
DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA…
Arturo Zampaglione per “la Repubblica”
I raid del Pentagono hanno colpito ieri la città irachena di Al-Qaim, alla frontiera con la Siria, che ha un ruolo strategico molto importante perché da lì passano i rifornimenti per l’offensiva dei jihadisti dell’Is contro i curdi e le truppe regolari di Bagdad. Ma il vero obiettivo dei bombardamenti dell’Air Force americana, secondo la rete Al-Hadath , che fa parte del gruppo televisivo saudita al-Arabaya, era ben più ambizioso che semplicemente danneggiare le strutture logistiche del nemico.
Nel mirino dei cacciabombardieri c’erano i maggiori leader dello Stato Islamico che, secondo fonti dell’intelligence, stavano tenendo una riunione proprio ad Al-Qaim, presieduta da Abu Bakr al Baghdadi, il Califfo dello Stato islamico.
«Al-Baghdadi è stato ferito», ha scritto subito il Jerusalem Post sul suo sito internet. «È morto », si è letto su vari post sul web. Ma il governo americano — forse in attesa di verificare con i satelliti spia l’esito dell’operazione — si è limitato a confermare un raid nei pressi di Mosul diretto contro un convoglio probabilmente diretto a un raduno di leader del-l’Is, ma ha spiegato di non poter affermare che Baghdadi fosse presente.
D’altra parte, in queste prima settimane di campagna aerea in Iraq e Siria, cui partecipano gli Stati Uniti, la Francia e altri paesi della coalizione, gli analisti militari hanno notato un tentativo di colpire proprio personaggi-chiave del nemico, per decapitare il movimento.
Non è ancora chiaro che cosa potrebbe succedere se al-Baghdadi fosse stato effettivamente ucciso o messo fuori gioco. Il Pentagono non si presta a ragionamenti ipotetici del genere, concentrandosi sulla pianificazione di una contro-offensiva tutt’altro che facile.
Non c’è dubbio che la decisione di Barack Obama di raddoppiare il contingente americano — da usare per addestramento e assistenza, non per combattimenti veri e propri — avrà un effetto immediato. Finora ci sono 1400 militari, per lo più concentrati a Erbil e Bagdad, più 200 in arrivo.
Con l’annuncio di venerdì, se ne aggiungeranno altri 1500, permettendo al ministro della difesa Chuck Hagel di aprire della basi di addestramento in altre zone dell’Iraq, a cominciare dalla provincia di Anbar, Certo, il tempo stringe: «Anche il raddoppio del contingente americano arriva troppo tardi», si lamentano i collaboratori del primo ministro iracheno.
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E intanto i jihadisti continuano a seminare il panico non solo nelle zone occidentali che controllano da giugno, ma anche nei pressi della capitale. Venerdì alcune autobomba hanno ucciso 20 persone a Bagdad e nella città di Ramadi. Altre bombe sono esplose ad Amil, un quartiere sciita di Bagdad.
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