DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1- DAGOREPORT
E' proprio vero: niente è piu inedito di ciò che è stato scritto. E visto che i giornali di questi giorni stan facendo un gran casino, forse è il caso chiarire alcuni punti. Intanto, le trattative Stato-Mafia sono state due: la prima nel â92 dopo l'uccisione di Falcone e Borsellino; l'altra nel â93 con le bombe a Roma e Firenze e Milano. Ed è quella che costringe lo Stato a cedere ai mafiosi, non rinnovando il carcere duro per i boss, e avviene per mano del ministro della Giustizia Conso, governo Ciampi, che fa fuori Nicolò Amato e il Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) viene affidato affidato al duo Capriotti-Di Maggio.
A questo salto qualitativo enorme di Cosa Nostra - passando dall'assassinio Lima-Falcone-Borsellino del '92 alle bombe del â93 - occorre aggiungere l'episodio incredibile del blackout: la notte del 27 luglio 1993 salta il centralino di palazzo Chigi. Opera di apparati dello Stato, è la voce che si sussurra ma non si scrive. Obiettivo: convincere Ciampi a mollare sul 41 bis.
Al vertice dello Stato, nell'estate delle bombe, terrorismo, servizi segreti e misteri, troviamo Scalfaro al Quirinale, Ciampi a Palazzo Chigi, Napolitano presidente della Camera, Spadolini presidente del Senato e Nicola Mancino ministro dell'Interno. Lo scontro fu tra il premier Ciampi e Mancino (con Scalfaro e Parisi) che premeva per non rinnovare il carcere duro e uscire dal "bombardamento".
Ci volle il micidiale blackout di Palazzo Chigi e l'incredibile salita al Colle in data 6 agosto del capo della Polizia Vincenzo Parisi per garantire - udite, udite! - "la lealtà delle forze armate" (comunicato ufficiale diffuso dall'Ansa) a far capitolare, a novembre â93, Ciampi che da il via a Giovanni Conso.
Eravamo arrivati al limite del colpo di stato. Ecco perché Mancino ora si sente "abbandonato" nei suoi colloqui con Loris D'Ambrosio: la trattativa fu una trattativa che vide coinvolto il vertite dello Stato, Ciampi compreso. Che poi incassò il "cedimento" con la nomina a Capo dello Stato. Una trattativa che si intreccia con lo scandalo Sisde che trafisse Scalfaro ("Non ci sto!"), esploso sui giornali nel novembre del '93. Ma già ad aprile eranp in circolazione i veleni....
2- PALAZZO CHIGI, DUE ORE E MEZZO DI MISTERO - BLACKOUT TECNICO O SABOTAGGIO?
Maria Antonietta Calabro' per il "Corriere della Sera" del 5 agosto 1993
La notte tra martedi' 27 luglio e mercoledi' 28 luglio, immediatamente dopo l' esplosione delle bombe di via Palestro, a Milano, e di S. Giovanni e S. Giorgio al Velabro a Roma, e per ben due ore e mezzo, Palazzo Chigi e' rimasto "isolato" telefonicamente dal resto del Paese. La rete Sip che collega il centralino della sede del governo alla piu' vasta rete urbana, nazionale e internazionale, e' rimasta muta. Cosi' pure tutti i numeri interni che uniscono tra loro, come si dice in gergo, punto punto, i vari uffici.
Funzionava solo la linea diretta con la batteria del Viminale, che e' il centralino del governo gestito dal ministero dell' Interno. Il presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi, e i suoi piu' stretti collaboratori, accorsi al Palazzo, subito dopo aver avuto notizia degli attentati (Ciampi si e' precipitato a Roma dalla sua casa di Santa Severa, sul litorale laziale), per comunicare e dare le prime direttive sul da farsi hanno dovuto utilizzare un telefonino cellulare privato.
Si e' creata una situazione degna del migliore Morris West, il famoso scrittore inglese che nel suo romanzo La Salamandra, negli anni Settanta, ha descritto una spy story i cui ingredienti sembrano essere tornati di moda: bombe, terrorismo, servizi segreti e misteri.
Un cocktail che ben shakerato puo' fruttare, cosi' avviene nel romanzo, un tentativo di golpe.
Ma torniamo alla notte delle bombe. Forse un black out tecnico? Sull' oscuro episodio ora e' in corso un' inchiesta affidata ai servizi segreti. Ma i primi risultati raggiunti hanno allarmato ancora di piu' il presidente Ciampi. E' gia' stato accertato infatti che il "guasto" non e' dipeso dalla centralina interna al Palazzo. Il black out "proveniva" dall' esterno. Bisognera' chiarire perche' . Per il momento, alla luce di quanto sta emergendo su questo strano black out, si possono capire meglio le gravi affermazioni rese in Parlamento dal presidente del Consiglio.
Secondo Ciampi, le bombe di Roma e di Milano volevano raggiungere un obbiettivo politico ben preciso: il suo governo. Del resto, la decisione di partecipare alla commemorazione per il tredicesimo anniversario della strage alla stazione di Bologna, Ciampi l' ha presa proprio in quelle ore drammatiche. Non si trattava affatto di un impegno gia' fissato.
E mai nessun presidente del Consiglio, prima di Ciampi, aveva "affrontato" Bologna, proprio sul piazzale della stazione, a fianco del presidente della Commissione parlamentare sulle stragi e del presidente della Commissione antimafia. Tutte le altre commemorazioni, in passato, si erano svolte soltanto nel Comune della citta' . Proprio nel capoluogo emiliano, lunedi' scorso, Ciampi ha puntato l' indice contro gli intrecci perversi tra crimine, malaffare e ambienti politici inquinati.
E in ogni caso, l' inspiegabile defaillance della rete telefonica di Palazzo Chigi, che si e' verificata in un momento delicatissimo della vita del Paese . in quelle stesse ore era in corso anche il braccio di ferro con i camionisti che avevano cercato di bloccare gli approvvigionamenti di derrate alimentari e di benzina . E quasi in contemporanea con i gravissimi attentati, ha convinto una volta di piu' il capo del governo a far cadere la sua scure sui servizi segreti. E le teste sono cominciate a cadere. Angelo Finocchiaro ha dovuto lasciare la direzione del Sisde.
Solo pochi mesi fa c' era stato un ampio rimpasto di vertici, sempre all' interno del servizio segreto del Viminale. E stato accelerato anche l' iter di presentazione del tanto atteso disegno di legge di riforma dei servizi segreti (una prima bozza e' stata elaborata dal Comitato parlamentare di controllo) che razionalizzi e restituisca efficienza ad un settore strategico della pubblica amministrazione. Ora si attendono gli esiti dell' inchiesta sul guasto alla centrale telefonica di Palazzo Chigi. Alcuni esperti guardano alla struttura riservata della Sip, in passato controllata dal Sismi. Una struttura parallela, quella della Sip, che gia' qualche mese fa e' stata nel mirino della Procura della Repubblica di Roma, e che ora, dopo quest' episodio, potrebbe tornarci.
3- MUTI QUELLA NOTTE I TELEFONI "SICURI"
Maria Antonietta Calabro' per il "Corriere della Sera" del 6 agosto 1993
La notte delle bombe di Roma e di Milano, il blackout telefonico a Palazzo Chigi e' durato esattamente 2 ore e quaranta minuti. Le cause dello strano guasto al centralino sono ancora tutte da accertare: sono saltati almeno un paio di computer che assicurano l' autorigenerazione automatica del sistema; e tutte le manovre manuali di reinserimento, che normalmente permettono di nuovo l' operativita' in pochi minuti, sono risultate impossibili fino alle 3 del mattino, quando era ancora in corso la riunione straordinaria del Comitato per l' ordine e la sicurezza convocata dal presidente del Consiglio.
Un particolare significativo del clima teso di quelle ore: quando e' terminata la riunione del Comitato, erano passate da poco le quattro, Ciampi ha deciso di passare la notte a Palazzo Chigi ed e' rimasto a dormire nell' appartamento del capo del governo predisposto al terzo piano dello stabile. La conferma formale alla notizia relativa al blackout della centrale telefonica pubblicata dal Corriere e' arrivata ieri sera con un comunicato ufficiale della presidenza del Consiglio, al termine di una giornata tesa, nervosa, in cui il presidente Ciampi ha anche ricevuto il comandante generale dell' Arma dei Carabinieri Federici, e lo ha intrattenuto in un colloquio a quattr' occhi, iniziato alle 20,30 e durato un' ora.
"Alle 00,22 della notte del 28 luglio ultimo scorso - sostiene il comunicato della presidenza - un grave guasto ha interessato la centrale telefonica principale di Palazzo Chigi. Il ripristino della piena funzionalita' dell' impianto - continua il testo - e' stato possibile solo alle ore 3,02". Viene poi aggiunto: "L' indagine tecnica subito disposta non e' ancora pervenuta a definitive indicazioni sulle cause del guasto, localizzato all' interno della rete di commutazione dell' impianto".
Viene comunque assicurato che "i collegamenti telefonici della presidenza del Consiglio con le altre autorita' dello Stato hanno peraltro avuto regolare corso durante l' intera notte del 28 luglio, mediante i sistemi paralleli di comunicazione normalmente funzionanti". Il misterioso alt della centrale dunque e' iniziato un' ora e sette minuti dopo l' esplosione della bomba di via Palestro nel capoluogo lombardo (la deflagrazione e' avvenuta alle 23,15) e appena un quarto d' ora dopo le esplosioni di piazza San Giovanni e di San Giorgio al Velabro di Roma (rispettivamente delle 00,04 e delle 00,08).
Ciampi, che era stato avvisato dal ministro dell' Interno, Nicola Mancino, della strage di Milano, aveva deciso di rientrare a Roma dalla sua residenza estiva di Santa Severa, dopo che il sottosegretario alla presidenza Andrea Manzella gli aveva fatto sapere delle altre due bombe esplose nel cuore della capitale. Cosi' e' avvenuto che quando e' giunto a Palazzo Chigi, all' 1 e 10 circa, in una Roma deserta, piazza Colonna illuminata a giorno e il Palazzo per antonomasia chiuso e vuoto, il potente centralino della presidenza non funzionava gia' piu' .
Si e' venuta cosi' a creare una situazione quasi kafkiana, perche' non e' gradevole per nessuno, tanto meno per il presidente del Consiglio, constatare che mentre esplodono le bombe si verificano alquanto improbabili, per quanto sempre possibili, guasti notturni (le centrali telefoniche in genere vanno in tilt quando non riescono a smaltire il traffico di chiamate, non nel caso contrario).
Questo non significa che il governo e' rimasto isolato dal resto del Paese. Le linee dirette, cioe' quelle abilitate anche alle telefonate interurbane e internazionali, linee di cui sono dotati tutti i principali uffici della presidenza, erano okey. Ma, per inefficienza o peggio, sono rimasti fuori uso tutti i numeri interni che uniscono tra loro, come si dice in gergo, punto punto, i vari uffici, e cio' ha creato, in quelle ore drammatiche, piu' di un problema organizzativo.
Un fatto grave soprattutto perche' , come e' noto, solo le linee passanti da centralino . tanto piu' se si tratta di centrali complesse e dotate di standard di affidabilita' richiesti dalle procedure e dai codici della Nato per gli organi di governo, sono relativamente sicure e al riparo da possibili intercettazioni.
4- PARISI: NON CI SARANNO GOLPE IN ITALIA - "INDUBITABILE LA LEALTA' DEI MILITARI. SULLE BOMBE SI RAFFORZA LA PISTA MAFIOSA" . IL CAPO DELLA POLIZIA SPIEGA PERCHE' HA OFFERTO DI LASCIARE IL SUO INCARICO E I SUOI RAPPORTI CON I VERTICI DELLO STATO
Maria Antonietta Calabro' per il "Corriere della Sera" dell'8 agosto 1993
Parisi, il giorno di una grande vittoria, quella della riconferma a capo della Polizia. Spiega perche' si voleva dimettere dopo gli attentati. Illustra la lettera scritta il 3 agosto al ministro dell' Interno Mancino per chiedere una "valutazione" del governo sul suo operato passato, e certezza di fiducia per il futuro. Il prefetto parla dei suoi rapporti con Mancino, Ciampi e Scalfaro. Afferma che golpe in Italia non ce ne potranno essere perche' la lealta' delle forze armate e' indubitabile. Sulle bombe, sostiene, si rafforza sempre piu' la pista mafiosa. .
Prefetto, e' contento?
"Diciamo che sono soddisfatto e anche riconoscente per l' atto di fiducia che, tutto sommato, mi da' maggiore impulso nel lavoro e soprattutto mi conferma che il lavoro svolto continua a essere apprezzato. Dal dubbio non nasce l' azione. Il dubbio, peraltro, era solo mio perche' nessuno mi aveva palesato segni di sfiducia. Gia' sabato scorso, nella riunione dei questori di tutt' Italia che si era svolta a Roma, avevo esternato pubblicamente questa preoccupazione: di non essere legittimato nella continuazione dell' incarico. E li' , subito, davanti a tutti il ministro Mancino aveva avuto parole di generoso riconoscimento, gia' c' era stato un segno palese della sua solidarieta' e della sua vicinanza...". .
Ma come mai allora ha preso carta e penna e ha scritto quella lettera?
"Nonostante il duro esercizio di una lunga attivita' di lavoro molto spesso difficile, ho mantenuto una certa sensibilita' . Ritengo che il patrimonio che ognuno di noi deve tutelare prima di ogni altro e' la propria dignita' personale. Per questo ho ritenuto di fare verificare che il governo condividesse la posizione del ministro. Che non fosse cioe' solo un atto di fiducia del ministro, che impegnava unicamente lui e che poteva non garantire a me che l' atto di fiducia sua fosse condiviso da tutto il governo. Naturalmente, ho corso il rischio che la cosa potesse essere valutata in senso a me non favorevole, perche' non avevo fatto, ne' potevo fare un' esplorazione precedente. La rinnovata fiducia che ho ricevuto mi da' la possibilita' di sviluppare l' azione necessaria per il futuro, per rimuovere questa situazione che si e' creata con gli ultimi attentati".
Un ruolo nella riconferma lo ha avuto anche l' apprezzamento del capo dello Stato nei suoi confronti...
"Sono riconoscente al presidente della Repubblica, certamente in modo particolare, perche' e' sempre vicino a coloro che esercitano pubbliche funzioni, ci sostiene con grande sensibilita' . Oltre a premiare, sul piano umano, per la grande cordialita' dei modi e per l' interessamento personale che svolge in tutti i momenti difficili". .
E con Ciampi, come si trova?
"Ho un eccellente rapporto, molto cordiale, molto buono: per me tutti coloro che rappresentano le istituzioni sono persone rispettabili, tutte persone con cui intrattengo rapporti molto cordiali". .
Della lettera di remissione del mandato ha colpito l' accenno che non ci dovessero essere sospetti sulla lunga permanenza nel suo ufficio.
"Fatti reconditi non ci sono e non ci possono essere perche' e' stato sempre tutto cosi' lineare che non c' e' niente da nascondere. D' altra parte, lei sa che hanno cercato di colpirmi piu' volte senza aver successo. Mi riferisco a quella che e' l' esposizione naturale di un ruolo come il mio. Non si riesce ad avere un risultato, e si viene messi in discussione; si ottiene il risultato e si adombra il sospetto che lo si sia conseguito in modo irrituale. Purtroppo, avviene cosi' e non bisogna preoccuparsene tanto. Il problema, come ho detto nella lettera, e' quello di essere apprezzato da tutte le forze politiche oltre che dal corpo sociale, perche' chi lavora per l' interesse esclusivo della comunita' nazionale deve potere contare sulla stima di tutti".
Lei rassicura anche sulla lealta' democratica delle forze armate.
"E indubitabile. Essa da' la certezza matematica che di golpe in Italia non ce ne potranno essere. Cosi' come e' vero che nella societa' italiana non esiste una vocazione che non sia democratica. Sono forze armate a modello di una societa' integralmente e direi irreversibilmente democratica. Ne sono certissimo. Non di meno bisogna essere sempre vigilanti non contro il pericolo del golpe, ma contro il pericolo di atti destabilizzanti che possano incrinare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni".
Ma allora le bombe chi le ha messe? A dieci giorni dagli ultimi fuochi, avete imboccato la pista giusta?
"Non e' possibile fare anticipazioni, ma la pista mafia rimane sempre quella privilegiata per tante ragioni, naturalmente senza escluderne altre, concorrenti o concomitanti".
CAPACI-L'AUTO DI FALCONELA STRAGE DI VIA D AMELIO IN CUI MORI BORSELLINO attentato via d'amelioSTRAGE DI CAPACI FALCONE MORVILLO FOTO REPUBBLICA MILANO E ROMA LUGLIO DUE BOMBE A VIA PALESTRO E ALLA BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO jpegBOMBA FIRENZE VIA DEI GEORGOFILI CARLO AZEGLIO CIAMPI - copyright Pizzinicolo amatoAdalberto CapriottiFRANCESCO DI MAGGIONICOLA MANCINO PRIMA PAGINA DI REPUBBLICA AGOSTO NOVANTATRE IL CASO MANCINO CIAMPI AL TELEFONO CON MANCINO VIGNETTA FORATTINI AGOSTO NOVANTATRE SPADOLINIOscar Luigi ScalfaroLORIS D AMBROSIOVINCENZO SCOTTI E ALLA SUA DESTRA VINCENZO PARISIPalazzo Chigi
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