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Ilaria Maria Sala per “la Stampa”
Non sono ancora finiti i grandi eventi per la commemorazione della fine della Seconda Guerra Mondiale: il 3 settembre, infatti, Pechino terrà un' imponente parata militare per celebrare la «Vittoria Contro il Fascismo», e da settimane la capitale cinese convive con misure di sicurezza straordinarie, chiamate ufficialmente di «semi-legge marziale».
LA STRETTA
Le regole per i cittadini sono molto stringenti: per andare al ristorante, o comprare alcol disinfettante, bisogna registrarsi con carta d' identità e numero di telefono. Nei giorni di prove per la parata non sono ammessi ospiti a casa. E l' arteria che attraversa Pechino, la Chang' an Jie, è chiusa al traffico notturno, mentre sono proibiti i doni di ceste di frutta. Si tratta di un regalo comune in Cina, in pratica l' equivalente di un mazzo di fiori in Italia.
Mentre crollano i mercati azionari e la valuta traballa, mentre il cratere a Tianjin continua a non avere risposte esaurienti e la fiducia nella capacità del governo di rimettere tutto in piedi sembra diminuire a vista d' occhio, il segretario generale del Partito Comunista, Xi Jinping (il cui titolo di Presidente è largamente onorario rispetto a quello, ben più importante, di segretario del partito) sembra deciso a investire tutto sulla mastodontica parata militare per rilanciare internamente l' immagine di Paese forte.
L' ARSENALE
A questo fine, 40 nuove armi, per ora misteriose ma «di grande potenza» e di cui l' esercito cinese si dice particolarmente fiero, sfileranno davanti a piazza Tiananmen.
E Xi, imitando Mao (o gli imperatori di un tempo?), ha dichiarato un' amnistia - la prima dal 1975 - per prigionieri che hanno servito la patria o per quelli che hanno commesso reati quando erano minorenni, eccezion fatta per detenuti politici o per chi è in prigione per casi di corruzione.
LE ASSENZE PESANTI
Fra i presenti il 3 settembre, però, mancheranno quasi tutti i capi di Stato democratici, che hanno declinato l' invito: ci sarà Park Geun-hye, dalla Corea del Sud, ma per il resto si va dall' egiziano Sisi e il sudanese Bashir, passando per i leader di Uzbekistan, Pakistan, Kazakistan. Ci sarà anche Putin, la cui grande parata militare del maggio scorso ha ispirato Xi. L' Europa manda ex premier (Blair e Schroeder), come fanno del resto anche il Giappone, con Murayama, e le Filippine, con l' ex presidente Estrada.
L'IMBARAZZO IN OCCIDENTE
Gli altri, dunque, hanno deciso che prestare il prestigio del proprio titolo di capi di Stato a questa parata militare era troppo problematico. La contraddizione sbandierata da Pechino infatti non è solo quella di celebrare «la vittoria contro il fascismo» senza leader democratici, e in un clima di repressione e controllo forti come non succedeva da anni: come ha ricordato Ma Ying-jeu, il leader di Taiwan, i comunisti non hanno combattuto contro gli invasori giapponesi.
A farlo, furono i nazionalisti di Chiang Kai-shek, che poi, persa la guerra civile contro i comunisti, ripararono a Taiwan. Mao, con caratteristico cinismo, aveva addirittura riconosciuto che senza i giapponesi i comunisti difficilmente avrebbero vinto la guerra civile. Ma il Partito ormai ha deciso: la Cina ha bisogno di orgoglio militare e nazionalismo, a dispetto dei mercati.
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