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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI NON AVEVA ALCUNA VOGLIA DI VOLARE A PARIGI AL VERTICE ORGANIZZATO DA…
Ugo Magri per “la Stampa”
Sistemata la scuola, tocca alla Pubblica amministrazione: sarà la prossima riforma in aula alla Camera per il «rush finale», si compiace il premier su Facebook. Dopodiché, «focus su fisco e riforme costituzionali verso il referendum del 2016».
Fosse dipeso solo da lui, Renzi avrebbe approvato tutto l’approvabile già entro fine mese, in modo da mostrarsi subito reattivo dopo il «campanello d’allarme» (così l’ha definito nella segreteria Pd) delle ultime Regionali.
Saggiamente, invece, ha preferito procedere per gradi ma con passo sicuro: meglio non rischiare scivoloni prima delle vacanze estive, è stata la sua conclusione. In Senato, dove la maggioranza è più incerta, Renzi porterà a casa la nuova governance Rai, che gli permetterà di spalancare le finestre a Viale Mazzini, e si accontenterà di varare a settembre la combattutissima riforma del Senato.
Un autorevole ministro, il quale afferma di averne ragionato con lui, sostiene che Renzi impiegherà l’estate a maturare i piani dell’autunno. Conta di presentarsi in Parlamento a settembre per illustrare con un impegnativo discorso il programma della «ripartenza», imperniata su un calo della pressione fiscale e su misure anti-cicliche come lo sblocco delle grandi infrastrutture da finanziare con la «spending review».
Fonti del cosiddetto «giglio magico» scommettono che la ripartenza si accompagnerà, inevitabilmente, a un «restyling» della compagine ministeriale (non lo si chiami rimpasto), in modo da navigare poi senza problemi verso il referendum costituzionale nell’autunno 2016, il congresso Pd nel 2017 e infine le elezioni nel 2018.
ASPETTANDO VERDINI
Passano i giorni e le settimane, ma il «soccorso azzurro» al governo tarda a manifestarsi. Non è chiaro cosa aspetti Verdini a lasciare Forza Italia, dove è da tempo un separato in casa. Le ultime voci raccontano che l’ex braccio destro del Cav sarebbe tuttora impegnato in conciliaboli e trattative col giro renziano, perché vuole capire bene in anticipo quale sarà il destino suo e degli altri fuoriusciti.
Il chiarimento pare sia amichevole, ma anche parecchio complicato perché a Renzi un aiuto fa comodo, un po’ meno farsi carico degli ex pretoriani di Silvio. Tra i quali si registrano i primi fenomeni di autocombustione. Alla Camera, sulla scuola, quattro verdiniani hanno detto sì alla riforma scolastica. E a Palazzo Madama il senatore Conti (anche lui amico di Denis) ha rotto gli indugi. «Non ne posso più di stare dentro Forza Italia», ha fatto sapere a Verdini, «io intanto vado nel gruppo Misto, e ci ritroveremo tutti insieme quando vi deciderete anche voi...».
NESSUNO TOCCHI LE REGIONI
Indietro non si torna. Questo ha garantito il Presidente della Repubblica ai governatori che sono andati ieri da lui in delegazione, guidati da Chiamparino. Tutti, chi più chi meno, hanno lamentato una deriva neo-centralista. Tranquilli, ha risposto Mattarella, le Regioni sono un dato irreversibile, nessuno ne sminuirà il ruolo.
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