IL BOTTO DI FINE ANNO: IL 1 AGOSTO 2024 (DUE SETTIMANE DOPO IL TAGLIO SUL CAPOCCIONE) GENNARO…
Tommaso Labate per il "Corriere della Sera"
«Ma secondo te sto facendo bene?». L'ora dei ripensamenti non è ancora arrivata. E forse non arriverà . Ma dalla notte tra domenica e lunedì, in cui la rivolta degli ex an l'ha costretto a rettificare l'intervista rilasciata alla Bild sul ritorno a Forza Italia, Silvio Berlusconi è un uomo tormentato. Insicuro. Anche sulla corsa che, nella primavera del 2013, lo vedrebbe ancora una volte nelle vesti di candidato premier.
La domanda l'ha rivolta a tutti quelli della cerchia ristretta. Anche ai direttori dei giornali a lui vicini, da Vittorio Feltri a Giuliano Ferrara. E persino al presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. Sempre la stessa. «Secondo te sto facendo bene?». Perché, aggiunge il Cavaliere a chiunque si trovi ad affrontare con lui il tema del ritorno, «questa notizia non doveva uscire».
Questione di tempi non maturi, dice lui. Anche perché, ha confidato, «il mio obiettivo era aspettare ottobre». Il mese in cui metterà in cantiere «un sondaggio mai visto prima», a cui subordinare l'ufficializzazione della candidatura a premier. Lo stesso mese in cui è in calendario la sentenza di primo grado sul processo Ruby, che si porta appresso la speranza di «lasciarmi il fango alle spalle».
Dietro di lui, però, c'è un partito lacerato. Diviso tra gli ex forzisti, soprattutto tra i Promotori della libertà , che spingono per chiamare il nuovo partito «L'Italia che verrà » lasciando che «Forza Italia» resusciti solo come titolo dell'inno. E il corpaccione ex aennino, trainato da Ignazio La Russa, che minaccia la scissione per una nuova cosa «di destra» guidata da Giorgia Meloni. Un partito che, nell'ottica allarmata di Cicchitto, potrebbe togliere al Cavaliere «tra il 6 e il 7 per cento».
Ma la vera radice di tutte le perplessità berlusconiane degli ultimi giorni è un'altra. Il Cavaliere, che ha già fatto i conti con l'impossibilità di vincere le elezioni, vede sempre più lontano il «piano B». E cioè l'ipotesi di tenere aperto lo spiraglio di quelle «larghe intese» che nel 2013 lo vedrebbero quantomeno co-protagonista.
Primo, perché teme - come gli ha detto anche Angelino Alfano - che «ormai Bersani e Casini puntano segretamente a conservare il porcellum per vincere le elezioni e governare da soli». Secondo perché il no secco e chiaro alla Grande coalizione è diventato l'unico vero mantra che gli ex An vogliono sentire da lui. «Altrimenti», come spiega Massimo Corsaro, braccio destro di Ignazio La Russa, «noi facciamo i bagagli».
Perché, è il ragionamento del vicecapogruppo alla Camera, «simboli e nomi sono falsi problemi. Noi vogliamo che Berlusconi ci dica chiaro e tondo che l'anno prossimo non saremo costretti di nuovo a stare in maggioranza con la sinistra». Una promessa che il Cavaliere non può fare senza farsi da parte. Anche perché adesso lo dice anche Alfano che «ogni separazione è un segnale di debolezza, un indebolimento del partito».
Da qui le tensioni, che ieri sono salite al punto da far arrivare a Palazzo Grazioli l'indiscrezione di uno «scontro molto acceso» tra Cicchitto e La Russa, negato da Corsaro («Tutto falso»). Da qui anche lo scollamento di un gruppo parlamentare che s'è sfilacciato anche sul Fiscal compact. Numeri impietosi: 43 assenti, 13 in missione, metà del gruppo ex an lontano dalla pulsantiera di Montecitorio. «Qua siamo all'apatia. Nessuno conosce il proprio futuro. Per questo ognuno fa quello che gli pare», sussurra sconsolato Osvaldo Napoli. Compreso Berlusconi. Il cui futuro è ormai appeso a quella domanda: «Secondo te sto facendo bene a tornare?».
SILVIO BERLUSCONI MIMA LA GUARDIA DA PUGILE RUBY A PORTOFINO Angelino Alfano LARUSSA CHE ARAGOSTA!PIER LUIGI BERSANI PIER FERDINANDO CASINI
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