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TRUMP, UNO ZOZZONE A MOSCA - LE VECCHIE ACCUSE RIVOLTE AL PRESIDENTE AMERICANO CHE, MENTRE ERA IN RUSSIA NEL 2013, AVREBBE CHIESTO A DELLE PROSTITUTE DI FARGLI PIPÌ ADDOSSO (LA PRATICA SI CHIAMA "GOLDEN SHOWER") - TRUMPONE NEGO' LE ACCUSE, MA CONFERMO' LA FRASE CHE GLI DISSE PUTIN ("IN RUSSIA ABBIAMO LE MIGLIORI PROSTITUTE DEL MONDO") - I PRESUNTI INCONTRI DI TRUMP CON LE ESCORT ALL'HOTEL RITZ DI MOSCA - MA LA DOMANDA È: PUTIN HA DEI DOCUMENTI COMPROMETTENTI SUL PRESIDENTE AMERICANO CHE LO RITRAGGONO IN ATTEGGIAMENTI POCO ISTITUZIONALI DURANTE I SUOI VIAGGI A MOSCA?
Estratto dell'articolo di Paolo Mastrolilli per "la Stampa"- 21 aprile 2018
La cosa più curiosa è Putin che si vanta con Trump di avere in Russia le migliori prostitute del mondo. La sostanza dei diari dell’ex direttore dell’Fbi Comey, pubblicati giovedì sera, è però assai più profonda, perché riguarda due punti fondamentali del Russiagate: primo, se le informazioni imbarazzanti su Donald erano vere; secondo, se il presidente ha ostruito la giustizia.
I memo, anticipati nei mesi scorsi, sono appunti scritti dal direttore del Bureau dopo sette colloqui con Trump. Il primo riguarda l’incontro a New York dopo le elezioni, in cui Comey informa il presidente eletto del rapporto Steele: «Gli dico che le accuse non sono provate, ma sostengono che nel 2013 aveva incontrato prostitute al Ritz Carlton di Mosca. Lui interrompe: “Non c’erano prostitute, non ci sono mai state”. Dice che non è tipo da “andare là” e ride. Capisco che intende che non ha bisogno di pagare per il sesso. Poi smentisce le donne che lo accusano di molestie, tra cui una stripper».
Il secondo incontro è la cena del 28 gennaio 2017 nella Green Room della Casa Bianca: «La conversazione è caotica. Mi chiede se voglio restare, gli avevo già detto sì. Si lamenta delle soffiate. Poi dice: “Mi serve lealtà, mi aspetto lealtà”. Non rispondo e lui lo nota. Mi parla delle mail di Hillary Clinton, chiede se c’era stata una rivolta nell’Fbi quando l’avevo scagionata. Nego.
Chiede se il mio vice McCabe ha un problema con lui: “Sono stato duro con sua moglie (perché si era candidata e aveva preso finanziamenti elettorali da amici di Clinton ndr)”. Gli rispondo che Andy è un professionista. Allora lui passa a quella che chiama “la roba della pioggia dorata” (l’accusa del rapporto Steele secondo cui aveva chiesto alle prostitute con cui si era incontrato a Mosca di urinarsi addosso ndr). Dice che era una fake news. Lo scoccia che la moglie lo sappia.
Gli hanno ricordato che non aveva dormito a Mosca durante la visita per Miss Universo. Chiede di investigare, per dimostrare che è una bugia. Rispondo che così daremmo l’idea che lui è sotto inchiesta. Poco dopo ripete: “Ho bisogno di lealtà”. Rispondo che posso garantirgli onestà. Lui aggiunge: “Lealtà onesta”.
Rispondo ok. Dice che il capo di gabinetto Priebus non sa della nostra cena. Dice che il consigliere per la sicurezza Flynn non ha giudizio, perché non ha richiamato un leader straniero che lo aveva cercato per fare le congratulazioni. Poi ammette che Priebus sa della cena e dovrei parlare con lui».
L’8 febbraio, infatti, Comey incontra Priebus alla Casa Bianca: «Spiego che parti del rapporto Steele erano corroborate da altra intelligence. Dico che il presidente mi ha chiesto di investigare la storia della “pioggia dorata”. Priebus domanda se ho un ordine di spiare Flynn.
Rispondo di sì, ma spiego che il canale per queste informazioni è il consigliere legale della Casa Bianca che parla col segretario alla Giustizia. Mi chiede se non potevo incriminare Hillary Clinton. Poi vediamo Trump. Ripete che la storia della pioggia dorata è falsa, anche se “Putin mi ha detto che in Russia hanno alcune delle migliori prostitute del mondo”». [...]
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