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    DEL PI-EURO - "PUNTARE ALLA FINAL FOUR DI LONDRA È UN OBIETTIVO POSSIBILE" - ALEX DEL PIERO RISPOLVERA LA TIRITERA DEL GRUPPO (ANCHE PERCHÉ SE GUARDIAMO LE INDIVIDUALITÀ DEGLI ALTRI…): "GLI AZZURRI DI MANCINI TIRANO TUTTI DALLA STESSA PARTE, COME LE GRANDI NAZIONALI IN CUI HO GIOCATO. IN POLE LA FRANCIA, POI BELGIO E INGHILTERRA. LA JUVE NON MI HA MAI PROPOSTO DI FARE IL DIRIGENTE. IO STUDIO DA ALLENATORE, MAGARI IN FUTURO..."


     
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    Stefano Agresti per il "Corriere della Sera"

     

    alessandro del piero alessandro del piero

    Alessandro Del Piero, l'Europeo è alle porte: in una ipotetica griglia di partenza, quali sono le due squadre che mette in prima fila?

    «In prima fila secondo me ce n'è una sola, la Francia. Se si guarda la formazione titolare, pare una selezione "all star". Dietro metto due incompiute, finora, di talento, alla ricerca del primo successo: Belgio e Inghilterra».

     

    Dove possono arrivare gli azzurri?

    «Dipende da come si comporrà il tabellone, perché in un torneo come questo conta parecchio. Comunque credo che puntare alla final four a Londra sia un obiettivo possibile».

     

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    Perché le piace la Nazionale di Mancini?

    «Perché crede in quello che fa, prima di tutto. È un vero gruppo, tirano tutti dalla stessa parte, sanno che nessuno è una stella che può togliere gli altri dai guai e portarli alla vittoria: per arrivarci devono farlo insieme. Le grandi Nazionali delle quali ho fatto parte avevano questa caratteristica».

     

    L'Italia arriva a una grande competizione spinta dall'entusiasmo: forse non era mai successo, lei ne sa qualcosa. L'euforia è un aiuto o un rischio?

    «È vero che l'Italia ha sempre vinto quando aveva intorno critiche e perplessità, basti pensare all'82 o a noi nel 2006, però il punto non è tanto l'ambiente intorno, ma quello che c'è dentro la squadra. E mi pare che tra gli azzurri ci sia ciò che serve per puntare in alto».

     

    Chi sarà l'uomo dell'Europeo nell'Italia?

    «Spero che non ci sia. Questa è una Nazionale che deve vincere da squadra, come noi nel 2006. Non vedo il Paolo Rossi dell'82, anche se mi auguro che qualcuno oggi possa rivivere quel sogno. Vedo tanti giocatori importanti, ben più dell'undici titolare».

     

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    Tornano i tifosi. Cosa toglie a un calciatore la loro assenza? Lei è sempre stato un freddo: ne avrebbe risentito meno di altri?

    «Freddo io? Forse all'apparenza. Magari freddo davanti al dischetto, ma più che altro per isolarmi da tutti i pensieri che ti passano per la testa in quei momenti. Il pubblico lo sentivo, eccome se lo sentivo. È terribilmente mancato in questo periodo, sarà determinante all'Europeo. Anzi, direi proprio che sarà l'Europeo della gente, dei tifosi, loro saranno i protagonisti. Allo stadio, per strada (responsabilmente), a casa. Aggiungo: finalmente».

     

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    Quante colpe ha Pirlo negli insuccessi della Juve?

    «Parlare di colpe non mi pare giusto per Andrea, e a dire il vero per qualsiasi allenatore, non esiste una stagione al di sotto delle attese da imputare a un solo componente. Non parlerei di difficoltà di Pirlo, parlerei di difficoltà della Juve».

     

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    Ronaldo sì, Ronaldo no: se ne discute tanto. Segna molto, ma condiziona la squadra.

    «Cosa dovrebbe fare per non condizionarla? Sbagliare i gol? Il punto è un altro: se un giocatore rende oppure no, se è funzionale alla squadra oppure no. Penso che CR7 sia entrato in una fase della carriera in cui non può più fare le stesse cose di dieci o anche cinque anni fa, e che debba riprogrammarsi in funzione delle sue attuali potenzialità, che sono ancora elevatissime. Ci vorrà un chiarimento con Allegri e la società se si vorrà continuare insieme».

     

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    Costruirebbe la Juve del futuro attorno a Dybala?

    «Lo farei sentire importante, questo sì. Gli farei sentire la fiducia, ovviamente se questa fiducia c'è, e questo non lo possiamo ancora sapere, credo».

     

    La stupisce che Conte sia così esigente con i club che allena? Dalla Juve all'Inter, le squadre gli sembrano tutte inadeguate.

    «Stimo Antonio e rispetto le sue scelte, si è sempre assunto la piena responsabilità. Non è uno che scappa, è uno che vuole imporre certe condizioni, prendere o lasciare. E poi non credo che ritenga le squadre inadeguate, piuttosto penso abbia avuto problemi con le società e i loro piani».

     

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    Ha trascorso tutta la carriera nella Juve, accettando la B da campione del mondo. Cosa pensa della scelta di Donnarumma?

    «Non posso dare un giudizio, perché per me la Juve era un valore, i suoi tifosi lo erano e lo sono, superiore a tutto il resto. Non è obbligatorio che sia così per tutti, lo dico senza voler esprimere alcun parere negativo su chi non la pensa così, tanto meno su Donnarumma».

     

    Il ruolo di commentatore le ha fatto cambiare idea sui rapporti tra calciatori, giornalismo e tv?

    «Non ho cambiato idea sul senso di responsabilità che deve avere chi parla, ma sul resto sì. Non solo lavorare in tv mi ha fatto riflettere su questo, ma anche vivere negli Usa e vedere il rapporto che hanno con la comunicazione i giocatori delle grandi Leghe americane come Nba e Nfl: più apertura, più capacità di stare al gioco, più spazio al divertimento e al sorriso, più capacità di dialogare. Bisognerebbe essere tutti meno sospettosi e meno arrabbiati, questo aiuterebbe. Devono crescere tutti, non solo gli attori ma anche stampa e pubblico».

     

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    Un tempo campioni, adesso opinionisti: a volte non siete troppo buoni nei confronti dei vostri ex colleghi, ora allenatori?

    «Posso parlare del mio modo di intendere quel ruolo, e quello che ho condiviso con Sky. Non credo di essere né troppo buono, né troppo cattivo, ma solo me stesso. A me piace raccontare il calcio in modo semplice, cercando di descrivere quello che io capisco attraverso la lente della mia esperienza: così credo di dare qualcosa in più al pubblico. Questo è il valore aggiunto, non una critica in più o in meno».

     

    Ha visto la serie tv su Totti e il film su Baggio? Le piacerebbe uno su di lei?

    «Non li ho ancora visti, ma rimedierò. Sarò molto esigente, perché di loro conosco tutto o quasi... Per quanto mi riguarda, direi che ce ne sono tanti di progetti del genere, mi piacerebbe solo che si trovasse qualcosa di nuovo rispetto a quanto già visto».

     

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    Perché ha scelto di vivere negli Stati Uniti?

    «Perché era una volontà della mia famiglia e mia, volevo crescere i miei figli non come "figli di Del Piero", e qui è possibile. E per fare un'esperienza che servirà a tutti noi».

     

    Perché partecipa al corso allenatori?

    «Prima di tutto per aggiornarmi: per il lavoro che faccio ora, avere più conoscenze possibili è fondamentale. Poi, per quello che potrei fare in futuro: non mi chiudo nessuna porta».

     

    Con lei studiano da tecnici tanti campioni della sua epoca, da Vieri a De Rossi. Chi è il più secchione? E il più indisciplinato?

    «Beh, credo che li abbia citati: Bobo è il più indisciplinato, Daniele è già un allenatore, gli manca solo la panchina, ma ancora per poco».

     

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    Se decidesse di diventare allenatore, a chi si ispirerebbe tra i tecnici che ha avuto?

    «La capacità di gestire il gruppo di Lippi, la visione sui ragazzi di Trapattoni, la praticità di Capello, l'umanità di Ancelotti. Bastano?».

     

    E oggi c'è un tecnico che la colpisce?

    «So che non arriva da un momento straordinario, ma Klopp resta un punto di riferimento. In Italia, dico Gasperini».

     

    Mentre studia da tecnico, molti hanno parlato di lei come dirigente della Juve. Le è mai stata prospettata una possibilità del genere?

    «No, mai».

     

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    Le piacerebbe diventare per la Juve quello che oggi è Maldini per il Milan? Anche lui ha dovuto attendere a lungo prima di tornare nel «suo» club.

    «Giusto, allora ho ancora qualche anno di tempo... A parte gli scherzi, sono soddisfatto di quello che faccio oggi, e di quello che sto costruendo. Non vorrei avere un ruolo per ciò che ho fatto nel passato: quello rimarrà per sempre e nessuno potrà mai cancellarlo, così come il mio rapporto con la Juve. Vorrei essere considerato per quello che sono, e per quello che posso e potrò dare».

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