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Amedeo La Mattina per "la Stampa"
Ieri pomeriggio Casini passeggiava sconsolato in Transatlantico mentre in aula il governo andava giù tre volte. Il leader dell'Udc non legava questi scivoloni con le fibrillazioni tra i partiti della «strana» maggioranza. «Sarebbe una forzatura, tuttavia il clima rischia di deteriorarsi. Io capisco Alfano: pone dei veti, non si presenta al vertice di maggioranza, alza la voce per tenere unito il Pdl, ma è un gioco folle.
Con queste "bambinate" si sta bruciando il suo credito al centro». Casini ragionava così con alcuni deputati del suo partito e non è un caso se abbia voluto pubblicamente spiegare che l'accordo tra Udc e Pdl sul candidato sindaco di Palermo non ha valore strategico («con Fini e Rutelli abbiamo deciso di circoscrivere a zero la valenza politica»).
Il clima non è dei migliori, ma il presidente del Consiglio non è preoccupato. Monti considera quelle tra Bersani e Alfano schermaglie preelettorali che non arriveranno al punto di mettere in crisi il governo. E va avanti mettendo sul tavolo del vertice di maggioranza che si terrà domani tutti i temi che ritiene necessari, senza escludere giustizia e Rai. Non accetta veti. Il segretario del Pdl vuole parlare solo di lavoro, di accesso al credito per le imprese e accusa Bersani di pensare alle «poltrone Rai».
«Se rimarrà tempo ci occuperemo anche del servizio televisivo pubblico e di giustizia», ha ironizzato l'ex Guardasigilli. «Già - gli ha risposto acido il leader dei Democratici -, Alfano ora è il capo della classe operaia...Non ho ho nessuna voglia di litigare, ma con i veti reciproci il governo sarebbe paralizzato. Attenzione a non accendere fuochi. Io non ho mai sollevato questioni, invece ho visto il Pdl esasperare i toni e far saltare un vertice».
Il vertice adesso si farà e Monti ha imposto un ordine del giorno che piace al Pd. La doccia fredda per Alfano è arrivata addirittura durante la conferenza stampa con la Merkel. Con l'aplomb del professore che tanto piace alla Cancelliera tedesca, il premier ha ricordato che un governo non può avere un «mandato predeterminato».
Certo, i tecnici sono stati chiamati a Palazzo Chigi per superare la crisi economica e rilanciare la crescita, ma come assolvere a questa missione è una competenza dell'esecutivo: riforma della giustizia civile e lotta alla corruzione ne sono parte integrante. Ciò significa che il Pdl non può porre veti preventivi, nemmeno sul tema della tv pubblica visto che viale Mazzini versa in un pessimo stato economico e finanziario. Bersani spera che il premier metta mano alla governance, che venga cambiata la legge Gasparri.
Nel Pd gira voce che Palazzo Chigi, d'accordo con il Quirinale, aveva già cominciato a scrivere un decreto per ridurre il numero dei componenti del Cda e dare più poteri al direttore generale (ovviamente l'attuale dg Lorenza Lei non sarebbe rimasta al suo posto). Il decreto sembra sia stato messo in un cassetto e il ministro Corrado Passera domenica in un'intervista al Sole-24 Ore ha parlato solo di un rinnovo del cda Rai con i criteri stabiliti dalla legge Gasparri. I democratici non ci stanno.
«Come fa Monti a rimangiarsi quello che ha promesso in una trasmissione televisiva?», si chiede Paolo Gentiloni. «Se si piegasse ai diktat di Berlusconi, l'autorevolezza che ha conquistato fino ad oggi - aggiunge l'ex ministro delle Comunicazioni - ne verrebbe molto deteriorata».
Il presidente del Consiglio però non vuole infiammare gli animi, così nel vertice di domani mette tutti i temi caldi, nessuno escluso. Sulla legge contro la corruzione punta a far passare la proposta di mediazione del ministro Severino; sulla Rai cerca di far passare la nomina dei nuovi consiglieri d'amministrazione e del direttore generale.
«Lorenza Lei però non si tocca», dice perentorio Paolo Romani. Il Pd teme che lo scoglio venga superato mettendo sul piatto di Mediaset le frequenze televisive. Così Bersani tiene alta l'asticella, continuando a ripetere che non parteciperà alle nuove nomine di viale Mazzini. Monti sta facendo di tutto per sbloccare la rigidità del capo dei Democratici.
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