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Giovanna Casadio per "La Repubblica"
«Se c'è una crisi politica, cambia completamente lo scacchiere». Pierluigi Bersani non lo dice esplicitamente, ma pensa a un piano per rallentare il congresso democratico. In queste ore l'ex segretario si dichiara del tutto «pessimista» sull'evoluzione della crisi politica, non è un caso se non si butta nella mischia congressuale.
à vero che ha mandato avanti i bersaniani di più stretta osservanza a sondare Gianni Cuperlo - e molti hanno già dichiarato di appoggiarlo. Tuttavia le sue perplessità nei confronti di una candidatura che rischia di creare un recinto di ex comunisti, per giunta in minoranza, restano. A Cuperlo ha infatti chiesto di lavorare «per allargare », di non farsi chiudere in una deriva identitaria.
Però per bloccare Matteo Renzi, che potrebbe fare cappotto nel partito, l'ex leader è convinto serva prendere tempo; avere la saggezza di aspettare cosa accade, stare a vedere fino al 2014. «Spostare il congresso? Non esiste, non ci provino neppure». à la reazione del sindaco di Firenze ormai in corsa verso la segreteria. «Traccheggiare, ecco quello che stanno facendo al Nazareno »: è l'accusa che i renziani muovono a Bersani e a Epifani. Il segretario "traghettatore" ha convocato ieri formalmente l'Assemblea nazionale del 20 settembre e oggi riunisce la prima segreteria post ferie con un ordine del giorno generico: «Ripresa dell'attività politica».
«Ma non può esistere ancora tutta questa incertezza sulla data del congresso», si sfoga Debora Serracchiani, renziana che porrà la questione sul tavolo del Nazareno stamani. à convinta, la "governatrice" del Friuli, che la vecchia guardia democratica abbia intenzione di portare il confronto per le lunghe. «Fissiamo il congresso, che è previsto il 7 novembre - dirà oggi Serracchiani -. Se c'è un'accelerazione della crisi, allora rivediamo le cose».
Il ragionamento fatto da Bersani con i suoi collaboratori è tutt'altro: «Se arriva uno sbrego sul governo, e prima o poi arriva, perché il Pdl non ce la fa a reggere questa situazione, allora tutto precipita».
A quel punto da mettere in conto ci sono anche i malumori del Pd: l'insofferenza verso le larghe intese oltrepasserebbe il livello di guardia. Scatta qui il "piano" del rinvio. Una partita interna giocata lentamente penalizza Renzi.
Anche D'Alema e Marini sarebbero tentati dal rinvio. Il «lìder Maximo» a Renzi lo ha sempre suggerito: «Corri per la premiership, lascia stare il partito». Se il governo è così fragile, se ogni giorno ha la sua pena, potrebbe essere l'evoluzione degli eventi a togliere le castagne dal fuoco agli anti renziani. La prima occasione per rallentare sul congresso sarà l'Assemblea del 20. à proprio lì che si decidono data e regole. Epifani a chi gli chiede con insistenza del congresso e di quando si farà , ha risposto per l'ennesima volta che il Pd non è una "monocrazia", e che sarà l'Assemblea appunto a prendere le decisioni. Qui Bersani ha ancora la maggioranza, nonostante le defezioni e i cambiamenti di casacca, perché quell'Assemblea fu eletta nel 2009 quando Pierluigi vinse le primarie. Quindi tutto si giocherà il 20. Le regole, ad esempio.
Renzi è convinto che non ci sia nulla da cambiare, al massimo si può rendere permanente quella norma che Bersani volle transitoria e che permise a Renzi di sfidarlo alle primarie, ovvero che il candidato premier del centrosinistra non è automaticamente il
segretario del partito. Di un segretario ridotto però a semplice «amministratore» del Pd, Renzi non vuole sentire parlare. Né di una modifica dello Statuto che sganci i segretari regionali dalle primarie nazionali: il futuro leader resterebbe isolato, e magari ostaggio di un apparato che fa man bassa a livello locale.
Il "rottamatore" sta coltivando molto «i territori», ricevendo grandi soddisfazioni. La "costola" emiliana dei bersaniani si sta spostando su un sostegno alla sua candidatura: il segretario regionale Stefano Bonaccini non ha sciolto la riserva ma lo farà tra breve. L'avanzata del "rottamatore" non s'arresta.
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