donald trump via del cotone

TRUMP È MOSSO DAI SUOI INTERESSI. MA LA SUA STRATEGIA IN MEDIO ORIENTE POTREBBE NON ESSERE UNA STRONZATA – QUANDO RICHIAMA L’AREA DI PACE E COMMERCI CHE VA DALL’INDONESIA ALL’EGITTO, PASSANDO PER INDIA, PAKISTAN E ISRAELE, FA RIFERIMENTO ALLA “VIA DEL COTONE”, UN CORRIDOIO ALTERNATIVO ALLA VIA DELLA SETA CINESE, E CHE PORTA DRITTA ALL’ITALIA E AL MEDITERRANEO – È LA VERSIONE MODERNA DEL “CONTAINMENT” CONTRO L’URSS, RIADATTATO IN FUNZIONE DEL NUOVO NEMICO, PECHINO. PRIMA DI CHIEDERE LEALTÀ, PERÒ, TRUMP DOVREBBE SMETTERE DI MALTRATTARE, UMILIARE E MINACCIARE CON DAZI GLI STESSI ATTORI CHE VUOLE RECLUTARE IN FUNZIONE ANTI XI JINPING

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Estratto dell'articolo di Federico Fubini per il "Corriere della Sera"

 

la via del cotone imec

Il denaro non è mai molto lontano dai pensieri quando parla Donald Trump e il suo discorso alla Knesset, lunedì, non poteva fare eccezione.

 

[…] Eppure, nel discorso di Trump alla Knesset non si avvertiva solo voglia di business e opportunismo. Non sarebbe onesto negare che si intravede una strategia. Il presidente ha richiamato gli Accordi di Abramo del suo primo mandato, sottoscritti per ora da Emirati Arabi, Bahrein, Marocco e Sudan («sono rimasti perché è veramente un ottimo affare»), insieme a Israele e Stati Uniti.

 

BENJAMIN NETANYAHU REGALA UNA COLOMBA DORO A DONALD TRUMP

La grande posta adesso è far aderire l’Arabia Saudita e il Qatar: sarebbe il riconoscimento di Israele da parte dei Paesi che in questi anni hanno espresso l’uno gran parte dei terroristi delle Torri Gemelle e l’altro i finanziatori di Hamas.

 

E questa è solo una parte della visione di Trump, perché c’è anche altro. Lo si è capito quando, alla fine del discorso alla Knesset, il presidente ha richiamato un’area di pace e commerci che parta dall’Indonesia (altro Paese che non riconosce Israele), attraverso l’India e il Pakistan, il Golfo, la Siria, la Giordania, i grandi porti israeliani a Haifa e Tel Aviv e l’Egitto. È una rotta alternativa alla Via della Seta cinese voluta da Xi Jinping.

 

XI JINPING PADRONE DEL MONDO

È quella che in Italia chiamiamo la Via del Cotone o più burocraticamente Imec («India, Middle East, Europe Economic Corridor»), sulla quale il governo di Roma punta per rivitalizzare i nostri porti colpiti dal blocco degli Houthi sul Mar Rosso e minacciati dalla rotta artica dalla Cina all’Europa. Il successo di questa strategia di Trump per Gaza è dunque un diretto interesse italiano.

 

Visto dall’America, suona però anche come una mossa classica nella storia delle sue grandi rivalità geopolitiche. Nel secondo dopoguerra l’allora incaricato d’affari americano George Kennan, con il suo lungo telegramma da Mosca del 1946 e un articolo su Foreign Affairs l’anno dopo, fu il primo a immaginare una strategia di «containment» dell’Unione sovietica: contenimento attraverso una rete di alleanze, invece di un confronto aggressivo.

 

 

Una Via del Cotone dall’Asia del Sud-Est al Mediterraneo sarebbe oggi il modo di Trump di immaginare una versione moderna del «containment» attorno alla Cina. Nessuno, tra l’altro, ha creduto fosse fortuito che Pechino abbia reso noto il suo blocco all’export di terre rare proprio nel giorno in cui la Casa Bianca annunciava l’accordo su Gaza, quasi a contendersi la scena globale.

DONALD TRUMP CON MOHAMMED BIN SALMAN

 

Di certo con la sua azione nel Golfo, l’America oggi recupera i rapporti con una lunga lista di Paesi che, negli ultimi anni, sono parsi irresistibilmente attratti dalla rete di potere di Pechino.

 

Non mancano dunque le idee interessanti, in Trump. Ma possono funzionare? Contro l’India la Casa Bianca ha imposto dazi al 50%, contro il Pakistan e l’Indonesia al 19%, contro l’Unione europea al 15%, con minacce di nuovi e imprevedibili aumenti; persino Israele è soggetto a un prelievo del 10%.

 

Non è esattamente il tipo di approccio che ispira lealtà, fedeltà o alleanze solide. Trump non può allo stesso tempo maltrattare, umiliare, minacciare e poi pretendere di reclutare gli stessi attori in nome della sua rivalità con la Cina.

A maggior ragione non può farlo, perché è fin troppo chiaro ciò che ha orientato di più le sue preferenze finora. Fra i giorni successivi alla sua rielezione a novembre e la primavera scorsa grandi investitori sovrani in Oman, Arabia Saudita e Qatar hanno concluso accordi con la famiglia del presidente.

 

donald trump alla knesset 1

Il modello è sempre lo stesso: quelli riconoscono un abbondante «affitto» per l’uso del marchio «Trump» e ci costruiscono sopra resort di lusso, campi da golf sul mare e simili. Intanto i fondi sovrani di Riad, Doha ed esponenti la famiglia regnante di Abu Dhabi hanno versato altri miliardi nel seminuovo fondo d’investimento del genero di Trump, Jared Kushner.

 

Pagano il presidente e i suoi cari, poi fanno politica con loro. Il Qatar, dopo aver finanziato per anni ogni gruppo jihadista nella regione, a inizio ottobre ha persino ricevuto dall’America garanzie di sicurezza robuste come sono — o dovrebbero essere — quelle della Nato.

 

la via del cotone imec

Trump alla Knesset, questa settimana, ha vissuto il suo momento più alto da quando è in politica. Ma anche le strategie più intriganti, per realizzarsi, hanno bisogno di pochi, semplici e impalpabili presupposti: credibilità e «soft power», capacità di dare e ispirare rispetto. La prova del nove per l’America trumpiana sarà dimostrare di averne.

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