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Carmelo Lopapa per “la Repubblica”
berlusconi scaroni della valle
L’Ultimo spauracchio, nel partito in disarmo, si chiama Diego Della Valle. Deputati ed ex parlamentari di Forza Italia raccontano di essere stati contattati in questi giorni da “ambasciatori” di Mr Tod’s, intenti a sondare la loro disponibilità ad avvicinarsi al mondo di “Noi Italiani”. Il nome e il simbolo di quel che sarà il nuovo soggetto politico sono stati già depositati nei mesi scorsi, l’imprenditore sempre più interventista in politica e con forti tinte anti-renziane, starebbe preparando un’uscita in grande stile. Forse già per novembre, stando a quanto riferiscono in Forza Italia.
E tanto è bastato per mandare in fibrillazione il piccolo regno berlusconiano. Il “sovrano” decolla giusto nelle prossime ore (al più domattina) alla volta di Sochi, in Russia, lasciando i suoi in balia dei venti e delle tempeste. Perché difficilmente l’operazione Della Valle, se davvero dovesse decollare, sarebbe amichevole: ha già tutto il sapore di un’Opa ostile nei confronti di Forza Italia in crisi di consensi e del suo elettorato in libera uscita.
«Il fatto è non capiamo cosa abbia in testa il nostro presidente, il rischio è che Della Valle fagociti anche quel 10 per cento che ci resta», confidava ieri, sconfortato, in Transatlantico uno dei deputati “sondati”. In effetti, Silvio Berlusconi a sorpresa il 2 luglio aveva plaudito all’annuncio del nuovo movimento politico da parte del patron di Tod’s, definendolo «un numero uno» del quale ci sarebbe bisogno in politica.
Salvo poi correre ai ripari e far sapere che non era affatto un endorsement. Indiscrezioni di Palazzo che ora tornano a correre veloci, come quella sul possibile sodalizio Della Valle-Passera. Fanno il paio con la voce insistente a Firenze che vorrebbe l’imprenditore (e presidente della Fiorentina) interessato al pacchetto di maggioranza del quotidiano “La Nazione”. Manovre in corso, insomma.
Tutto questo non fa che accrescere il clima di incertezza e paura in un partito, Forza Italia, in cui la partenza del leader in un momento delicato come questo non ha fatto fare salti di gioia. I coordinatori regionali verranno riuniti comunque, domani, ma in assenza del capo, il quale si è tenuto lontano anche dalla riunione dei senatori, ieri sera a Palazzo Madama, voluta dal capogruppo Paolo Romani.
Erano presenti 25 su 44 per confermare la linea del no alla riforma renziana del Senato, «in assenza di segnali, aperture, modifiche». Si presenta anche l’ex ministro della Difesa di Monti, Mario Mauro, ormai tornato di fatto a “casa” tra i forzisti. «Se le cose non cambieranno sul Senato elettivo, in Aula voteremo contro in 170-180, il premier non ha i numeri », chiude Romani per motivare la truppa, pur lasciando un margine di trattativa sul listino.
Il suo collega alla Camera, Renato Brunetta, temendo cedimenti, in mattinata aveva già tuonato («Da Fi nessun aiuto a Renzi»). Linea dura sposata da tanti, al gruppo, a cominciare da Augusto Minzolini che sciorina «l’ultimo sondaggio della Ghisleri» per sostenere che la minaccia di elezioni è «un’arma sputata di Renzi». Dato che il Pd sarebbe sceso al 30 per cento, il M5s risalito al 25 e la Lega tra il 16 e il 17. Con Fi ormai costretta a inseguire al 12 e Ncd scomparsa al 2. Ma in queste condizioni, neanche a Berlusconi converrà tornare alle urne.
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