DAGOREPORT – MATTEO FA IL MATTO E GIORGIA INCATENA LA SANTANCHÈ ALLA POLTRONA: SALVINI, ASSOLTO AL…
DAGOANALISI
Nell'attesa che l'Ispanico Berlusconi si avvii definitivamente verso i Campi Elisi come il gladiatore interpretato dall'attore Russel Crowe nel film diretto da Ridley Scott, magistralmente raffigurato (politicamente) anche dal sommo Eugenio Scalfari nel suo magistrale editoriale su "la Repubblica" di domenica, il primo miracolo dal "Patto del Nazareno" è stato (piaccia o meno) la resurrezione del Cavaliere nero bandito dal Parlamento.
Infatti, non sono trascorsi nemmeno sessanta giorni da quello "storico" 27 novembre 2013 quando un voto dell'aula di palazzo Madama sancì, solennemente, la "decadenza", e l'incandidabilità futura a cariche pubbliche, del padre-tenutario della Casa delle libertà , tornata a chiamarsi Forza Italia.
Una sorta di nuovo 25 aprile per il quotidiano di largo Fochetti ormai trasformato dal direttore Ezio Mauro e dal suo editore, Carlo De Benedetti, in una sorta di album "il Monello" in cui si dà conto ogni dì delle avventure di Superbone-Renzi.
Una cacciata dal Tempio senatoriale che aveva fatto gridare proprio al suo prossimo alleato - il figliolo Renzi-Commodo del legionario Ispanico citato nella metafora scalfariana del gladiatore -, quel "game over" che oggi risulta assai improvvido.
Anche se nei prossimi mesi la ditta "Renzusconi" non avrà vita facile nel realizzare quel progetto di nuova legge elettorale "alla spagnola". Sia a causa della crisi patologica in atto dei cosiddetti partiti-personali, avviati all'autodistruzione anche per effetto della fine del Porcellum sancita dalla corte costituzionale; sia (e soprattutto) per l'idiosincrasia del Pd (con anima democristiana) a farsi inoculare il virus della personalizzazione del partito-apparato.
Tant'è. Il "Patto del Nazareno" ha finito per riaprire tutti i giochi sotto il cielo imbronciato dei Palazzi romani.
Con Berlusconi che torna da protagonista nel teatrone della politica. Del resto, non è la prima volta che ciò accade per effetto innanzitutto del tafazzismo praticato masochisticamente in casa del Pd. E con il Silvio risorto che riappare sul proscenio addirittura come protagonista sulla riforma della magna carta: legge elettorale e revisione della Costituzione per mettere fine al bicameralismo perfetto.
Un'eventualità impensabile.
Almeno fino all'altro. Lui, l'inossidabile, ormai "ingabbiato" ad Arcore insieme al cane Dudù e dato ormai per morto e sepolto. E con un partito-suddito che gli scappava di mano (scissione Alfano).
A quest'operazione: "Lazzaro alzati e cammina", non sembra tuttavia estranea la regia (più o meno occulta) dell'inquilino (scomodo) del Colle più alto, nonostante il silenzio paludato sul Colle dei giornaloni che hanno accompagnato le sue mosse.
Contribuendo in modo determinante al successo del "Patto del Nazareno", Re Giorgio si è potuto permettere pure di concedere (regalmente, ça va sans dire) una forma di "grazia-salvacondotto" (politico) - o di forte prova d'appello riabilitativa -, al leader dell'opposizione. Il Pompetta, cacciato dalle Camere e destinato ai "servizi sociali" per effetto di una sentenza penale definitiva.
Così, mentre i giornalisti-marmittoni montavano (sonnolenti) la guardia al Quirinale, Napolitano faceva cadere abilmente il silenzio sul suo ruolo (allargato e sussidiario, secondo le accuse (più o meno giuste) dopo le settimane sanguinose seguite alla cacciata del Cavaliere da palazzo Madama.
Con tanto di grida "al golpe" e la minaccia di chiedere l'impeachment per il capo dello Stato da parte della macelleria forzista e dell'ex comico Grillo.
Dopo la bocciatura del Porcellum da parte della Corte costituzionale (4 dicembre 1913), Giorgio Napolitano - che sicuramente era stato informato prima delle motivazioni della bocciatura rese note soltanto il 13 gennaio dell'anno nuovo, tanto da esprimere a botta calda la legittimità del Parlamento in carica -, ha ripreso in mano il bandolo dell'intricata matassa politico-istituzionale. Nel tentativo (a quanto sembra riuscito) di arrivare a una tregua dignitosa per tutti i contendenti in campo (minato).
E nei colloqui riservati avuti le scorse settimane sia con Renzi sia con i visir del Cavaliere, Gianni Letta, Re Giorgio fissava pure alcuni paletti solidi per dissotterrare le asce di guerra: in vista del semestre europeo a guida italiana il governo Letta non era in discussione (aggiustamenti all'esecutivo, aggiungeva, sono possibili ma senza il ricorso a crisi al buio); sulla riforma della legge elettorale (da cui dipende la sua stessa permanenza al Quirinale, fissata per la primavera 2015), inoltre, andava coinvolto anche il principale partito di opposizione (ora nuovamente Forza Italia) e chi resta il suo padre-padrone (Berlusconi).
Il confronto sulla riforma stessa dello Stato necessita il massimo di coesione in Parlamento. Come, del resto, in passato ha sempre sollecitato proprio il centro-sinistra.
Come a dire? Certe riforme non si fanno "a maggioranza".
E per il Quirinale riabilitare Berlusconi è stato anche un espediente per sottrarlo al miraggio delle elezioni anticipate agitato da Beppe Grillo. Adesso l'ex comico stellato è rimasto solo anche nel suo assalto al Quirinale.
RENZI NAPOLITANOnapolitano letta renzi napolitano renzi firenze LANCIO DI UOVA PER BERLUSCONI AL NAZARENOPROTESTE PER BERLUSCONI AL NAZARENOalfano berlusconi adn x Ezio Mauro Gianni Letta e Enrico Cisnetto ENRICO E GIANNI LETTA
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