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    PUTIN È PRONTO A SFERRARE L’ATTACCO DEFINITIVO A KIEV! - IL CONVOGLIO DI CARRI ARMATI RUSSI, RIMASTO BLOCCATO PER GIORNI ALLE PORTE DELLA CAPITALE, SI È DISPERSO, ALLARGANDOSI NELLE FORESTE. SECONDO GLI ESPERTI MILITARI “È UN PESSIMO SEGNALE”: SIGNIFICA CHE SI STA POSIZIONANDO PER L’ASSALTO ALLA CITTÀ - VIDEO


     
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    il convoglio di carri armati russi in movimento foto satellitari 1 il convoglio di carri armati russi in movimento foto satellitari 1

    1 - IL CONVOGLIO RUSSO VICINO A KIEV SI È DISPERSO: «UN PESSIMO SEGNALE»

    Lorenzo Cremonesi e Davide Casati per www.corriere.it

     

    Per giorni, il convoglio è rimasto immobile, lungo la strada. Chilometri e chilometri occupati da mezzi militari russi: una colonna incombente come una minaccia sulla capitale ucraina. Oggi, nuove foto satellitari sembrano mostrare che quel convoglio dell’esercito russo si è largamente disperso, allargandosi nelle foreste e nelle cittadine vicino a Kiev.

     

    vladimir putin a pesca in siberia vladimir putin a pesca in siberia

    Secondo gli esperti militari della Associated Press, si tratta di «un pessimo segnale»: il convoglio si sta posizionando per l’attacco. Alcune unità corazzate sono state viste nelle città vicino all’aeroporto Antonov a nord della città, e altri veicoli si sono spostati nelle foreste con obici trainati nelle vicinanze in posizione per aprire il fuoco.

     

    ucraina mariupol sotto attacco 3 ucraina mariupol sotto attacco 3

    Si stanno insomma riposizionando i cingolati con le artiglierie semoventi e i mortai: questo significa che il piano russo procede secondo i piani, lentamente ma inesorabilmente — Kharkiv è circondata, Dnipro è sotto attacco, ci si sposta verso Ovest.

     

    Il bombardamento di Kiev diventa sempre più reale, sempre più possibile: Putin non avrà pietà per questa città.

     

    vladimir putin. vladimir putin.

    La colonna russa si è ammassata fuori città all’inizio della scorsa settimana, ma la sua avanzata sembrava essersi arrestata quando sono circolate notizie sulla carenza di cibo e carburante.

     

    Gli americani parlano dì 2 settimane per completare accerchiamento e oltre sei per prendere la città.

     

    Funzionari statunitensi hanno affermato che anche le truppe ucraine hanno preso di mira il convoglio con missili anticarro.

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    Nella giornata di ieri, fonti americane hanno confermato il progressivo accerchiamento della capitale: l’esercito di Mosca è avanzato di circa 5 chilometri nelle ultime 24 ore, e alcuni elementi sono ora a 15 chilometri dalla città.

     

    A tutto questo si sommano i discorsi — molto preoccupanti — sulle armi chimiche: Mosca accusa Kiev di averle costruite e di aver aiuto il supporto dell’Occidente; gli Stati Uniti che affermano che queste accuse non servano ad altro che a preparare il terreno per degli attacchi russi con questo tipo di armamenti, come avvenuto in Siria — proprio con la benedizione di Mosca.

     

    fosse comuni a mariupol fosse comuni a mariupol

     

    2 - KIEV ALLE CHIAMATA ARMI

    Francesca Mannocchi per “la Stampa”

     

    Vassily ha quarantacinque anni, lavora come consulente per aziende di trasporti internazionali da tanti anni. Ha studiato a Londra, dove si è laureato e ha conseguito un master. Ha una moglie, tre figli, un appartamento spazioso e luminoso nei palazzi di nuova costruzione nei quartieri intorno l'isola Rusanivka sul fiume Dnipro, a Kiev.

     

    È qui, lungo le rive del Dnipro, che era abituato a passeggiare, leggere i giornali, pescare, insegnare ai figli ad andare in bicicletta. Oggi indossa una mimetica, imbraccia un fucile e il telefono di lavoro è spento. La sera ascolta i messaggi lasciati dai suoi clienti nella segreteria telefonica.

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    Gli chiedono se la famiglia stia bene, come andrà a finire in Ucraina, quando riprenderà a lavorare. Lui risponde lapidario. Sorry, war vacation. Scusate, vacanza di guerra. «Scriverò io quando torno dal fronte. Ma solo se torno vincitore».

     

    Vassily, che non ha neppure fatto il militare perché esonerato dagli studi all'estero, ha preso un'arma in mano la prima volta nel 2014, quando è iniziata la guerra in Donbass.I separatisti volevano riprendersi Donetsk e Lugansk.

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    Una guerra che, l'aveva capito, era destinata a durare. Così lui, come migliaia di altri ucraini, ha preso la via delle Unità di Difesa Territoriale. Ha fondato una brigata con il suo amico di infanzia Serghei, l'hanno chiamata Freedom Island, come chiamano questo pezzo di città, dove sono nati e cresciuti. Erano in cento fino al 24 febbraio poi, quando è iniziata l'invasione russa, il numero degli uomini che si sono uniti al gruppo, è raddoppiato in pochi giorni.

     

     

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    Ora hanno una sede, è un hotel dismesso a sud di Kiev. Al piano terra c'è un media center dove raccolgono informazioni sulla sicurezza nella zona di loro competenza, al piano seminterrato insegnano e combattere ai più giovani, soprattutto studenti che arrivano alla spicciolata a chiedere di imparare a sparare, difendersi, e a chiedere un'arma. Non ne hanno abbastanza, si lamentano i due fondatori «il governo dovrebbe darci più armi e più autonomia.

     

    L'abbiamo capito otto anni fa che i russi non si sarebbero fermati, e ci siamo preparati. Eccoci qui, soldati e civili». Sono otto anni che studia questa guerra, Vassily, che non è sorpreso né dell'invasione, né della fatica dell'esercito russo «non siamo il Paese di dieci anni fa, abbiamo un esercito professionale e una difesa territoriale pronta a tutto».

    ucraina soldati a un posto di blocco ucraina soldati a un posto di blocco

     

    Nel 2014, l'esercito ucraino fu definito dall'ex generale e alto comandante delle forze armate ucraine, Victor Muzhenko come «un esercito decrepito e in rovina». Eppure oggi a otto anni di distanza sta stupendo tutti, contro l'esercito russo più numeroso e meglio equipaggiato. Sono successe molte cose in meno di un decennio, ma sono state soprattutto fondamentali la riforma delle forze armate del 2016 e l'arrivo di milioni di dollari di aiuti occidentali ed equipaggiamento militare.

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    Allora l'esercito ucraino non era in grado di combattere attacchi informatici, mancava di equipaggiamenti, cure mediche, logistica e catena di comando erano inefficienti e i soldati lamentavano paghe scarse e vertici militari corrotti. Nel 2016 l'allora presidente Poroshenko fissò un piano di professionalizzazione delle forze armate, uno sforzo da fare - e in fretta - per combattere i separatisti del Donbass.

     

    A questo si sono uniti gli aiuti occidentali. In meno di otto anni i soli Stati Uniti hanno fornito a Kiev aiuti pari a quasi tre miliardi di dollari in formazioni e attrezzature. Sono stati addestrati i soldati nella base di Yavoriv, e forniti missili anticarro Javelin e poi, quando l'invasione si è fatta imminente, sono stati inviati in Ucraina dalla Lituania e Lettonia missili Stinger, e altri Javelin dall'Estonia e missili anticarro dalla Gran Bretagna.

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    Questi elementi da soli non bastano però a spiegare quanto sia cambiata la difesa ucraina. Il tassello mancante sono le Unità di Difesa Territoriale, come quella di Vassily, gruppi di volontari accorsi da tutto il Paese in Donbass a partire dal 2014 per combattere i separatisti. Ne arrivarono così tanti che non c'erano per esempio, nel Paese, mimetiche per tutti. Uomini partiti per il fronte senza un vero addestramento ma con la sola spinta del sentimento patriottico, sempre più compatto, sempre più determinato.

     

    Il vero addestramento è arrivato nel tempo, come quello della brigata Freedom Island. I volontari di 8 anni fa sono diventati combattenti specializzati e preparati. Il primo gennaio scorso, per organizzare meglio le unità di volontari, il Parlamento di Kiev aveva approvato una legge per rendere le Difese Territoriali un ramo autonomo ma all'interno dell'esercito, numeri alla mano dovrebbero essere 10 mila soldati professionisti e 120 mila riservisti divisi in venti o trenta brigate.

     

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    Una riforma in divenire in parte sospesa e in parte gioco forza accelerata dal conflitto. È questa una delle facce delle forze armate ucraine. I civili soldato, come li chiama Vassily. Quando è iniziata la guerra Zelensky aveva avvertito i russi: l'esercito occupante affronterà una dura resistenza, un'insurrezione a lungo termine. Alla chiamata alle forze interne si è aggiunta quella ai combattenti stranieri. Zelensky ha lanciato infatti un appello agli stranieri, invitandoli a unirsi a una nuova Legione Internazionale per la difesa dell'Ucraina. Secondo il ministero degli Esteri di Kiev sarebbero già 20 mila i cittadini stranieri mobilitati. Numero però impossibile da verificare.

     

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    «Ogni combattente è benvenuto» dice Serghei, nell'hotel base di Rusanivka, prima di prendere l'auto, armato, e condurci nelle postazioni più prossime alla sede. La postazione 22, 23, 24 che presidiano i ponti sul fiume Dnipro. Non ci sono soldati membri dell'esercito ufficiale, in questi posti di blocco, solo volontari «è la nostra zona, dice, sta a noi controllarla e difenderla».

     

    Serghei non è più l'uomo di un tempo. Dice di sé che la guerra in otto anni l'ha cambiato e ha modificato anche le sue aspirazioni sul destino del Paese «non è una battaglia solo difensiva, per noi, questa. Stiamo combattendo e rivogliamo indietro tutto quello che è nostro. Donetsk e Lugansk, la Crimea. È Putin che deve fermarsi, non noi che dobbiamo trattare».

     

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    Quando chiediamo come si ricomponga la vita di un normale cittadino che passa dalla consuetudine di un ufficio alla guerra, Serghei è netto «la guerra è così, o muori o uccidi. E io sono pronto a morire se serve, ma sono soprattutto pronto a uccidere». Serghei, nella vita normale, quella senza guerra, è un autista.

     

    A due settimane dall'inizio dell'invasione russa in Ucraina, le storie dei volontari della Difesa Territoriale raccontano un pezzo della resistenza del Paese ma aprono anche gli interrogativi del domani. È una domanda aperta, cioè, se gli obiettivi delle brigate armate corrispondano a quelle del governo.

     

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    Se le brigate armate risponderanno, davvero, alle decisioni del ministero della Difesa, qualora questo accettasse di negoziare - per esempio sulle repubbliche separatiste e la Crimea - e cosa accadrebbe se, in caso le visioni della guerra e della pace divergessero. Cosa ne sarà di un Paese chiamato alle armi con migliaia di combattenti stranieri arrivati a combattere è una domanda a cui risponderà il futuro, ma che è necessario porsi oggi, mentre arriva nel Paese un ingente arsenale da ogni angolo del mondo.

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