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Arturo Zampaglione per "la Repubblica"
Il burrascoso capodanno della politica washingtoniana si è concluso con un compromesso, votato in extremis, che evita al Paese di precipitare nel fiscal cliff (e in una nuova recessione), che regala a Barack Obama un'importante vittoria politica e che spacca il partito repubblicano, indebolendolo ulteriormente. Ma mentre i democratici brindano (con un giorno di ritardo) e Wall Street festeggia, una nuova nuvola si addensa sul futuro degli Stati Uniti.
Il problema del debito americano è tutt'altro che risolto, come hanno ricordato ieri il Fondo monetario e l'agenzia Moody's. Entro un paio di mesi il nuovo Congresso (che si insedia oggi) dovrà aumentare il tetto massimo dell'indebitamento del Tesoro, per consentirgli di fronteggiare le spese correnti e il pagamento degli interessi. Se non lo farà , se cioè i repubblicani cercheranno di bloccare la misura fino a quando non avranno ottenuti tagli consistenti alle spese sociali, l'America potrebbe trovarsi tecnicamente in default e subire un altro declassamento del rating come quello del 2011.
«Le conseguenze sarebbero catastrofiche per l'intera economia globale e molto peggiori del fiscal cliff», ha ammonito Obama, commentando a caldo l'approvazione del compromesso (e prima di ripartire per la vacanza alle Hawaii). Oltre ad alzare il tetto dell'indebitamento, che ora è di 16.400 miliardi di dollari, il Congresso dovrà trovare un accordo entro fine febbraio sui tagli alle spese del Pentagono e della sanità , che l'altro ieri sono stati solo posticipati. Il rischio? Che le fratture all'interno del partito repubblicano tra le colombe e gli irriducibili anti-tasse, oltre che la voglia ossessiva di una rivincita, portino a tensioni ancor più laceranti di quelle di capodanno.
Per la politica americana gli ultimi giorni sono stati infernali. Alle prese con la scadenza di fine anno del fiscal cliff, quindi con la minaccia di aumenti generalizzati delle tasse e di tagli automatici alle spese, i parlamentari hanno rinunciato alle vacanze e lavorato fino a notte fonda. Il compromesso, raggiunto tra il vicepresidente Joe Biden, che ha così messo a frutto la sua lunga esperienza al Congresso, e il capogruppo repubblicano al senato Mitch McConnell, è stato approvato dal senato alle 2 di notte del primo gennaio con una larga maggioranza bipartisan: 89 voti a Hillary Clinton è stata dimessa dall'ospedale dove era stata ricoverata per una trombosi. I medici si sono detti "fiduciosi in una completa guarigione" 8.
Ma i deputati repubblicani sono rimasti molto delusi dal testo dell'accordo, perché aumentava le tasse sui ricchi senza affrontare i tagli alla spesa pubblica.
Da un lato il capogruppo Eric Cantor e altri parlamentari, specie quelli eletti con il voto del Tea party, si opponevano a qualsiasi incremento delle aliquote, chiedendo un emendamento al testo del Senato: il che avrebbe fatto saltare l'accordo con immediate conseguenze sui mercati finanziari. Da un altro lato, un gruppetto di esponenti più moderati, guidati dal leader della destra John Boehner e dall'ex-candidato alla vicepresidenza Paul Ryan, temeva che i repubblicani venissero additati dall'opinione pubblica come i responsabili del dissesto e ulteriormente puniti dopo la sconfitta alle presidenziali del 6 novembre 2012.
Così, unendo il loro voto a quello dei deputati democratici, rimasti più compatti nonostante l'irritazione di molti liberal che consideravano troppo alta la soglia di 300mila euro di reddito per gli incrementi fiscali, il gruppetto di repubblicani ha consentito, sia pure malvolentieri, il passaggio della legge nella notte tra martedì e mercoledì con 257 voti a favore e 167 contrari.
à la prima volta in oltre 20 anni che negli Stati Uniti si assiste a un incremento delle tasse. «Una delle promesse centrali della mia campagna elettorale è stata di un riequilibrio fiscale a favore dei ceti medi: stasera l'abbiamo mantenuta », ha esultato Obama subito dopo l'approvazione, pur sapendo di aver fatto molte concessioni generose alla destra, ad esempio sui capital gain, sui dividendi e sulle tasse di successione. Il presidente ha aggiunto di non volere più altri "drammi" parlamentari come quello degli ultimi giorni. Ma la Casa Bianca sa bene che i repubblicani, pur sconfitti e spaccati, puntano a una rivincita a qualsiasi prezzo.
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