donald trump saluta

TRUMPONE SCOPERCHIA LA GRANDE IPOCRISIA DELL’ONU: ‘POTREMMO RITIRARCI DAL CONSIGLIO PER I DIRITTI UMANI, UNA VETRINA PER LE DITTATURE CHE USANO LA LORO APPARTENENZA PER DISSIMULARE LA BRUTALITÀ’ - RICORDIAMO CHE TRA I MEMBRI C’ERA LA LIBIA, L’ARABIA SAUDITA LO HA ADDIRITTURA PRESIEDUTO. E INFATTI PRODUCE SOLO REPORT CONTRO UN PAESE A CASO: ISRAELE

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1.USA CONSIDERANO RITIRO DAL CONSIGLIO DIRITTI UMANI ONU 

 (ANSA) - Gli Stati Uniti stanno considerando il loro ritiro dall'organismo dell'Onu per la difesa dei diritti umani, che giudicano "sbilanciato" contro Israele. Lo scrive Bbc News online citando l'ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite, Nikki Haley, secondo cui gli Stati Uniti "considerano attentamente" il loro ruolo all'interno del Consiglio per i Diritti Umani. Il fatto che siano passate cinque risoluzioni contro Israele mentre sul Venezuela non ne è stata considerata neanche una, ha aggiunto Haley, "è duro da accettare".

nikki haleynikki haley

 

In un articolo per il Washington Post pubblicato venerdì scorso, Haley ha scritto che "il mese scorso un sottocomitato del Senato degli Stati Uniti si è riunito per considerare se gli Stati Uniti debbano continuare a far parte del Consiglio" dell'Onu per i Diritti umani. Al centro della questione, ha continuato, non c'era se l'America sostenga o meno i diritti umani, "ovviamente lo facciamo e con molta forza. La questione è stata se il Consiglio dei diritti umani appoggi effettivamente i diritti umani o sia semplicemente una vetrina per le dittature che usano la loro appartenenza per dissimulare la brutalità".

 

 

2.L’ARABIA SAUDITA NELLA COMMISSIONE ONU A TUTELA DELLE DONNE. E NEL 2015 ERA A CAPO DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI UMANI

NIKKI HALEY CON IL SARINIKKI HALEY CON IL SARI

Francesca Paci per www.lastampa.it del 27 aprile 2017

 

Quando alcuni giorni fa ha iniziato a girare sui social network, la notizia era accompagnata dall’hastagh #nofake, non è un fake, non è una balla. Perchè, obiettivamente, era del tutto legittimo pensare che l’ingresso dell’Arabia Saudita nella Commissione delle Nazioni Unite a tutela delle donne fosse uno scherzo, una provocazione, un’iperbole. Non lo era. Per i prossimi quattro anni la petrol-monarchia che impedisce alle signore di guidare l’automobile (tanto per citare solo il più noto dei divieti in rosa) avrà un posto tra i 45 membri della United Nations Commission on the Status of Women (UNCSW), il principale strumento inter-governativo per promuove la parità dei sessi e l’empowerment femminile.

 

Com’è stato possibile che l’organismo istituito nel 1946 con lo scopo di monitorare la condizione dell’altra metà del cielo votasse (a scrutinio segreto) per aprire le porte al Paese che occupa la 141esima posizione su 144 nella infamante classifica della disparità di genere dell’ultimo Forum Economico Mondiale? La domanda rimbalza non solo sul web ma arriva a far insorgere le più serie tra le organizzazioni dei diritti umani come UN Watch, dove il direttore Hilll Neuer commenta amaramente l’assurdità di una scelta equiparabile a «mettere un piromane a capo dei pompieri».

 

DONALD TRUMP A RIAD   DONALD TRUMP A RIAD

Non è la prima volta, replicano i veterani del Palazzo di Vetro. Già nel 2015 Riad, in barba all’incessabile lavoro dei suoi boia , aveva piazzato un suo rappresentante a capo del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu, una posizione prestigiosa e segnata dalle polemiche sin da quando nel 2003 era stata assegnata alla Libia dell’allora dittatore Gheddafi.

 

Che l’Onu si presti e si sia prestato a tribuna per i peggiori dittatori del pianeta è accusa conosciuta. Ma non per questo dovrebbe fare meno rumore la notizia del nuovo incarico all’Arabia Saudita, dove le donne hanno bisogno di un guardiano che accompagni qualsiasi decisione importante, dalla nascita ai viaggi alla morte. C’è chi, come l’ex premier neozelandese Helen Clark, sottolinea che Riad sta facendo piccoli lenti progressi, a partire dal decreto reale che dal 2015 consente loro di candidarsi e votare (alle amministrative) fino al neonato Consiglio delle Ragazze di Qassim (nel quale però siedono solo uomini).

 

Ma basta? Può davvero bastare? Nel momento in cui anche nell’occidente delle democrazie liberali si cominciano a rimettere in discussioni conquiste che si pensavano ormai assodate è possibile far passare sotto silenzio questa notizia #nofake?

SALMAN RE ARABIA SAUDITASALMAN RE ARABIA SAUDITA

 

 

3.LIBIA NEL CONSIGLIO PER I DIRITTI UMANI

Alberto Negri per il ‘Sole 24 Ore’ del 14 maggio 2010

 

La notizia che la Libia è tra i 13 paesi eletti ieri dall'assemblea dell'Onu nel consiglio per la protezione dei Diritti Umani non deve avere raggiunto Abdel Nasser Rabbasi. Dal 2003 lo scrittore libico Rabbasi è in carcere con una condanna a 15 anni per avere pubblicato su «Arab Times», un saggio sulla corruzione e la censura in Libia. L'accusa per questo dissidente della penna è quella di avere disonorato Gheddafi, la guida della rivoluzione.

 

PRODI GHEDDAFIPRODI GHEDDAFI

La notizia, che ha sollevato le proteste delle Organizzazioni non governative, non è sicuramente arrivata neppure a migliaia di africani migranti prigionieri nei campi di detenzione libici dove vengono rinchiusi in attesa del rimpatrio. Sono somali, etiopi, sudanesi: gli uomini vengono picchiati, le donne violentate e quelli che sopravvivono sono rivenduti a intermediari che gli fanno riprovare l'avventura, magari altre quattro o cinque volte. Sono pacchi che galleggiano tra il deserto e il Mediterraneo, con la complicità dell'autorità di Tripoli, nella più assoluta indifferenza. Anche la nostra, che ci accontentiamo di non vederli più arrivare sulle nostre amate sponde.

 

Per la verità l'Unione europea sta cercando di strappare a Gheddafi il riconoscimento dello status di rifugiati per coloro che provengono da nazioni disastrate come Somalia ed Eritrea: in cambio ci sarebbero facilitazioni per gli scambi commerciali tra Bruxelles e la Libia. Il nodo è sempre quello: accettiamo le violazioni dei diritti umani da paesi come la Libia semplicemente perché ci portano gas e petrolio, perché sono mercati interessanti per le nostre esportazioni, nella speranza, lontana nel tempo, che le cose possano un giorno migliorare.

berlusconi e il rais muammar gheddafiberlusconi e il rais muammar gheddafi

 

La dissidenza, la libertà di espressione, alcuni dei principali diritti umani contemplati della Dichiarazione dei diritti universali del 1948, la carta fondante delle Nazioni Unite, in Libia non hanno nessuno spazio. Tripoli non ha neppure una Costituzione, anche se uno dei figli di Gheddafi, Said Islam, ha affermato, bontà sua, che ce ne vorrebbe una. Ma Gheddafi, un tempo coinvolto in atti di terrorismo e guerriglia, alla vigilia dell'attacco americano all'Iraq è stato abile a riciclarsi come amico dell'Occidente e a far fuori tutti gli integralisti islamici che gli capitavano a tiro.

 

L'unica magra consolazione di queste settimane è che l'Iran ha rinunciato alla sua candidatura per entrare nel Consiglio dei diritti umani. In questi giorni a Evin, il carcere di Teheran, sono stati impiccati cinque dissidenti curdi: il regime di Ahmadinejad preferisce decisamente avere mano libera. A partire dall'epoca settecentesca dei Lumi l'invenzione più importante del mondo occidentale, insieme al primato della ragione, è stata l'universalità dei diritti dell'uomo: ma forse oggi, dalla Libia all'Iran alla Cina, rinunciamo anche a questa scoperta.