Giuseppe Agliastro per la Stampa
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Una criptovaluta garantita e controllata dallo Stato, che aiuti Mosca ad aggirare le sanzioni occidentali e attrarre investimenti dall' estero: per rilanciare l' economia russa - scrive il Financial Times - nel pentolone del Cremlino bolle anche questo progetto, di cui Putin ha già chiesto ai suoi esperti di valutare efficacia e fattibilità.
Il primo a caldeggiare la nascita del «criptorublo» è il consigliere economico di Putin, Sergey Glazev: «Potremo regolare i conti con le nostre controparti in tutto il mondo senza curarci delle sanzioni», ha affermato in una riunione di governo. Poi ha spiegato che la criptovaluta russa sarebbe alla fin fine «il rublo stesso», ma con una «circolazione limitata» per consentire la tracciabilità di ogni transazione.
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A non essere per niente chiaro è come Mosca possa riuscire nel suo intento di aggirare le sanzioni. A causa dell' anonimato, le criptomonete pare si prestino bene ad acquisti illegali e al riciclaggio di denaro, ma molti analisti - compresi gli esperti della Bce e della Banca del Giappone - nutrono seri dubbi sul loro funzionamento come strumento di pagamento. E lo stesso responsabile del Corporate Business della russa Gazprombank, Alan Waxman, pensa che «la criptovaluta non rappresenti una soluzione in tempi brevi».
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L' interesse strategico di Putin per le monete virtuali non è però più un segreto. Anzi, la vice governatrice della Banca centrale russa Olga Skorobogatova non esclude il lancio di una criptovaluta sovrannazionale dei Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) o dell' Unione economica eurasiatica (Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Armenia). A ottobre il leader del Cremlino aveva messo in guardia dai «seri rischi» delle speculazioni tramite le criptovalute e aveva denunciato il loro possibile uso da parte di individui «coinvolti in attività illegali».
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L' atteggiamento che Putin mostra adesso verso le criptomonete non contraddice però quello precedente: l' obiettivo di Mosca sembra infatti quello di imbrigliare i cugini del Bitcoin e consegnare allo Stato le redini del sistema. Per il momento la Banca centrale mette le mani avanti: le monete elettroniche - sostiene - «mostrano tutti i segni» di una pericolosa «piramide finanziaria», una potenziale trappola per i piccoli investitori. E a Mosca si ragiona quindi sui paletti legali da imporre a questo mercato così volatile: l' ordine è arrivato da Putin in persona dopo un incontro con Vitaly Buterin, il programmatore che ha lanciato la criptomoneta Ethereum, la seconda per importanza dopo il Bitcoin.
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In Russia, del resto, la produzione di criptovalute va a gonfie vele, anche per il basso costo dell' energia. Nel 2017 sono stati raccolti oltre 300 milioni di dollari in Offerte iniziali di moneta (Ico): un business in cui è immerso fino al collo persino l' ombudsman per Internet di Putin, Dmitry Marinichev, che ha messo insieme 43 milioni di dollari per la sua «fabbrica» di criptovalute.
La Russia non è comunque l' unico Paese a voler sfruttare le monete virtuali. La Corea del Nord ne starebbe facendo incetta per spenderle nel mercato nero e aggirare le sanzioni. Il controverso presidente bielorusso Lukashenko promette generosi incentivi a chi aiuterà Minsk a diventare un hub delle criptovalute. E il Venezuela - in ginocchio per il crollo del greggio - vuole lanciare una propria criptomoneta, il petro, per risollevare le sorti della sua economia.