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1 - CONSIP, NEL RICORSO SU SCAFARTO EVAPORA L' ACCUSA A RENZI SR.
Estratto della’erticolo di Marco Lillo per il “Fatto Quotidiano”
A leggere le 15 pagine depositate il 6 aprile in Cassazione dalla Procura di Roma contro il maggiore Gianpaolo Scafarto si può formulare un' ipotesi sulle mosse future dei pm. Non solo su Scafarto ma anche su Tiziano Renzi.
La richiesta di rinvio a giudizio per Scafarto appare scontata […]. Accanto a questa prima previsione, abbastanza facile, la lettura del ricorso lascia presagire però un' altra mossa, meno scontata: la richiesta di archiviazione per Tiziano Renzi. Magari saremo smentiti. Magari i pm sono talmente convinti dei risultati portati a casa da marzo 2017 […] da potersi permettere di sbertucciare le indagini fatte fino a quel momento dal Noe per conto dei pm di Napoli. Però a noi sembra più probabile un' altra ipotesi: i pm di Roma non hanno intenzione di chiedere il rinvio a giudizio di Tiziano Renzi […].
È comprensibile che i pm di Roma tendano a svalutare il lavoro di Scafarto per portarlo a giudizio. Ma difficilmente un pm che volesse portare a giudizio anche Tiziano Renzi sarebbe così "autolesionista" da buttare a mare oltre all' acqua sporca dei presunti falsi del carabiniere anche il bambino del quadro indiziario da lui raccolto, che con i falsi nulla c' entra […].
La nostra tesi (che potrebbe essere smentita ovviamente dalle future azioni dei pm) è che la "difesa" di Tiziano Renzi confezionata dalla sua "teorica accusa", abbia senso solo se i pm di Roma stanno pensando di archiviare Tiziano Renzi […]. Per affermare la tesi opposta, cioè che il fallo di Scafarto non fosse inutile, la Procura arriva a sostenere che la partita contro Tiziano Renzi era tutt' altro che vinta.
Peccato che ora a giocarla non c' è più Scafarto ma ci sono loro. Al Tribunale del Riesame che aveva scritto: "Erano stati acquisiti consistenti elementi indiziari relativi al coinvolgimento di Tiziano Renzi nella vicenda Consip", i pm romani ribattono: "Una seria analisi critica rivela che l' assunto è destituito di fondamento sul piano storico, siccome fondato su evidente travisamento del fatto, e privo di consistenza sul piano logico-giuridico […] “Nessuna evidenza nota agli inquirenti all' epoca di un rapporto diretto Renzi/Romeo, diversa da una dichiarazione de relato di Mazzei, il quale riferisce di un incontro raccontatogli da Romeo, il quale a sua volta né prima né dopo ha mai confermato la circostanza".
Per i pm quindi gli elementi contro Tiziano erano provenienti solo dai "terzi" […]. Non basta, per sostenere che Scafarto abbia con dolo voluto confezionare un falso contro Tiziano, i pm affermano che ha sbagliato sempre a senso unico mentre "se un ufficiale di Pg è impreciso e raffazzonato le patologie connesse a tale assenza di professionalità dovrebbero riverberarsi in tutte le direzioni. Nel caso di specie così non è".
I pm però ignorano tutte le conversazioni intercettate di Carlo Russo e Alfredo Romeo che Il Fatto ha pubblicato […]. Attenzione: il punto non è se l' incontro, negato da tutti, sia mai avvenuto. Il punto è che Scafarto, pur avendo la disponibilità di quelle conversazioni che potevano essere utili a sostenere la sua tesi, non le ha valorizzate o addirittura le ha riportate aggiungendo note che ne mutavano il senso non contro ma a favore di Tiziano Renzi. Raffazzonato sì ma a doppio senso.
2 - I PM E LA FISSA DI SCAFARTO: "INCHIODARE PAPÀ RENZI"
Patricia Tagliaferri per www.ilgiornale.it
Altro che errori «involontari», quelli commessi da Gianpaolo Scafarto, l'ex capitano del Noe accusato di aver falsificato un'informativa del caso Consip, sono «orrori» di sicuro rilievo penale che avevano come obiettivo quello di «inchiodare Tiziano Renzi alle sue responsabilità» fino ad arrivare eventualmente ad arrestarlo.
La Procura di Roma risponde così, con un durissimo ricorso in Cassazione di quindici pagine, all'ordinanza con la quale lo scorso 27 marzo il Tribunale del Riesame ha annullato la sospensione dal servizio per un anno, disposta dal gip Gaspare Sturzo, del carabiniere del nucleo investigativo preferito dal pm partenopeo Henry John Woodcock, il Noe, al quale i magistrati della capitale - che hanno ereditato dalla Procura di Napoli il fascicolo sugli appalti della centrale acquisti della pubblica amministrazione - hanno invece tolto la delega d'indagine in seguito alle ripetute violazioni del segreto.
Quell'ordinanza, che di fatto ha restituito gradi e divisa a Scafarto, per il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi costituisce «una palese violazione del diritto penale, delle regole processuali che governano la prova indiziaria, di travisamento dell'ipotesi di accusa e dei fatti posti a suo fondamento».
La Procura ritiene che il provvedimento che ha riabilitato l'ex capitano del Noe - indagato per falso in atto pubblico, rivelazione del segreto d'ufficio e depistaggio - si contrapponga addirittura «alle regole del diritto sostanziale e processuale, della logica e del buonsenso».
Quelli che il Riesame ha considerato «errori involontari che l'esperienza giudiziaria permette di riscontrare quotidianamente nelle informative di pg» - come in questo caso l'attribuzione di una frase pronunciata dall'ex parlamentare Italo Bocchino all'imprenditore napoletano Alfredo Romeo proprio per incastrare babbo Renzi - per i magistrati sono state invece azioni dolose mirate a «moltiplicare gli indizi» nei confronti del papà dell'ex premier, già indagato per traffico di influenze.
Come emergerebbe chiaramente non solo dai messaggi whatsapp trovati nel cellulare del carabiniere ma anche dalle conclusioni delle informative da lui redatte, in particolare in quelle del 9 gennaio 2017 e del 3 febbraio successivo, sul presunto incontro segreto a cena in una «bettola» romana tra Tiziano Renzi e Romeo per parlare di affari, riferito da Alfredo Mazzei, commercialista napoletano ed esponente del Pd.
I magistrati della capitale le citano per evidenziare quanto l'attività investigativa di Scafarto fosse concentrata sul papà dell'ex presidente del Consiglio. «Le dichiarazioni di Mazzei sono di straordinaria valenza - scriveva l'ufficiale dell'Arma - in quanto consentono di chiudere il cerchio su Renzi e su Carlo Russo (imprenditore di Scandicci, amico di papà Renzi, ndr), nel senso che consentono di affermare che Russo non sia un millantatore ma al contrario egli avesse la possibilità di affrontare ed influire nell'assegnazione dei lotti Consip e soprattutto che egli agisca in nome di Tiziano Renzi, la cui compartecipazione in tutte le dinamiche prospettate da Romeo, a questo punto, appare oltre che scontata imprescindibile...».
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