
DAGOREPORT - LA SITUAZIONE DEL GOVERNO MELONI È GRAVE. PROBABILMENTE NON SERIA, MA DISPERATA SÌ - SE…
Guido Olimpio per corriere.it
È una guerra a tratti invisibile. Battaglie combattute nel cyberspazio, lungo i sentieri di Internet, ma anche in mare e in cielo. Da una parte i russi, con hacker al servizio del Cremlino e piattaforme come WikiLeaks a fare da trampolino mediatico. Dall' altra gli americani, impegnati in una selvaggia campagna elettorale.
Arduo separare politica estera e interna: spie e candidati le uniscono. Le prime mosse le hanno compiute gli uomini ombra dislocati in Russia o chissà dove. Una prosecuzione delle attività condotte in questi ultimi anni dove il conflitto digitale si è affiancato a quello convenzionale. I russi hanno partecipato con i «cyberguerrieri» alle campagne militari in Georgia e Ucraina, per esempio.
Al tempo stesso hanno ampliato le attività di spionaggio rubando il possibile o raccogliendo dati per creare dossier, lanciare ricatti, carpire informazioni sensibili su figure di spicco. Perché è così che fanno: immagazzinano a futura memoria. In un paio di nuovi centri sono confluiti esperti di cyberwar e altri in grado di redigere storie da diffondere a livello globale.
Le mosse degli Usa Gli Stati Uniti hanno giocato le loro carte con le ormai note infiltrazioni della Nsa, contro nemici e amici. Hanno colpito l' Iran sabotando le reti petrolifere e nucleari, hanno sorvegliato dirigenti di Stati, hanno piazzato «orecchie» ovunque.
Un sistema poderoso gestito dall' agenzia, ma che si è ampliato alla Cia e al Pentagono, con il Cyber Command. Un dispositivo, su ordine di Obama, in grado di parare le frecce nemiche, ma anche di sferrare offensive simili a quelle affidate agli stormi dell' Air Force.
Tutto abbastanza prevedibile fintanto che non è cominciata la lunga corsa alla Casa Bianca.
La scommessa di Mosca La Russia ha «scelto» il suo candidato: Donald Trump. Convinta che una vittoria di Clinton vedrà un' America interventista. Ed ecco che i «pirati» - è l' accusa Usa - si sono messi al lavoro per saccheggiare le email della ex segretaria di Stato e dei suoi collaboratori. Dialoghi a tratti imbarazzanti che - sempre secondo la tesi statunitense - sono stati passati da Mosca a WikiLeaks, rapida nel spargerli sul web.
Un tentativo di influenzare il voto Usa mai visto prima, al punto che molte voci al Congresso hanno chiesto un' inchiesta Fbi sui rapporti tra Trump e Putin. Le indagini diranno di più, ma già a prima vista si scorge la sintonia tra alcuni media russi, l' organizzazione di Assange e i messaggi degli uomini di Trump che, non a caso, ha sempre difeso Mosca. Perfino durante i dibattiti l' imprenditore si è rifiutato di sottoscrivere le accuse mosse dall' intelligence Usa e ha ipotizzato la mano cinese o dell' improbabile «ciccione stravaccato sul letto a smanettare con un computer».
I rischi C' è poco da ridere. È legittimo chiedersi se gli spioni si siano limitati a prendere di mira l' imprudente Hillary o se, come è probabile, non abbiano messo altro fieno in cascina.
Nel turbinio di rivelazioni ora potrebbe esserci spazio per nuove sorprese. La Cia ha elaborato il piano hacker per svelare le magagne di Cremlino e oligarchi. WikiLeaks promette altre carte esplosive sulla Clinton. Ieri ha diffuso 800 files.
Nel mentre, una nave spia russa fa il pendolo davanti alla Siria vicino ai cavi di comunicazione, gli aerei americani da guerra elettronica partono da Sigonella e volano su Mar Nero e Mediterraneo Orientale, i super droni Global Hawk vegliano in Ucraina e captano conversazioni. Non manca nulla.
2. DONALD FILO PUTIN E L'INGERENZA MAI VISTA
Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
Nella società dell' informazione guerra e terrorismo passano anche per le vie digitali. È noto da tempo e l' America di Barack Obama è corsa ai ripari. Cercando in Rete i reclutatori di jihadisti contro il dilagare dell' Isis; proteggendo infrastrutture nel caso della cyberwar: reti elettriche e telefoniche, traffico aereo, computer contenenti segreti del governo e delle imprese strategiche.
Negli ultimi mesi, però, l' incrociarsi di una serie di fenomeni - la campagna di Donald Trump, isolazionista in politica estera e fan di Putin, le rivelazioni di WikiLeaks su Hillary Clinton (che gli analisti fanno risalire ad hacker russi), il sospetti che questi stessi hacker vogliano infilarsi nei sistemi elettronici del voto - ha creato un' emergenza più grave. L' intelligence denuncia un tentativo senza precedenti di Mosca di influenzare le elezioni con strumenti informatici occulti e anche con interventi diretti.
Lo stesso Obama si è convinto della gravità della situazione e cerca soluzioni. L' annuncio di una rappresaglia informatica «segreta» fatto dal suo vice, Joe Biden, è la manifestazione più evidente di questa consapevolezza, ma anche delle difficoltà della Casa Bianca le cui opzioni, al di là della denuncia del pericolo Trump e della promozione della candidatura Clinton, sono limitate. Attaccare le reti informatiche russe? Un precedente pericoloso. Far uscire informazioni imbarazzanti per il Cremlino? Putin è poco vulnerabile alle campagne denigratorie.
Intanto siamo ai tentativi aperti di intimidire l' elettorato Usa con la sortita di Zhirinovsky: «Votate per Trump, con Hillary si rischia la guerra nucleare». Certo, l' estremista della Duma è considerato da molti un clown, ma Putin gli ha appena conferito un' onorificenza. E di questi tempi i clown in politica hanno un certo successo.
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