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“Quando ero a palazzo Chigi ho fatto una idiozia, ho scommesso tutto su Twitter”. Dal palco della Scuola di formazione politica “Meritare l’Europa” a Ponte di Legno, in provincia di Brescia, Matteo Renzi ammette di aver fatto un errore quando era alla guida del Paese. “Mi alzavo la mattina e twittavo, tant’è che sono oggi in Italia sono quello con più followers – ha continuato – Ma non ho visto la crescita di Instagram, quindi ho fatto un errore”. Secondo il leader di Italia Viva, infatti, “su Instagram c’è la foto che ti parla più di mille frasine secche come quelle di Twitter”.
Renzi ha quindi proposto ai giovani presenti un esercizio basato, appunto, sulle immagini.
RENZI
CARLO BERTINI PER LA STAMPA
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Da Ponte di legno, lancerà oggi il quesito referendario sul controverso “Rdc”. E da lì darà a oltre 500 ragazzi «che arrivano da tutta Europa» lezioni di politica alla scuola di formazione. Proprio nel ventre molle del leghismo, dove nel 2015 Salvini urlava «ripuliamo le città dagli immigrati», proprio lì l’altro Matteo organizza la campagna acquisti.
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Del resto l’ex rottamatore non è nuovo alle provocazioni, non ha perso la sua verve da pirata, è quella che lo muove nella guerriglia contro la legge principe dei grillini. Senza dar mostra di inquietudine per i colpi che prende dalla rete, «da quando è uscito il mio libro dove annunciavo l’idea del referendum contro il “reddito”, ricevo ogni giorno tra le quindici e le venti minacce di morte.
Ne calcoliamo circa 600 in un mese. Ma è normale».
E se lui punta a scardinare la legge è perché, pur senza poterlo dire, sta facendo da apripista per il premier, con il quale non è dato sapere se vi sia già un tacito accordo: incrinando il muro eretto in difesa del reddito con la minaccia di un referendum insidioso, Renzi offre una leva a chi vuole modificare la norma. E conta sul fatto che prima del gong, il governo provvederà a rendere più potabile la norma sul reddito, privandola di quegli orpelli indigesti, specie sui navigator, che non hanno funzionato. «La mia è una partita win win», taglia corto il leader di Iv. E un minuto dopo ci spiega il perché.
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Nel frattempo però Renzi sveste i panni da guerrigliero solo quando gli si chiede che postura assumerà nel “Grande Match”, la grande partita per il Quirinale: idealmente si rimette subito in grisaglia, pronto a dare le carte, pure se rimanda il fischio di inizio con una chiosa istituzionale. «Di qui a febbraio serve una moratoria delle chiacchiere su Mario Draghi e Sergio Mattarella, per non minare la preziosa stabilità di cui gode oggi l’Italia».
Allora Renzi, si sta imbarcando in quella che molti chiamano una missione suicida: un referendum che difficilmente avrà largo seguito tra i milioni che prendono l’assegno. O no?
«Beh, io non la vedo così. Fino a due mesi fa tutti dicevano che il “Reddito” non si doveva toccare. Dai grillini allo stesso Pd. Poi, appena io faccio uscire sul mio libro l’idea di un referendum, partono due diverse reazioni: la prima di chi dice, “tutto sommato abbiamo fatto un errore”, ovvero Salvini. Il quale fa un “mea culpa” incredibile, una straordinaria conversione. Questa è l’estate delle conversioni sulla via di Damasco».
Prego?
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«Come quella di Giuseppe Conte sul decreto immigrazione: insomma sembra che il governo Conte Uno lo abbiano guidato i fantasmi. Comunque sia, andiamo avanti: la seconda reazione è di Pd e 5stelle, che all’unisono hanno cominciato a dire che la legge si può migliorare. Ora, è evidente che c’è una parte di italiani che prende quel reddito e farà una battaglia in suo favore. L’assegno in parte va a povera gente davvero. Ma è una misura che incrocia anche un pezzo di criminalità, manovalanza che ha incassi illegali, a cui somma il “Rdc”».
E quindi?
«Io ho preparato il quesito, lo presento innanzitutto per coerenza con quanto ho annunciato, per marcare un posizionamento politico. Noi siamo per il lavoro e non per i sussidi. Ma nel momento in cui lo metto sul tavolo, entra in scena chi dice “salviamo l’assegno di povertà, togliendo il caos dei navigator”».
In questo c’è un gioco di sponda con Draghi e con la parte riformista del Pd?
«Certo, una volta che il governo dovesse cambiare la legge, il referendum non si terrebbe più. Ma già se parto con la raccolta di firme, dimostro che tanti hanno cambiato idea. Con la raccolta di firme digitale, ci mettiamo poco a raccoglierne 500 mila, una buona parte del Paese non tollera questa misura. E non a caso parto dal profondo nord».
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Insomma, una mossa che offre il destro al premier per convincere i grillini a ritoccare la loro legge di bandiera, che di sicuro ha aiutato tanta gente durante la pandemia. O no?
«È vero, ma se non ci fosse stata questa norma li avremmo aiutati in altro modo. Di sicuro il reddito non ha funzionato, anche perché bisognava togliere alle Regioni la competenza per i Centri per l’impiego. Se fosse passato il mio dannato referendum avremmo avuto una gestione centrale anche di questo e forse avrebbe funzionato».
GIUSEPPE CONTE MATTEO RENZI BY DE MARCO
Detto ciò, il Pd non lo firmerà, M5s figuriamoci, idem Leu e la sinistra: chi se la sentirà di fare campagna per un quesito così poco popolare?
«Credo che avremo gran successo nella raccolta firme e che a quel punto sarà interesse soprattutto di 5stelle e Pd di trovare una soluzione. A un certo punto eviteranno loro di andare alla conta. In un referendum in cui il punto vero sarebbe l’affluenza. Una vicenda che spacca in due molto più che la giustizia. In ogni caso, sarebbe un enorme vantaggio politico per Iv e non ce lo permetteranno, sono pronto a scommetterci».
Un’ultima cosa. Crede che una rottura sul nodo Quirinale della maggioranza extralarge che sostiene di Draghi, potrebbe causare una caduta del governo?
matteo renzi alla versiliana
«No, secondo me questa maggioranza ci porta alla fine della legislatura. Chiaro che sarà una sfida, ma da sempre ci sono due maggioranze diverse tra voto sul Colle e palazzo Chigi: e di solito quella del governo è più stretta. Vediamo, la partita è tutta da giocare. Il metodo è sempre cercare la maggioranza più ampia possibile: cerchiamo di ascoltare gli uni le ragioni degli altri».
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