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Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
Donald Trump rimette mano al telefonino e sembra di nuovo campagna elettorale.
DONALD TRUMP RAUIL CASTRO BARACK OBAMA
Il primo tweet della giornata di ieri è un avvertimento al governo dell' Avana sul dopo-Fidel: «Se Cuba non farà le cose giuste per il popolo cubano, per la comunità cubano-americana e per gli Stati Uniti nel suo complesso, allora io metterò fine all' accordo». Il neo presidente minaccia, dunque, di cancellare le aperture diplomatiche e commerciali volute da Barack Obama proprio nel giorno in cui un aereo dell' American Airlines è decollato da Miami ed è atterrato all' Avana, il primo volo regolare tra le due città dal 1961.
L' altro giorno, invece, Trump ha dedicato tre righe alle elezioni presidenziali: «Si sono verificate gravi frodi in Virginia, New Hampshire e California. Perché i media non ne parlano?». È come se ci fossero due Trump. Uno è impegnato negli incontri per formare la squadra di governo: nella sua agenda sono in programma colloqui con Mitt Romney e David Petraeus per l' incarico di Segretario di Stato. L' altro, il Trump-bis, continua a fare il guastatore, sollevando ondate polemiche sui social network e spiazzando anche il suo stesso staff. Il caso più controverso è quello del riconteggio dei voti.
Il tycoon ha cominciato ad attaccare la candidata dei Verdi, Jill Stein che ha presentato ricorso in Wisconsin e, ieri, anche in Pennsylvania. «Operazione ridicola». Poi, però, ha ribaltato la situazione, sostenendo che ci siano state frodi persino in California dove è stato battuto con largo margine da Hillary Clinton (32% contro il 61% dei voti). Senza fornire alcuna prova. La Casa Bianca, ieri, è intervenuta di nuovo, ripetendo che «le elezioni si sono svolte regolarmente».
Ma anche le parole su Cuba stanno agitando gli animi. Dal «transition team», il comitato che gestisce il passaggio delle consegne alla Casa Bianca, arrivano segnali contrastanti. Il «moderato» Reince Priebus, futuro capo dello staff, dichiara che Trump sta valutando la piena sconfessione della linea di Obama. Ma Kellyanne Conway, portavoce del tycoon, precisa che nulla è stabilito.
In teoria Trump, una volta insediato, potrebbe cancellare le disposizioni previste dagli ordini esecutivi di Obama.
Oppure il neo presidente può aspettare che sia il Congresso, controllato dai Repubblicani, ad affossare le relazioni bilaterali, confermando l' embargo commerciale.
Non sarà così semplice decidere. La lobby degli affari con Cuba è già in movimento. Ne fanno parte Google, Cisco; le compagnie aeree, le catene di alberghi. E imprenditori nati a Cuba: Alfonso Fanjul, il re della canna da zucchero di Palm Beach; Manuel Medina, imprese hi-tech. A tutti loro Trump dovrebbe spiegare che Cuba resta ancora un' allucinazione.
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