
DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA…
1- DAGOREPORT - L'INCIUCIONE VELTRONI-BERLUSCONI, CON LA MANINA DI BISI-BISIGNANI
Uno scoop del redivivo "Male" di Vauro&Vincino apre un nuovo (e inedito) faro su un periodo delicato e decisivo della politica italiana, soprattutto per il maggiore partito del centrosinistra, il Pd. Ma prima occorre inquadrare il contesto.
A gennaio 2009, mentre aumenta la fronda contro Veltroni segretario che fatica a riprendersi dalla botta delle elezioni 2008, Pd e Pdl aprono un tavolo per modificare la legge elettorale delle Europee, che si sarebbero tenute a giugno.
Prove tecniche di inciucio c'erano state già nelle settimane precedenti, quando il Pd al Senato si astiene sul federalismo. L'obiettivo è arrivare a uno sbarramento del 4%, che taglia fuori i partitini minori puntellando i due partiti maggiori. Il Pd eliminerebbe i pericoli provenienti da Sel (ancora con percentuali da prefisso), Rifondazione, i Radicali. Il Pdl eviterebbe il problema Storace. La legge viene quindi approvata in Parlamento a inizio febbraio, tra le proteste dei nanetti.
Il nuovo scenario che apre il "Male", però, riguarda la "trattativa" che ha portato all'inciucione. In una vignetta by Vincino pubblicata sul numero in edicola oggi, viene scritto che l'accordo arrivò grazie a un incontro a casa Bettini, presenti Veltroni e Verdini (l'uomo delle trattative non solo con i peones, quindi...), con Bisi-Bisignani a fare da notaio. "Goffredo Bettini vuota il sacco. âBasta ipocrisie'. E racconta quando a casa sua Veltroni e Verdini complice Bisignani e il suo amico D'Alema fecero la nuova legge elettorale europea con la sbarramento al 4% che segò Sel-Riforndazione-Radicali e Storace".
Già all'epoca, in un'intervista a Maria Teresa Meli sul "Corriere della Sera" (30 gennaio 2009), a proposito dell'accordo Pd-Pdl, Bettini ammise l'incontro con Verdini. A una precisa domanda della giornalista, che aveva già parlato di contatti tra i due in un articolo del 13 gennaio ("A dicembre Denis Verdini aveva avuto un abboccamento con Bettini, a cui aveva chiesto se il Partito democratico intendesse riaprire questa pratica. Veltroni ha deciso di provarci"), Bettini conferma: "Io ho solo avuto un incontro con Verdini che mi ha segnalato un orientamento del Pdl per il cambio della legge elettorale europea in un senso molto simile alle cose da noi sostenute da tempo. Da quel momento il processo si è totalmente parlamentarizzato fino ad arrivare al risultato noto".
Ma proprio in quei giorni, Veltroni e Berlusconi arrivarono all'intesa che stava più a cuore al segretario del Pd, in procinto di dimettersi prendendo a pretesto la sconfitta di Soru in Sardegna: la Rai. A fine gennaio, grazie al blitz Pd/Pdl auspici Fini e Schifani, Riccardo Villari viene cacciato dalla presidenza della commissione di Vigilanza, una poltrona che il segretario piddino aveva cercato di riprendersi con tutte le sue forze.
A metà febbraio, nelle ore in cui Walterloo abbandona il partito, viene nominato il nuovo cda della Rai, che comprende anche il "compagno d'ombrellone" Giorgio Van Straten. E se c'era una persona informata sul mondo di Viale Mazzini, quello era sicuramente Bisy Bisignani...
2- IL BARATTO - L'INCIUCIO SULLA VIGILANZA HA SPALANCATO L'ACCORDONE PD-PDL CON DENTRO TUTTO: LEGGE ELETTORALE, CDA RAI, GIUSTIZIA, FEDERALISMO, REGOLAMENTI PARLAMENTARI - PETRUCCIOLI VS. CALABRESE - MASI, NAPOLITANO, BERETTA, LEI IN CORSA PER IL DG...
Fabrizio D'Esposito per "Il Riformista" del 30 gennaio 2009
Baratto. Oppure accordone con dentro di tutto, persino la mai dimenticata, da parte del Cavaliere, riforma della par condicio. L'intesa tra Pd e Pdl sulla legge elettorale per le europee, con lo sbarramento al quattro per cento che provocherà un genocidio partitico alla destra e alla sinistra dei due poli, ha spianato la strada a una serie infinita di ipotesi e voci su un inciucio a partitura multipla: la Vigilanza, il nuovo consiglio di amministrazione della Rai, la giustizia, il federalismo, i regolamenti parlamentari.
I due leader interessati, Berlusconi e Veltroni, si affannano però da ore a far smentire dai loro fedelissimi ogni disegno di grande pacchetto in arrivo. Ecco, per esempio, che cosa dice un berlusconiano di rango: «Nell'ottica del presidente e del gruppo dirigente del Pdl non c'è alcun baratto ma solo un confronto di volta in volta sul merito delle questioni. Ogni cosa viene discussa nel proprio perimetro, non si sconfina mai».
Solo che, aggiunge un altro azzurro informato, «se in quel perimetro a trattare sono sempre gli stessi è difficile non pensare a un accordo largo», insomma la conferma ufficiale dei contenitore che si sta costruendo in queste ore non arriverà mai, ma sarà sufficiente attenersi ai fatti per misurare la larghezza del perimetro d'intesa tra Pd e Pdl.
Se, allora, questa è stata la settimana del Veltronellum, su cui poi saranno i capigruppo parlamentari a decidere i tempi di approvazione, la prossima dovrebbe essere quella della Rai. Anche perché, agli occhi della maggioranza, sarà questo il vero banco di prova per capire se il segretario del Pd ha intenzione di mollare Di Pietro e percorrere il sentiero di un bipartitismo dialogante se non mite.
Ieri è arrivata un'ulteriore provocazione dal portavoce del premier, il sottosegretario Paolo Bonaiuti, che a proposito della crisi economica ha parlato di un «Veltroni che resta legato al carro dell'Italia dei valori». E rivela un maggiorente del Pdl incaricato del dossier Rai: «Questa settimana non abbiamo forzato la mano sulla Vigilanza per consentire a Di Pietro di fare le sue sparate in piazza. E adesso dopo le cose che ha detto contro Napolitano, Veltroni sulla Rai ha una strada obbligata. Del resto se perde l'Udc per far posto a un dipietrista nel cda rischia di spingere Casini tra le braccia del centrodestra».
La road map per uscire dal pantano di viale Mazzini, il consiglio è scaduto nella primavera di un anno fa, è nelle mani dei presidenti di Camera e Senato. Saranno Fini e Schifani, infatti, a convocare la nuova commissione di Vigilanza della Rai in una finestra tra il 3 e il 5 febbraio. Prima però nomineranno d'imperio i due commissari dell'Idv che Di Pietro si rifiuta di indicare.
A quel punto Sergio Zavoli succederà a Riccardo Villari e si procederà all'elezione del nuovo cda come prevede la Gasparri. I plenipotenziari di Berlusconi e Veltroni, rispettivamente Gianni Letta e Goffredo Bettini, stanno lavorando a una griglia che come soluzione forte prevede sempre la presidenza a Pietro Calabrese, ex direttore di Messaggero, Gazzetta dello sport e Panorama. Dal Pdl, però, segnalano in risalita le quotazioni dell'attuale numero uno Claudio Petruccioli.
Indicativo dello scontro in atto quanto dice una fonte berlusconiana: «II Cavaliere punta a tré consiglieri, a partire dalla conferma di Petroni in quota Tesoro. Petroni però non vuole saperne di ritrovarsi nel cda con Petruccioli nuova- fatto sapere che entrerà solo con Calabrese o altri». Dove per «altri» bisogna intendere l'ex dg Rai Pier Luigi Celli, da sempre etichettato come dalemiano, e il direttore del Sole 24 Ore Ferruccio de Bortoli.
Altro nodo delicato della trattativa in atto riguarda il posto di direttore generale.
Nella maggioranza si fronteggiano due schieramenti: il primo propenso a una scelta estrema, il secondo per una soluzione interna. La rosa per un dg proveniente da fuori è di tre nomi; Mauro Masi, segretario generale di Palazzo Chigi; Maurizio Beretta di Confindustria; Fernando Napolitano, manager carico di consulenze e consigliere dell'Enel.
Sul fronte interno, invece, la candidatura è unica: Lorenza Lei.
Al momento la Lei sembrerebbe favorita ma col passare dei giorni non sono esclusi ribaltamenti improvvisi. Come già sta accadendo, del resto, nella formazione di centrodestra del cda. Se, infatti, dovessero saltare Petroni e anche Urbani, oltre ad Alessio Gorla potrebbero esserci due nomi a sorpresa, tra cui quella di Del Noce.
Negli altri partiti, il totocandidati non presenta scossoni rispetto alle previsioni: Bianchi Clerici per la Lega e Rositani per An. Nell'Udc sono in corsa Erminia Mazzoni e Rodolfo De Laurentiis e nel Pd, infine, tutto è legato alla sorte di Calabrese presidente: se non dovesse passare farebbe comunque il consigliere insieme con Nino Rizzo Nervo. E in nessun caso circolano nomi dipietristi.
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