TORNA LA CARICA DEI 101 FRANCHI TRADITORI - PAOLO GUZZANTI: “AVETE AMMAZZATO PRODI, ORA SALVATE BERLUSCONI” - GILIOLI: “UN APPELLO ALLE PERSONE DI MERDA”

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1. SOLO SALVANDO BERLUSCONI IL PARLAMENTO POTRÀ SALVARSI
Paolo Guzzanti per "il Giornale"

Alla fine a dire sì o no alla decadenza di Silvio Ber­lusc­oni non sarà la giun­ta assediata dal bivacco dei me­dia, ma l'assemblea del Senato con voto segreto. Qualche setti­mana fa scrissi un articolo sul­l'orgoglio del Senato, sul prima­to del Parlamento, sul dovere del Senato a dare prova di rab­biosa autonomia, di privilegia­ta libertà, di riscossa nei con­fronti dell'antiparlamentari­smo.

Ieri ho cominciato a leggere con una punta di diffidenza l'ar­ticolo di Feltri sulla «bontà» del­l'attuale Costituzione, in rispo­sta alla crociata conservatrice del Fatto Quotidiano . Diffiden­za che si è subito dissipata per­ché Feltri ricorre all'espedien­te retorico di dare ragione al quotidiano di Padellaro sulla bontà della Carta costituziona­le, per sostenere che tanto pa­triottismo costituzionale deve ricondurre alla Carta origina­ria, non a quella già manomes­sa.

Io, come qualche lettore ri­corderà, vorrei che la Carta fos­se riscritta da capo a comin­cia­re dall'arti­colo primo per affermare che la nostra Repubblica è fondata non sul lavoro- co­sa che non si­gnifica nulla, visto che non si dice chi do­vrebbe forni­re i posti di la­voro, se il lavo­ro fosse davve­ro un diritto ­ma sulla liber­tà e la dignità del singolo cit­tadino. Feltri difendeva la versione origi­nale della Co­s tituzione che contene­va la tutela dei rappresentan­ti del popolo, per impedire che fossero mangiati vivi da poteri che non discendo­no da­lla legitti­mazione de­mocratica, ma dalla legit­timazione bu­r ocratica, compresa quella dei magistra­ti.

La tutela della libertà politica degli eletti del popolo è un car­dine di tutte le democrazie: il Parlamento non concede i suoi figli agli sbirri, non concede i suoi eletti alle galere, non ab­bandona i suoi membri all'ese­cutore di giustizia i cui carpen­tieri erigono il palco sotto le fi­nestre del Palazzo. Il nostro Pa­r­lamento non cedeva.

Non cede­va il dep­utato comunista Mora­nino che dopo la fine della guer­ra aveva assassinato delle don­ne che avrebbero potuto testi­moniare contro di lui, ma c'è di più: quando Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi furono condan­nati nel processo che li vide im­putati per aver sostenuto la tesi di un colpo di Stato ordito dal presidente Segni e dal generale De Lorenzo nel 1964, entrambi furono consegnati alla protezio­ne del Parlamento, affinché non andassero in galera,dall'al­lora segretario del Partito socia­lista italiano, Giacomo Manci­ni. E quella sottrazione alla gale­ra fu considerata allora una riaf­fermazione energica e orgoglio­sa del primato del Parlamento.

C'è di più: nel maggio del 1972 il Manifesto candidò Pie­tro Valpreda alle elezioni politi­che per farlo tornare libero do­po tre anni di detenzione con l'accusa di strage per l'attenta­to di piazza Fontana. L'anarchi­co non venne eletto ma uscì ugualmente di galera grazie a una legge votata dal Parlamen­to nel dicembre di quello stesso anno e che venne ribattezzata appunto «legge Valpreda.

Re­sta alla storia il fatto che il Parla­mento riuscì a sottrarlo alla pri­gione.
Quando eravamo una demo­crazia l'immunità non era con­siderata uno sciocco privilegio della «casta», ma una prerogati­va del popolo, lo scudo con cui il cittadino che porta su di sé il sacro peso della delega del so­vrano elettore, si difende dai po­teri esterni, dal braccio giudizia­rio dello Stato o da quello dei suoi uffici, polizie, servizi segre­ti. Il parlamentare era sacro per­ché il Parlamento è sacro, se an­che la democrazia è sacra. Se la libertà del parlamentare non è più sacra, allora il Parlamento è uno zombie e la democrazia è già morta.

La sacralità del Parlamento è stata da tempo stuprata e dun­que siamo già molto avanti nel processo di decomposizione della democrazia.

I parlamentari sono rincorsi dai facinorosi nelle strade. La leggenda nera del debito pub­blico causato dalle auto blu è stata somministrata in dosi da cavallo al popolo con gli sessi ef­fett­i manzoniani della caccia al­l'untore e della colonna infa­me. Assaltare il Parlamento e persino scalarlo come l'albero della cuccagna per coprirlo di drappi e scritte, è diventato uno sport. Invocare la galera, anzi­ché la libertà, è diventato uno stile di vita, anzi di morte del Parlamento.

Tuttavia qualche speranza c'è ancora: abbiamo assistito pochi mesi fa a una salutare ri­bellione del Parlamento quan­do, durante le elezioni del presi­dente della Repubblica, ben 101 patrioti parlamentari del Partito democratico rifiutaro­no di eleggere Romano Prodi. Fu un atto di vitalità del Parla­mento. Fu un atto di normalità del Parlamento.

Fra poche settimane sarà la stessa aula del Senato, qualsia­si cosa abbia deciso la giunta, a decidere della sorte del suo membro più votato. E lì si varrà la sua nobilitate. Lì si varrà il suo orgoglio, la sua indipenden­za. Avranno gli onorevoli sena­tori, quelli che una volta veniva­no chiamati anche in tempi mo­derni patres conscripti , il fegato di mandare al diavolo un ordi­ne, di distruggere la libertà di un rappresentante del popolo e decidere invece di proteggerlo e sottrarlo all'umiliazione degli arresti, per quanto mitigati?

Che faranno i cento e uno che ebbero coraggio pochi mesi fa? Che faranno tutti coloro che sanno che l'unica strada percor­ribile per questo disgraziato e ingannato Paese è quella di la­sciar vivere il governo in carica e dargli la chance di accompa­gnare i tenui indizi di una picco­la ripresa che potrebbe essere distrutta e calpestata da un trau­ma evitabile? Avranno i nostri eroi di Palazzo Madama la for­za interiore, il fegato e la volon­tà politica di dire no? Di opporsi gridando «Viva il Parlamento»?

Questa è la speranza non di Silvio Berlusconi, ma la speran­za u­ltima della democrazia par­lamentare. Perché se il Senato non saprà dire di no, se voterà come il pastore del gregge ordi­na, allora la sorte è segnata per­ché se le volpi - come diceva Craxi- finiscono i pellicceria, le pecore finiscono in macelleria.


2. APPELLO ALLE PERSONE DI MERDA
Alessandro Gilioli per http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/

Era inevitabile che ci si arrivasse, oggi eccolo qui: l'appello ai 101 piddini che impallinarono Prodi perché ora salvino Berlusconi.
Lo lancia il Giornale questa mattina, tramite Paolo Guzzanti che li definisce ‘patrioti', ne esalta il gesto come ‘atto di vitalità del Parlamento' e a loro appunto si appella, perché nel voto su Berlusconi 'si varrà la nobilitate del Senato'.

Ora, cosa siano stati i 101, si sa: gente che alla sera ha acclamato in modo unanime la scelta di Prodi al Quirinale e che di notte ha organizzato - con una regia - l'imboscata anonima. Il piano ha funzionato perfettamente: non solo per gli esiti sul Colle ma soprattuto per ottenere quello a cui i 101 puntavano, cioè le larghe intese.

Insomma, persone di merda, proprio in termini umani: e sto parlando ovviamente del metodo scelto per ottenere i loro obiettivi, che sarebbero stati leciti se perseguiti alla luce del sole.
Adesso si guarda di nuovo a loro, o meglio a quanti tra loro stanno in Senato.
In apparenza, questa volta non gli converrebbe salvare il Cav., per il semplice fatto che questo salvataggio - se fosse palesemente dovuto a loro - polverizzerebbe il partito che li ha eletti.
Però, però.

Però se si arrivasse al voto in aula con il governo Letta ancora in piedi, potrebbe succedere di tutto e per questo il Giornale lancia il suo appello.
Ad esempio, gente che di nascosto vota contro la decadenza per il terrore che finisca anticipatamente la legislatura e quindi addio poltrona a Palazzo Madama. Gente che nei giorni precedenti viene contattata dall'uomo più ricco d'Italia e magari ha qualche mutuo da estinguere. Gente affezionata alle larghe intese per i più svariati motivi, compresi i rapporti con lobby che non vogliono la crisi a nessun costo. E così via.

Non sarebbe poi difficile alzare nebbia sul tutto attribuendo un eventuale salvataggio di B. a un disegno politico dell'opposizione, come ha già preventivamente fatto ieri Giovanardi rimestando nel torbido che gli è proprio, o comunque accusando altri, io non c'entro, è stata la corrente avversaria.
Insomma, quello del Giornale di oggi non è solo un appello ai 101: è proprio un appello alle persone di merda.
Del resto Berlusconi ha salvato così il suo ultimo governo, meno di tre anni fa: non stupisce che ci riprovi adesso.

 

Paolo GuzzantiPaolo Guzzantiprodi romano berlusconi prodiBerlusconi Prodiisr23 berlusconi prodiAlessandro GilioliPALAZZO MADAMA - SENATO DELLA REPUBBLICA