anche l'Iran, l'altro alleato della Siria, ha una forte avversione alle armi chimiche a suo tempo usate contro Teheran dall'Iraq di Saddam Hussein.

In ogni caso i fatti susseguitisi ieri in mattina nell'arco di appena un paio d'ore - prima la sortita di Kerry secondo il quale una rinuncia di Damasco al suo arsenale chimico potrebbe evitare l'attacco Usa, poi il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov che sollecita Damasco ad agire e la risposta positiva del regime di Assad, infine l'intervento del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon che chiede alla Siria di consegnare tutte le armi chimiche a un organismo internazionale che ne garantirà la distruzione e chiama in causa il Consiglio di Sicurezza - tutto questo ha già cambiato profondamente la dinamica della crisi.

Anche se Obama continua a preparare il suo discorso di mobilitazione che dovrebbe pronunciare stasera, il Senato che avrebbe dovuto votare già domani il via libera all'attacco ha deciso di rinviare tutto in attesa di sviluppi. Del resto la mossa di Mosca era stata accolta con interesse e speranza anche in Europa dal cancelliere tedesco Angela Merkel, dal premier britannico Cameron e dal ministero degli Esteri francese Fabius, mentre lo stesso Kerry aveva spiegato subito che gli Usa «non si faranno prendere in giro», aggiungendo però che, «se la proposta è seria, verrà valutata con attenzione».

Per Obama, che fino a ieri sembrava finito in un vicolo cieco, si apre uno spiraglio. Certo, quello di Damasco e del suo alleato russo rischia di essere solo un gioco di specchi, ma il presidente ha per la prima volta un terreno sul quale lavorare per rinunciare ai bombardamenti senza perdere la faccia.

 

BASHAR ASSAD VLADIMIR PUTIN ohn Kerry con il presidente Barack Obama LAVROV Ban Ki-MoonAngela Merkel