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VIENI AVANTI, PECHINO: I DAZI DI TRUMP SPINGONO L’EUROPA AD ABBRACCIARE IL DRAGONE CINESE – STEFANO STEFANINI: “CANDIDANDOSI AD UN RUOLO POST-CONFLITTO IN UCRAINA PECHINO INTENDE METTERE UN PIEDE IN EUROPA, PROPRIO AGGANCIANDOSI AL ‘DEAL’ RUSSO-AMERICANO. CON UNA DOPPIA VALENZA: DI NON ESSERE ESCLUSA DA MOSCA E WASHINGTON; DI STABILIRE UN RAPPORTO STRATEGICO CON KIEV E, SOPRATTUTTO, CON L’UE” – “IL GIOCO DELLE TRE CARTE DI KISSINGER ALLONTANÒ PECHINO DA MOSCA NEL 1972. A WASHINGTON C'È CHI PENSA OGGI DI RIPETERLO ALL'INVERSO. LA CONSEGUENZA POTREBBE ESSERE DI AVVICINARE BRUXELLES A PECHINO E LASCIARE WASHINGTON ISOLATA…”

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Estratto dell’articolo di Stefano Stefanini per “La Stampa”

 

XI JINPING CON I SOLDATI CINESI

Spettatore molto interessato delle grandi manovre […] della nuova amministrazione americana, Pechino si domanda: fino a che punto si può spingere il (tentativo di) riavvicinamento russo-americano; se la nuova freddezza transatlantica di Washington non riapra sbocchi europei all'insabbiata Via della Seta.

 

Quanto il primo la metterebbe in difficoltà, tanto la seconda rimescolerebbe le carte. Nel gioco del commercio internazionale farebbe di Pechino il campione della liberalizzazione degli scambi. Messaggio che i vari ministri cinesi non si stancano di ripetere, da Davos in poi. Una guerra commerciale Usa-Ue potrebbe rendere le orecchie europee più recettive. Per necessità, non per scelta.

 

Putin Trump

La Cina - e non se ne lagna - non è stata finora al centro delle attenzioni di Donald Trump. Rivolte, in politica estera, soprattutto alla Russia e, in subordine, all'Ucraina. Per il Presidente americano Zelensky è strumentale al rapporto che vuole stabilire con Putin, suo vero obiettivo, con gli europei lasciati in sala d'attesa.

 

Ma non è la Cina il grande rivale globale degli Stati Uniti? Sì, Pechino ha subito un doppio dazio del 10%, in due raffiche, costo pesante per un'economia largamente dipendente dalle esportazioni, cui ha risposto con contro-dazi più o meno equivalenti. Ma il confronto, anche retorico, sì è fermato lì, mentre Trump non ha lesinato strali contro l'Unione europea, il Canada e alleati asiatici come il Giappone e la Corea del Sud.

 

stefano stefanini 2

Non particolarmente colpevolizzata dall'amministrazione Trump, la Cina si è sicuramente rallegrata del percettibile intiepidimento dei rapporti fra Washington e Taipei. La politica americana su Taiwan resta improntata alla "ambiguità strategica", cioè al non dire cosa farebbe in caso di aggressione cinese all'isola, accento sempre più su ambiguità che su strategia.

 

Pechino, per parte sua, intensifica le manovre militari intorno a Taiwan, senza sollevare risposte altrettanto vibrate quanto quelle dell'amministrazione Biden. Guardando oltre, non può tuttavia non notare che alla riapertura del dialogo con Mosca contribuisce anche chi pensa sia così possibile staccare, o quanto meno allontanare, la Russia dalla Cina.

 

emmanuel macron xi jinping ursula von der leyen

Per poi occuparsi del grande rivale cinese. Operazione sulla pelle dell'Ucraina ma il transattivo Donald non se ne farebbe troppi scrupoli. L'arte del "deal" non è tutta lì? I "realisti" di politica estera sono scettici. Non tanto perché l'amicizia russo-cinese sia "senza limiti". I limiti ci sono, ma i legami sono strutturali con una forte dipendenza economica di Mosca dalla Cina.

 

Non è comunque uno scenario che Pechino possa ignorare […]- Il modo migliore per contrastarlo sarebbe di inserirsi nella partita in corso in Europa, cioè in Ucraina. Ecco che dopo mesi di assordante silenzio - a parte le banalità sul mettere fine al conflitto - da Pechino arrivano improvvisamente segnali di disponibilità a partecipare ad una futura forza di pace.

xi jinping vladimir putin vertice brics 2024 foto lapresse

[…]  Nel presente, candidandosi ad un ruolo post-conflitto in Ucraina Pechino intende mettere un piede in Europa, proprio agganciandosi al "deal" russo-americano. Con una doppia valenza: di non essere esclusa da Mosca e Washington; di stabilire un rapporto strategico con Kiev e, soprattutto, con l'Europa. A quest'ultimo Pechino si candida già in campo economico-tecnologico-commerciale.

 

La strada è in salita. L'accordo Ue-Cina sugli investimenti del 2020, fortemente voluto da Angela Merkel, è naufragato, mentre a Bruxelles Pechino è vista sempre più come un "concorrente sleale", prova ne siano i dazi imposti dall'Ue l'anno scorso sulle auto elettriche cinesi.

 

DAZI UE SULLE AUTO ELETTRICHE CINESI

L'orientamento sulla "minimizzazione" del rischio Cina in sincronia con gli americani non è cambiato, anche se ci si attende che la nuova amministrazione Usa chieda agli europei di stringere ancora di più i freni. Ma tutto si può fare in uno spirito di collaborazione transatlantica.

 

Diventa più problematico in un clima di guerra commerciale Usa-Ue quale quello in cui potremmo trovarci a partire da metà aprile. Può darsi che se ne esca negoziando - avremmo voluto negoziare prima di sparaci addosso dazi e contro-dazi, l'Ue ha provato in tutti i modi possibili, ma Washington, o meglio il presidente americano, vuole prima la guerra poi, forse, la pace. Quindi prima i dazi poi i negoziati.

 

XI JINPING - DONALD TRUMP - VLADIMIR PUTIN

Ma se guerra rimane, con un Donald Trump che ideologicamente crede nelle virtù taumaturgiche dei dazi, l'Europa si troverà spinta a cercare un'intesa commerciale con la Cina. Che non aspetta di meglio. Il gioco delle tre carte di Henry Kissinger allontanò Pechino da Mosca nel 1972. A Washington c'è chi pensa oggi di ripeterlo all'inverso. La conseguenza non voluta potrebbe essere di avvicinare Bruxelles a Pechino e lasciare Washington isolata. Forse oltreoceano manca un Kissinger per pensarci.

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