DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
donald trump xi jinping mar a lago
Donald Trump minaccia nuovi dazi contro la Cina, portando i due Paesi sull' orlo della guerra commerciale. Le Borse di tutto il mondo reagiscono con forti ribassi - Shanghai affonda a - 3,78%, Wall Street ha perso l' 1,15% così come Francoforte - , temendo uno scontro che potrebbe provocare una nuova recessione globale.
Il capo della Casa Bianca ha ordinato al Trade Representative Lighthizer di individuare altri prodotti esportati dalla Repubblica popolare per 200 miliardi di dollari, su cui imporre tariffe del 10%: «Ulteriori azioni - ha dichiarato - devono essere prese per incoraggiare Pechino a cambiare le sue pratiche ingiuste, aprire i mercati ai beni degli Stati Uniti, e accettare una relazione commerciale più equilibrata. Il mio rapporto col presidente Xi è eccellente, ma gli Usa non verranno più abusati dalla Repubblica popolare o da altri Paesi negli scambi».
trump e xi jinping alla citta proibita piazza tien an men
Nei giorni scorsi Trump aveva imposto tariffe del 25% su prodotti cinesi per 50 miliardi di dollari, che entreranno in vigore il 6 luglio, per punire in particolare i furti di proprietà intellettuale e le condizioni imposte per operare nel paese alle compagnie americane, costrette a trasferire le loro tecnologie alle aziende locali con cui collaborano.
Pechino aveva risposto venerdì sera decretando misure analoghe, e quindi il capo della Casa Bianca ha deciso l' escalation. Se Xi reagirà con una nuova rappresaglia, Trump imporrà dazi su altri 200 miliardi di prodotti cinesi. Così porterà il totale sanzionato a 450 miliardi, cioè quasi l' intero valore annuo delle esportazioni della Repubblica popolare negli Usa, contro i 130 miliardi di beni americani venduti in Cina.
La minaccia del presidente segue la logica su cui ha basato la sua politica commerciale fin dalla campagna elettorale. Nei decenni passati gli Stati Uniti hanno accettato condizioni svantaggiose negli scambi globali per due ragioni: primo, perché così favorivano le crescita nei Paesi alleati e in quelli in via di sviluppo, favorendo indirettamente la stessa economia americana; secondo, perché così ottenevano dividendi politici, diffondendo nel mondo il loro modello.
Trump pensa che questa fase storica sia finita. Gli alleati europei, americani e asiatici sono abbastanza forti da non avere più bisogno di aiuti, mentre la Cina non è più un Paese in via di sviluppo, con tutti i vantaggi che questa definizione comporta in seno all' Organizzazione mondiale dei commerci, ma un competitore e un rivale.
A subire i danni di tale squilibrio sono soprattutto gli elettori degli stati chiave che hanno votato il capo della Casa Bianca, dall' Ohio al Michigan alla Pennsylvania, che dal 2001 ad oggi hanno visto sparire circa 70.000 fabbriche. Quindi lui vuole riequilibrare il sistema dei commerci, e i dazi sono una maniera per farlo. Se Pechino non accetta questa logica, e risponde alzando le sue tariffe, Washington continuerà ad aumentare le proprie, perché ritiene che la Repubblica popolare abbia molto più da perdere in una guerra commerciale, e quindi alla fine cederà.
Durante un briefing con i giornalisti, il consigliere di Trump, Peter Navarro ,ha spiegato che gli obiettivi di questa politica sono due: «Primo, ridurre il surplus commerciale annuo di 376 miliardi di dollari della Cina; secondo, frenare l' espansionismo di Pechino, che con il suo piano "Made in China 2025" punta a conquistare la leadership mondiale nella produzione di alta tecnologia, minacciando il primato della Silicon Valley e degli Usa in questo settore, e quindi la nostra sicurezza nazionale».
Perciò il dialogo è aperto, ma l'offerta avanzata da Xi Jinping di comprare 70 miliardi di prodotti americani in più non basta. Il rischio però, come dimostra la reazione negativa delle Borse, è che la Repubblica popolare non ceda, e la guerra commerciale avviata con lei, e con gli alleati europei, finisca per danneggiare tutte le economie e provocare una recessione globale.
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