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DAGOREPORT - GIORGIA MELONI SOGNA IL FILOTTO ELETTORALE PORTANDO IL PAESE A ELEZIONI ANTICIPATE?…
1. LA CONDANNA DI SCARONI E LE ALI DI PIOMBO DEI GIORNALI
La condanna del gran capo (in scadenza) dell'Eni per la centrale di Porto Tolle offre una rara occasione per misurare i rapporti di forza tra il Cane a sei zampe e il giornalismo a due/quattro zampe. Repubblica, in prima pagina se la cava con un sommarietto microscopico che di certo dispiacerà al Torquemada Statera. Dentro, un prudentissimo pezzo di tre colonne si spinge a ipotizzare "il rischio di ripercussioni sulla partita delle nomine" (p. 18).
Il Corriere, dopo il duro attacco di Mi-jena Gabanelli a Scaroni, poi prontamente "riparato" con un'intervista allo stesso sui massimi sistemi, non mette la notizia della condanna in prima pagina. E nel suo pezzo in stile agenzie di stampa (p. 16) si riesce addirittura a ignorare totalmente qualsiasi riferimento alla partita delle nomine.
Comica la scelta del Messaggero, che in prima pagina mette sì "La sentenza". Ma è quella dell'Aja sulla caccia alle balene in Giappone. Dentro, pezzullo liscio liscio e la sottolineatura che "il reato non causa l'ineleggibilità per i manager delle partecipate. Renzi sul caso nomine: rispetto le sentenze" (p. 12). Anche iI Sole sottolinea con evidenza che "non scatta l'esclusione" per Scaroni. In effetti la direttiva del ministero comprende persino i reati legati alla pornografia, ma non quelli ambientali (p. 8).
Il giornale più coraggioso è La Stampa di Detroit, che evidentemente tifa per una svolta più filo-Usa ai vertici di Eni. Il quotidiano diretto da Mariopio Calabresi mette Scaroni in prima pagina e tira subito le conseguenze: "Scaroni, condannato, a rischio la riconferma al vertice dell'Eni".
Il Giornale conferma che il grande protettore di Scaroni è il Banana e regola la faccenda in un imbarazzato colonnino di trenta righe a pagina 7.
2. PORTO TOLLE METTE LA PAROLE FINE ALLE AMBIZIONI DI SCARONI ALL'ENI...
Alessandro Barbera per âLa Stampa'
A chi li cerca per chiedere udienza, o anche solo per perorare la causa di un candidato, la risposta è sempre la stessa: «Decide Matteo». Il momento si avvicina a grandi passi. Fra due settimane - il 14 aprile - scadono i termini per la presentazione delle liste dei candidati al rinnovo del consiglio di amministrazione di Eni e Finmeccanica. Per allora il puzzle delle nomine di quel che resta dello Stato nelle grandi aziende partecipate dovrà essere composto.
Le persone incaricate di studiare la soluzione del rebus sono tre fedelissimi del premier: il sottosegretario Luca Lotti, il tesoriere Pd Francesco Bonifazi, l'amico d'infanzia Marco Carrai. La sentenza di Porto Tolle sembra uno spartiacque degli equilibri perché - così dicono i ben informati del palazzo - avrebbe messo la parola fine alle ambizioni di Scaroni per restare all'Eni anche nelle vesti di presidente. L'attuale amministratore delegato - ieri a Torino per l'inaugurazione del nuovo centro per la fotografia Camera - non ha però perso le speranze: «Questa sentenza non ha nulla a che vedere con le nomine, non c'è stato alcun disastro. Questa sentenza non tocca la mia onorabilità né riguarda i criteri di ineleggibilità . Sono dispiaciuto ma fiducioso nell'appello».
Eppure le voci raccolte nelle ultime ore raccontano che la partita per la successione sarebbe ormai ristretta a due o tre nomi: fuori il fedelissimo di Scaroni Claudio Descalzi, avanzano Stefano Cao - già braccio destro di Vittorio Mincato - Lorenzo Simonelli, manager quarantenne di General Electric sponsorizzato da Paolo Fresco, o Vittorio Colao, gran capo di Vodafone. Per converso, l'assoluzione nel caso di Porto Tolle ha rilanciato le chance dell'amministratore delegato di Enel Fulvio Conti, anch'esso disposto a spostarsi sulla poltrona di presidente. I candidati alla successione in questo casi sono due, entrambi interni: il capo della Finanza Luigi Ferraris e quello di Enel Green Power Francesco Starace. Quest'ultimo però, ansioso di cercare sponsor presso i renziani, starebbe perdendo posizioni.
L'altra casella difficile da riempire è quella di Finmeccanica. Se l'ex capo dei Servizi Gianni De Gennaro ha ipotecato la riconferma come presidente, resta aperta la gara per la poltrona di amministratore. Alessandro Pansa vorrebbe la riconferma, ma sconta la lunga permanenza come capo della Finanza. Sgomitano per succedergli il capo di Aermacchi Giuseppe Giordo, Domenico Arcuri (Invitalia) e l'amministratore di Idea Fimit Massimo Brunelli.
A Montecitorio circola però anche il nome del parlamentare Pd Marco Causi, già assessore al Bilancio di Veltroni e unanimemente stimato per la competenza: una sorta di commissario di nomina politica per un'azienda travolta da scandali e inchieste giudiziarie. Per il trio che farà le proposte a Renzi si tratta di tenere conto di due aspetti poco convergenti: da un lato la pressione dell'opinione pubblica perché le nomine diano il segno della discontinuità , dall'altra non dare la sensazione di scegliere sulla base di criteri che con la gestione aziendale non hanno molto a che fare.
Questa è ad esempio la preoccupazione espressa per iscritto al premier da parte dei fondi di investimento stranieri che hanno investito nelle partecipate. In ogni caso in una delle caselle importanti non potrà mancare almeno il nome di una donna. Ecco perché per quella di amministratore a Poste salgono le chanche del numero uno del Gruppo Espresso Monica Mondardini: potrebbe avere la meglio sulla concorrenza di Francesco Caio.
Twitter @alexbarbera
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