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Paolo Conti per il "Corriere della Sera"
Bruno Vespa, secondo Enrico Letta mercoledì 2 ottobre «si è chiuso un ventennio». E' finito il ventennio berlusconiano?
«Sì, se si intende il ventennio di Berlusconi a palazzo Chigi o candidato ad andarci. L'uomo politico no, non è finito. Ha ruolo e consensi. Resterà in campo, indipendentemente dalla sua posizione processuale»
Berlusconi negli ultimi giorni sembra sparito. Quasi una figura lontana, sfocata. E' tattica o autentica stanchezza?
«Ha avuto un vero trauma. E' realmente convinto di aver subito una colossale ingiustizia. La forte tentazione personale, ma è una mia valutazione, sarebbe quella di farsi notificare gli arresti domiciliari per non chiedere niente a nessuno. Ma i vantaggi dei servizi sociali sono notevoli, e potrebbe accettarli. Anche se l'idea della 'redenzione', degli esami gli brucia molto. La situazione è comunque aperta e non escluderei nemmeno un ripensamento sulla domanda di grazia.»
Qual è la sua valutazione di questo ventennio, Vespa?
«Sto finendo un libro sulla storia italiana vista con i miei occhi, dall'infanzia a questo ottobre. Berlusconi ha compiuto molti errori. Ma la storia gli riconoscerà di aver dato voce a una parte del Paese che non l'aveva. La parte più moderata»
Gli orfani della Dc, intende?
«Non solo. C'erano moderati anche nel Psi, nei partiti laici minori. Vivevano appartati, subendo l'egemonia politica e soprattutto culturale della sinistra. Berlusconi ha dato voce e identità a questa Italia»
E i suoi errori, i suoi difetti?
«Ho già avuto modo di dirlo e scriverlo: l'errore del '94 fu aver pensato di poter guidare il Paese attraverso la televisione".
Infatti la tv è stata lo strumento-chiave di Berlusconi...
«E' vero, senza televisione non avrebbe avuto il consenso che ha avuto. Ma è una bufala colossale sostenere che abbia dominato l'informazione italiana. Le sue aziende si sono rafforzate col suo potere, non ha fatto certo la Dama di San Vincenzo... Ma in Mediaset l'informazione che conta è sempre stata in mano a uomini di sinistra: Ricci, Costanzo, Mentana, Gori, lo stesso Santoro che vi lavorò per tre anni in assoluta autonomia. Quando era in maggioranza, alla Rai nominò i direttori generale e del Tg1. Ma come qualsiasi altro âeditore di riferimento', termine coniato non da me, ma dal Pci nel 1975 elogiando il servizio pubblico televisivo sul caso Moro. E ha sempre subito gli attacchi di Raitre da mattina a notte»
Un altro errore di Berlusconi, Vespa?
«Confondere il privato col pubblico. Diceva Berlusconi: se io frequento donne, è una mia questione privata. Vero. Ma le modalità erano incompatibili col ruolo pubblico. E poi, affidarsi a gente come Tarantini... Suvvia. C'è una spiegazione a tutto questo. La sua grande solitudine personale. Spiegazione che non può tuttavia essere una giustificazione»
Che peso ha avuto «Porta a porta» nella creazione del berlusconismo come fenomeno anche mediatico?
«Meno di quanto si creda. Berlusconi in 16 anni è venuto 52 volte. I sei segretari del Pd e i tre presidenti del Consiglio di centrosinistra in tutto 76. Il fatto è che Berlusconi fa sempre rumore».
Tornasse indietro rifarebbe il Contratto con gli italiani?
«Domani mattina. E farebbero tutti, perfino Michele Santoro... E' una botta mediatica pazzesca»
Il punto più alto e quello più basso del berlusconismo?
«Il punto più alto fu il 25 aprile 2009 col discorso a Onna sulla Liberazione, col fazzoletto della Brigata partigiana Majella. Aveva l'Italia in mano. Parlò da statista, come gli riconobbe anche la sinistra. Arrivò subito però lo scivolamento verso il basso, perché Berlusconi andò poi a Casoria da Noemi. Poi la D'Addario. Poi le olgettine. E cominciò il disastro».
Dice Epifani: il futuro non è più Berlusconi.
«In termini storici ha ragione. Ha torto sul presente. Lo stesso Alfano è un continuatore della politica di Berlusconi che, al di là delle apparenze, è un moderato, un uomo di mediazione. Resto convinto che avesse deciso già da prima di votare la fiducia a Letta. Poi si è lasciato travolgere da alcuni consiglieri, diciamo così, un po' estremisti»
Lei vede i falchi alla Santanché in crisi?
«Dovranno ritornare al loro ruolo reale. Rappresentare legittimamente una posizione, senza parlare a nome del partito».
Berlusconi è stato uno statista, come sostiene il Pdl, o il proprietario di un suo partito personale privo di dialettica?
«Sul partito personale bisogna intendersi. Se il Pdl, ferma restando la leadership di Berlusconi, avesse fatto qualche congresso in più sarebbe stato meglio. Ma si muove foglia nell'Udc contro Casini, in Sel contro Vendola? Si muoveva foglia in An contro Fini, in Idv contro Di Pietro, nella Lega ieri contro Bossi e oggi contro Maroni?»
Berlusconi ha interpretato l'Italia con la sua tv o invece ha imposto un suo modello all'Italia?
«Veltroni ha ragione quando dice che la tv commerciale ha cambiato il costume degli italiani. Ma il referendum del giugno 1995 contro l'affollamento pubblicitario nelle tv private fu bocciato. Bertinotti mi disse: 'Non avrei mai pensato che la maggioranza dei miei elettori avrebbe votato per Berlusconi'»
Ma le tv di Berlusconi non hanno cambiato in peggio anche l'etica diffusa di questo Paese?
«In tutto il mondo le tv commerciali si concedono molte libertà in fatto di gusti e di linguaggio. Personalmente ho un forte senso di appartenenza alla tv pubblica»
L'ultimo Berlusconi, aggrappato al barboncino Dudù, accanto a una ragazza che ora rimette a posto i conti di casa ad Arcore, le mette allegria o le suscita tristezza?
«Berlusconi, dopo il divorzio da Veronica e la morte della madre, è stato molto, molto solo. Ha cercato qualche volta compagnie sbagliate. Ma ha tutto il diritto di trascorrere questi anni accanto a una persona che io non conosco ma che, a quanto pare, gli porta serenità »
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