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A. Mal. Per La Stampa
Nel quotidiano bombardamento verbale contro un Paese velenoso, sgangherato, ladruncolo, evidentemente baro, ancora incapace di vedere la chiara luce del Nuovo Mondo perché è questo il ritratto dell'Italia che emerge dai suoi incessanti post apocalittici Beppe Grillo, Guida e Ispiratore del Movimento 5 Stelle, con la foga aggressiva di chi sembra degnarsi di vivere solo per tenere in piedi le conversazioni, attacca un'altra volta il suo esercito di terracotta.
I soldati indisciplinati che vagano per il Parlamento. Alza la voce. Lo fa sempre, perché quelli - una parte - non vogliono capire. Che fanno i miei ragazzi? Pensano? Svicolano? Inciuciano? Parlano di alleanze con la stampa?
Follia. Apostasia. Bestemmia. Così, a due giorni dalla debacle elettorale - un trionfo secondo l'ex comico - brandisce il pc per ribadire: «Chi si è candidato per il M5S al Parlamento e vuole un accordo con il pdmenoelle scordandosi degli impegni elettorali e della sua funzione di portavoce per realizzare il nostro programma, è pregato di avviarsi alla porta». E, più del senso, quello che colpisce è il modo. Ma perché li tratta così?
Un meccanismo comunicativo che riduce l'individualità dei parlamentari al nulla. Spersonalizzazione. O forse annichilimento. Sei un uomo o un portavoce? «Il Movimento non è un partito, non fa alleanze con i partiti. Il M5S cresce ogni giorno, è un fatto. Il nostro obiettivo è il Governo». Ma in solitudine. Chi strizza l'occhio alla partitocrazia infetta si ammala. E chi si ammala va cacciato.
Deve essere per questo che a Palazzo Madama, nel giorno del dibattito sulla legge elettorale, una solerte senatrice chiede l'espulsione del collega triestino Lorenzo Battista, libero pensatore (dunque pericoloso, forse matto) che ha spiegato al «Messaggero» la sua idea elastica delle relazioni umane, anche se quegli umani sono il Pd. «Dovremmo aprirci al dialogo con le altre forze politiche».
Orrore. Ma un orrore condiviso anche dai colleghi del Friuli Venezia Giulia Prodani e Rizzetto - che non hanno voglia di fuga ma di dialogo - , oppure dal cittadinodeputato veneto Tancredi Turco, che davanti a un caffè , spiega sereno. «A me il politichese non piace. Alle amministrative abbiamo preso una batosta. Io una porticina aperta alle alleanze la lascerei».
Va da sé che nel gruppo dialogante ci sono il re dei ribelli Adriano Zaccagnini (oggi atteso all'incontro con Left) e l'onorevole Tommaso Currò, esasperato da un Movimento che - gli pare - affida alla comunicazione un valore più alto di quello che dà alla politica. Lo dice al «Mattino» di Napoli e per questo incassa la scomunica di Luigi di Maio. «à chiaramente in malafede». E così si ritorna al blog. «Ne rimarrà uno solo». Ma chi? Chi ci arriva a Gaia?
Nel cortile di Montecitorio il futuro capogruppo Cinque Stelle, Alessio Villarosa, lucido superortodosso, racconta: «Se il Pd, due mesi fa, ci avesse detto: se venite al governo con noi vi diamo questi otto ministeri, ne avremmo discusso. Io avrei detto di no comunque. Ma avremmo votato per alzata di mano» .
Divisi per sempre? Qual è la distanza tra gli dei e i loro portavoce? Lassù, lontano, tra Gaia e la Liguria, Grillo e Casaleggio, qui, confuse, in cerca di identità , invischiate nello spazio antico della democrazia rappresentativa, persone per cui la vita non è solo materiale su cui lavorare in funzione di un progetto calato dall'alto, ma piuttosto - grazie al cielo? - persino coinvolgimento emotivo. Il caos.
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