DAGOREPORT
ENRICO LETTA E RENZI
Alberto Gentili per “Il Messaggero”
draghi letta
Enrico Letta, a dispetto di ciò che dice in giro Matteo Renzi, sta lavorando pancia a terra per portare Mario Draghi al Quirinale. Tant' è che nell'incontro con il leader di Italia Viva avvenuto di buon mattino a palazzo Giustiniani, il segretario del Pd ha messo sul tavolo l'ipotesi di dare maggior peso ai politici nel governo che verrà e ha perfino accettato di aprire il dossier della riforma elettorale in senso proporzionale.
Una pillola indigesta per uno che ama il maggioritario. Ma Letta, pur di portare acqua e voti al mulino di Draghi, è «disposto al sacrificio» per accontentare i 5Stelle, la Lega, Forza Italia, centristi vari e lo stesso Renzi. «Il Paese non può permettersi di rinunciare alla credibilità e all'autorevolezza di Draghi. Dunque o si replica per il Quirinale il patto di unità nazionale che sta alla base del governo, oppure si va sparati a elezioni», ripete il leader dem in queste ore.
draghi enrico gianni letta
L'apertura di Letta al proporzionale, che libererebbe tutti i partiti dai vincoli di coalizione, è anche una mossa del segretario del Pd - che incontrerà Matteo Salvini tra stasera e domani una volta celebrato l'atteso vertice di centrodestra - per rassicurare i peones di ogni colore che non si precipiterà verso il voto anticipato, se l'ex presidente della Banca centrale europea dovesse andare al Quirinale. Ci vogliono infatti mesi per cambiare le regole elettorali. L'altro segnale, concordato durante l'incontro con Renzi - «andato molto bene» ma velato di sospetti - è il rilancio di un «patto di legislatura».
ENRICO LETTA PARLA DI DRAGHI A PORTA A PORTA
Perché, come il segretario dem va predicando da tempo, l'accordo per un «Presidente super partes, votato da una maggioranza ampia quanto quella che sostiene Draghi» a palazzo Chigi, deve «essere accompagnato da un'intesa per garantire nuova energia e durata al governo». Certo, nel colloquio Letta e Renzi hanno analizzato tutti i papabili per la corsa quirinalizia. Da Draghi a Pier Ferdinando Casini, da Giuliano Amato a Elisabetta Casellati, da Franco Frattini a Letizia Moratti, senza escludere l'ipotesi (per ora remota) di un bis di Sergio Mattarella.
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E Renzi - al contrario di Letta che non riconosce «alcun diritto di prelazione al centrodestra» - ha detto di essere pronto a sostenere «un candidato indicato da Salvini perché ha la leadership dei numeri». Spiegazione dei suoi: «Matteo punta sull'altro Matteo perché se vince, vince con lui. Se perde, perde da solo...». Ciò detto Renzi, visto che il piano inclinato della trattativa sembra portare a Draghi, non chiude la porta all'ex capo Bce. Tant' è, che per il ruolo di premier con Draghi al Quirinale, il senatore di Rignano fa circolare il nome di Elisabetta Belloni direttrice dei Servizi segreti gradita anche ai 5Stelle. E a L'aria che tira il capo di Iv ha messo a verbale: «Draghi può essere garante dal Colle di una operazione politica, però non sarà un politico a fare il premier ma una figura istituzionale che andrà bene a tutti».
MARIO DRAGHI - FILIPPO ANDREATTA - ENRICO LETTA
PREMIER E MINISTRI In realtà per il ruolo di premier, se Draghi salirà sul Colle, i nomi più forti sono quelli di Marta Cartabia e di Vittorio Colao, la prima è ministra della Giustizia, il secondo dell'Innovazione tecnologica. Il nodo vero non è però tanto il ruolo del premier - che «dovrà essere tecnico per forza, altrimenti toccherebbe a un 5Stelle, il partito che ha più parlamentari», dice una fonte di governo - quanto la composizione dell'esecutivo. Se fosse per Draghi si toccherebbe poco o nulla, per evitare di rompere un equilibrio già fragile. Insomma, l'ex capo Bce preferirebbe un governo fotocopia. Ma è ben consapevole che dovrà concedere qualcosa ai partiti. E Letta, che lavora per lui, da una parte boccia al pari di Conte la proposta di Salvini di far entrare i segretari di partito nell'esecutivo: sarebbe una sorta di commissariamento del premier tecnico. Dall'altra, è pronto a proporre «innesti politici».
Traduzione: via qualche ministro tecnico come Patrizio Bianchi (Scuola), Luciana Lamorgese (Interni), Enrico Giovannini (Infrastrutture e Trasporti), Roberto Cingolani (Transizione ecologica) e dentro qualche politico. Possibilmente uno per il Pd, che così potrebbe inserire una donna, uno per la Lega (Molinari), uno per Forza Italia (Tajani) e uno o due per i 5Stelle. «Senza contare», dice una fonte qualificata, «che anche Renzi chiederà qualcosa in più e che Coraggio Italia batterà cassa. Ma attenzione: se si esagera, rivoluzionando l'assetto attuale, può saltare tutto».
LA STRETTA DI MANO TRA ENRICO LETTA E MATTEO RENZI
CANDIDATO E PATTO DI LEGISLATURA C'È L'ACCORDO TRA LETTA E RENZI
Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
Non si sono rinfacciati niente, e questo è già un passo avanti. Non solo gli screzi del passato (del resto da allora si erano già visti) ma anche le divergenze d'opinione più recenti. Enrico Letta e Matteo Renzi, a tu per tu nell'ufficio di quest' ultimo a palazzo Giustiniani, sono riusciti a trovare un terreno d'intesa. Il leader di Italia viva, intervistato da Myrta Merlino all'Aria che tira , su La7, l'ha sintetizzata così: «Sono d'accordo con Enrico, che ha detto che serve un patto di legislatura. Litigheremo nel 2023».
matteo renzi enrico letta
Non è un messaggio a Letta, questo dell'ex premier, ma è un segnale a Draghi. Un segnale che tutti i partiti alla fine della festa gli vogliono mandare prima di dire sì alla sua andata al Colle. Lo riassume un autorevole esponente del Pd con queste parole: «Il premier deve capire che se vuole andare al Quirinale nessuno lo ostacolerà, ma lui deve aprire una trattativa seria con i partiti». Sono suppergiù le stesse parole che Renzi ripete ai suoi dopo l'incontro: «Draghi si deve mettere a un tavolo e parlare con i leader, così la sua andata al Colle sarà in discesa».
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E Renzi prosegue così, per spiegare ai parlamentari di Italia viva che la legislatura continuerà anche se il premier succederà a Sergio Mattarella: «È ovvio che lui decida alcuni ministeri chiave, come l'Economia, perché non dobbiamo dimenticarci che c'è il Pnrr da portare avanti, ma poi deve ascoltare e concordare». Renzi fa questo ragionamento anche a Letta, che condivide. Pure per il segretario del Pd la strada di Draghi passa per i partiti. I due, cioè Renzi e Letta, non sono d'accordo sulla «golden share» del centrodestra. Secondo Renzi è difficile eluderla, il segretario del Pd su questo non è d'accordo. «Possiamo accettare dei nomi che fanno loro solo se si tratta di figure istituzionali. Si può ragionare su Giuliano Amato, per esempio...».
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Ma il nome che gira in queste ore nel centrosinistra non è quello dell'ex esponente socialista, bensì quello di Elisabetta Belloni. Ma anche della giurista Paola Severino, del presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi, del fondatore di sant' Egidio Andrea Riccardi. E soprattutto di Pier Ferdinando Casini. Anche perché lo stesso Letta sa bene che Conte su Amato ha già detto no: «Non posso proprio accettarlo, i miei non potrebbero mai votarlo». Nel Pd prendono atto del fatto che con Renzi è possibile un'intesa. I dem hanno trovato un alleato, per quanto con posizioni sue, e ormai pensano anche loro che è difficile opporsi a Mario Draghi. «Alla fine della festa - dice un autorevole esponente del Pd che non simpatizza per il premier - non potremo fare altro che votare lui».
Dice Stefano Bonaccini: «Credo se Draghi diventasse il punto di incontro nessuno potrebbe dirgli di no». Eppure la via è ancora irta di ostacoli, tant' è vero che sia Letta che Renzi sono convinti che la situazione non si sbloccherà presto, neanche nel caso in cui Berlusconi dovesse fare un passo indietro. «Prima di giovedì o venerdì non avremo il nome», dice Renzi in tv. Anche il segretario del Pd la pensa così, però sta lavorando per riuscire a risolvere prima.
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Per questa ragione ieri ha visto praticamente tutti: il segretario del partito socialista Enzo Maraio e il leader dei verdi italiani Angelo Bonelli e poi i rappresentanti della Svp. Vorrebbe stringere le fila prima di lunedì. Domani rivedrà Renzi, Conte e Speranza. Poi incontrerà i suoi grandi elettori. Ma all'ordine del giorno di queste riunioni non c'è il nome del presidente della Repubblica. Non ancora. Piuttosto la decisione da prendere sulle prime votazioni se, come è probabile, andranno a vuoto. Scheda bianca? Qualcuno aveva proposto Rosy Bindi. Ma lei si è negata, non si vuole sottomettere al gioco dei partiti. Anzi rilancia: «Meglio Draghi al Quirinale per sette anni, che a Palazzo Chigi per qualche mese...».